Alessia Visentin e Matilde Franceschi ci parlano di “Carte Scoperte: la comunicazione pubblica prima di internet” e del colloquio/intervista a Gabriella Gianfelici.

Nei mesi di febbraio e aprile 2022 si è svolto nelle sedi cafoscarine di Porto Marghera e presso il Teatro Forte Mezzacapo di Zelarino un ciclo di seminari intitolato “Carte Scoperte: la comunicazione pubblica prima di internet”. Frutto della collaborazione tra il Dipartimento di studi Umanistici di Ca’ Foscari, l’associazione StoriAmestre, l’associazione Dalla Guerra alla Pace-Forte alla Gatta e TerzamissioneDSU, le conferenze hanno avuto lo scopo di esplorare le forme di comunicazione prima dell’avvento di internet, analizzando fonti d’archivio di diversa natura e argomento. Il dibattito e il confronto fra le generazioni, stimolato dalla collaborazione nell’esposizione tra relatori e studenti, ha permesso un prezioso scambio di esperienze e punti di vista, costituendo un’occasione importante per riportare ai nostri occhi e, nel nostro caso, alle nostre orecchie, temi e atmosfere percepiti come distanti nel tempo. Nell’incontro del 12 aprile a noi affidato, abbiamo ragionato su fonti di tipo sonoro provenienti dall’archivio di RadioTV103, una radio libera nata a Treviso alla fine degli anni ’70; tra i temi sociali affrontati nelle trasmissioni e nei servizi di questa radio vi è stato il femminismo, a cui è dedicata una sezione dell’archivio donato all’ISTRESCO e da cui sono state tratte le fonti.

Durante il nostro incontro abbiamo ascoltato i documenti sonori riguardanti due manifestazioni femministe avvenute nel 1977, rispettivamente a Mestre e a Treviso. Nel presentarle, noi, poco più che ventenni della generazione Z, abbiamo riflettuto sulla nostra reazione all’ascolto di queste scatenate donne degli anni ’70, che immediatamente ci avevano spiazzate con l’energia sprigionata dai loro cori. Ciò che ci ha particolarmente colpite è stato il linguaggio scandalizzante, forte e talvolta blasfemo (sottolineiamo i cori contro Papa Paolo VI e la posizione della Chiesa nei confronti dell’aborto) sinonimo di un forte desiderio di essere ascoltate a qualunque costo. Nel discutere di questi temi, preziosissimo è stato il confronto con Gabriella Gianfelici, femminista militante prima a Roma poi in Veneto ed ora in Emilia-Romagna, per scoprire da una fonte vivente quale fosse l’atmosfera vissuta in quelle occasioni e per capire come le donne degli anni ’70 si organizzassero per crearle. Gabriella ci ha riportato con la sua testimonianza la fitta rete di relazioni intessuta fra queste donne, le esperienze dei consultori e il lavoro dei collettivi femministi. È stato dunque importante per noi conoscere quali fossero le dinamiche interne al movimento femminista, per domandarci, successivamente, quale rapporto ci fosse tra il movimento e il “mondo esterno”.

Per rispondere alle nostre domande abbiamo ascoltato un secondo documento, che ci ha fornito un parere direttamente dagli anni ’70: nell’audio sono infatti contenute le interviste registrate durante una contromanifestazione dalle femministe trevigiane organizzata in risposta alla “Marcia per la Vita”, una marcia antiabortista indetta dalla Diocesi e da Comunione e Liberazione. L’inviata di RadioTV103 attraverso le domande rivolte ai passanti ci fornisce uno spaccato della realtà trevigiana di fine anni ’70, fatta di uomini e donne scettici e contrari, di persone scandalizzate dai toni della manifestazione, ma anche di pareri positivi e approvazione. L’atteggiamento dei cittadini trevigiani è condizionato però da un altro fattore rilevante, ovvero l’intrusione degli appartenenti ad Autonomia Operaia, che con metodi violenti scatenano il disordine e scompaginano parte della manifestazione. Riguardo questa “contesa della piazza” il contributo di Gabriella è stato fondamentale per avere un quadro più preciso dei rapporti tra i diversi movimenti e delle modalità attraverso cui le femministe cercavano di arginare queste derive violente, che disturbavano manifestazioni dai toni certo risoluti, ma comunque allegri e certamente non violenti.

Vedendo attraverso quali mezzi e il modo in cui si parlava di femminismo negli anni ’70, e rimanendo fedeli al tema delle forme di comunicazione, nella terza parte dell’incontro abbiamo deciso parlare di presente, analizzando alcuni aspetti e conseguenze dello spostamento del dibattito dalla “piazza fisica” degli anni ’70 alla “piazza virtuale” dei giorni nostri. Partendo quindi dalle caratteristiche del mezzo di comunicazione fornito da internet, e in particolare dalle piattaforme social, abbiamo considerato alcune potenzialità e rischi: se da una parte, infatti, la capillarità della rete ha portato sempre più persone, maschi e femmine, a parlare di tematiche legate alla condizione femminile, compiendo un importantissimo lavoro di informazione e sensibilizzazione, dall’altro lato ciò a cui stiamo assistendo è fondamentalmente una polarizzazione del dibattito. Le “bolle social” o “eco chamber”, meccanismi per cui all’utente viene fatto vedere, previa profilazione, solo ciò che desidera o è attinente ai suoi interessi, provocano un’estremizzazione del dibattito, barricando all’interno di Community chiuse utenti che non concepiscono più il confronto con l’alterità ma che al contrario sono portati a radicalizzare il proprio pensiero. La distanza interposta dallo schermo, inoltre, e forse soprattutto, favorisce la deresponsabilizzazione dell’individuo, che spesso si traduce in aggressività con un profilo ma senza un volto. Queste dinamiche investono il discorso sul femminismo e più generalmente il rapporto uomo-donna, lasciando spazio, e nel contempo dando una grande risonanza, a posizioni misogine e talvolta misandriche, sicuramente non propedeutiche all’armonia sociale di cui si ha bisogno.

Con una riflessione sul presente abbiamo voluto terminare questa bellissima esperienza che ci ha messe a confronto prima con la “storia su nastro”, catapultandoci durante l’ascolto direttamente nelle manifestazioni di queste donne coraggiose degli anni ‘70, poi con la “storia vissuta”, rappresentata e narrata da Gabriella. Un’esperienza arricchente e stimolante, che ha cresciuto ancor di più in noi la convinzione che del femminismo si debba ancora parlare, attraverso un costante confronto e con una crescente consapevolezza.

Alessia Visentin e Matilde Franceschi