Su il sipario: è di scena Rachel
Aveva un solo grande desiderio: riuscire nel presente e passare trionfante alla posterità. In un qualche modo Lei, con la sua ostinata ambizione ed il suo talento, ha anticipato il mito di Sarah Bernhardt.
Elisa Rachel Félix, già da ragazzina, aveva dimostrato di avere un grande talento. La sua prima apparizione avvenne infatti quando aveva 17 anni alla Comédie Francaise suscitando immediatamente l’apprezzamento sia del pubblico che della critica.
Era una donna libera, moderna. Calcava con sicurezza le tavole del palcoscenico quasi che fossero state create per Lei, solo ed esclusivamente per Lei. Gli applausi del pubblico la stordivano e nello stesso tempo la fortificavano.
Diversi pittori si contesero ed ottennero il piacere di ritrarla e Nadar le scattò, con lo strepitoso apparecchio da poco inventato, una fotografia.
Sarah Bernhardt doveva ancora apparire all’orizzonte e se lo fece fu anche perché Mademoiselle Rachel le aveva, in una certa misura, “spianato” la strada.
Rachel era di religione ebraica e questo costituiva, all’epoca, un ostacolo insormontabile eppure Rachel lo scavalcò. La sua carriera ebbe, naturalmente, alti e bassi.
Charlotte Bronte dopo averla ammirata in scena la “trasmigrò” nella creazione del personaggio Vashti descritto nel romanzo “Villette” (1853). Si ispirò a Lei anche Henry James nel suo “La Musa tragica” (1890). Lui non l’aveva mai vista recitare ma ricordava che quando era ragazzo il suo precettore imitava la perfetta dizione di Rachel.
Virginia Woolf ha sottolineato la distanza tra la vita spericolata dell’attrice con la vita reale, molto “domestica”, di Rachel.
Sarah Bernhardt messa alle strette dovette ammettere che, per il ruolo di Fedra, si era ispirata all’interpretazione di Rachel. Certamente, ambedue facevano onore al famoso detto: “Quando c’è un carattere c’è un brutto carattere!” “Tant pis!” direbbero i francesi.
Rachel apparteneva a quella generazione che aveva attraversato tre Rivoluzioni, dunque tre regimi politici differenti. Tenne duro e andò oltre.
Ebbe amori tumultuosi. Da Alessandro Giuseppe Colonna-Walewski, figlio naturale di Napoleone Bonaparte, nel 1844 ebbe un figlio.
Molteplici i suoi personaggi: spaziano da Hermione a Roxane, da Judith a Giovanna d’Arco. Il suo cavallo di battaglia era Fedra.
Quando si esibì per la giovane regina Vittoria ricevette dalla sovrana un bracciale che assecondava in tutto e per tutto la moda del tempo: due serpenti d’oro i cui occhi erano due diamanti.
Nel 1853 fece un’acclamata tournée in Russia, ma la malattia stava già minando il suo corpo. Nonostante tanti onori e successi, per molti la sua origine ebraica era oggetto di scherno e calunnie e questo si verificò sia in vita sia dopo la sua morte. Per questo non va dimenticato che nel 1848, Rachel, alla fine del suo spettacolo, intonò “La Marsigliese”.
Infine immaginiamola in scena: ora grandiosa e sinistra, ora pallida e morente, ora immobile e muta eppure… sempre trionfante!
Molte donne di origine ebraica si erano convertite alla religione cattolica. Per esempio, in ambito artistico, aveva fatto questa scelta l’attrice Sionnah Lévy. Anche Rachel fu posta di fronte a questa problematica ma scelse di restare fedele alla propria religione. In ogni caso – perdonate le semplificazioni – una generazione si fa largo come Marie Jacob danzatrice all’Opera e Caroline Hirschler.
Improvvisamente, ma dobbiamo trasferirci a Londra, mi viene alla memoria il dipinto di un’altra attrice eseguito nel 1771 da Joshua Rejnolds. Pittore-gentiluomo asseriva sovente di non odiare nessuno. Fu legato d’amicizia con l’artista Angelika Kauffman. Tra gli antichi maestri italiani amava Guercino. Piccola curiosità: nel 1757 annotò nel suo diario di aver tenuto 677 sedute di posa. Lei era un’attrice in vista e lui un appassionato di teatro. Lei Mrs. Abington, vendeva fiori al mercato ed era stata una prostituta. In seguito divenne l’attrice più in vista del suo tempo. Il pittore la ritrasse ingenua ma impudica con il pollice tra le labbra semichiuse. Insomma, conturbante come una Venere veneziana. Un quadro che decisamente si orienta a conquistare, accattivante, lo sguardo dello spettatore. Tant’è che lei sembra nata apposta con lo scopo di sedurci con i suoi occhi languidi. Sulla sedia si pone a cavalcioni. Certo il vestito di seta a corolla come voleva l’epoca, non le permette troppe concessioni, ma lei se le prende ed è così che la vede e la ritrae il pittore.
Ma torniamo alla nostra Rachel. Muore di tubercolosi nel 1858, ad appena 37 anni e questo richiama alla memoria l’appassionante finale di una delle opere liriche più amate “La Traviata” tratta dal romanzo “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio.
Rachel è sepolta nella parte ebraica del cimitero di Père-Lachaise.
Il compositore Jacques Offenbach le ha dedicato il primo brano del “Decameron dramatique. Album du théatre francais” per pianoforte.
Siamo sicuri che ora Rachel lo sta ascoltando…