Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di Marilina Veca sul convegno tenutosi a Roma il 27 gennaio, Giornata della Memoria, dal titolo “Comunicare: le parole di Francesco”.

L’incontro, valido per la formazione dei giornalisti, si è tenuto venerdì 27 gennaio al convento San Massimiliano Kolbe, Via San Teodoro, Roma. A seguire è stata deposta una corona per le vittime dell’olocausto.

Via di San Teodoro è una delle strade più belle di Roma: a pochi metri dal Tempio di Vesta, da Santa Maria in Cosmedin, dal ghetto ebraico, si trova all’incrocio fra romanità, cristianità, ebraismo ed è come un’isola di splendore e di silenzio nel cuore pulsante di Roma. Proprio in Via di San Teodoro si è tenuta l’iniziativa dal titolo: “Comunicare: le parole di Papa Francesco” nel giorno in cui ogni anno si commemorano le vittime dell’Olocausto. Studiosi, scrittori e giornalisti hanno dato vita a una riflessione sull’ultimo messaggio del Papa per la 57ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali “Parlare col cuore”. “Secondo verità nella carità” (Ef 4,15)”. Sicuramente una delle parole chiave di questa riflessione – non confessionale, non riservata ai cattolici ma aperta universalmente a tutti coloro che hanno interesse allo sviluppo spirituale e umano – è stata la parola ‘pace’, richiamando proprio quel testo di san Paolo nella Lettera agli Efesini che ha dato il titolo alla giornata di Francesco dedicata alle comunicazioni sociali: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.” Hanno aperto i lavori Beppe Giulietti, presidente della Fnsi, e Padre Enzo Fortunato, giornalista e scrittore, che ha fatto gli onori di casa. Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, ha introdotto i relatori. Il primo intervento è stato un’analisi di Padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, un intervento che dimostra come sia possibile congiungere fede e ragione, cuore e coscienza: l’essere comunicatore richiede grande senso di responsabilità – i giornalisti, gli scrittori, i comunicatori, sono chiamati a riparare le ferite del mondo – e l’impegno per la pace non richiede solo il richiamo a non fare la guerra ma ci coinvolge anche nell’evitare, in ogni momento, qualsiasi retorica bellicistica (usare con attenzione le parole, “patria”, “i nostri ragazzi”, “la bandiera”). Non dobbiamo solo essere contro la guerra ma operare attivamente per la pace. E considerato che papa Francesco è gesuita e che padre Spadaro è anch’egli un gesuita, si è parlato anche di spiritualità ignaziana. Bergoglio ha sempre avuto a cuore la differenza fra contrapposizione e contraddittorio: la contrapposizione è uno sterile ‘muro contro muro’, il contraddittorio porta alla tensione polare, dove entrambi i poli sono necessari. I conflitti non vanno risolti forzatamente, vanno affrontati e vissuti con la ragione e col cuore. Bisogna evitare comunicazioni livorose, di rabbia, di odio, e dare invece informazioni per capire, per comprendere a fondo le ragioni dell’altro. Le parole sono importanti, le parole salvano, le parole uccidono. Papa Francesco ha più volte domandato ai comunicatori di aggiungere sempre la parola ‘persona’ davanti a ‘migrante’, e non è una cosa formale, perché le parole sono sostanza: così dobbiamo lavorare per disarmare la psicosi bellica che alligna in ognuno di noi. Lo spirito – spirito divino che è in ogni uomo – è la radice di ogni dialogo – come si legge nella prima enciclica di Francesco, la Evangelii Gaudium – e lo spirito non viene annacquato bensì esaltato nel dialogo. Il cuore non deve richiamare il sentimentalismo, il buonismo, ma esprimere l’intelligenza emotiva per evitare che la ragione si chiuda alla speranza. Tra gli interventi anche Dacia Maraini, Lucia Goracci, Simona Sala, Nello Scavo, Raffaele Lo Russo, Antonio Di Bella, Andrea Vianello e Paolo Borrometi, Salvatore Pisacane (della LUISS, con un intervento che ha sottolineato l’attualità del francescanesimo nel pensiero moderno. Alle 13.30 una delegazione di giornalisti guidata da Edith Bruck, testimone della Shoah ungherese, ha deposto una corona di fiori presso la cella di padre Massimiliano Kolbe, frate minore conventuale e giornalista deportato e ucciso nel 1941 nel campo di concentramento di Auschwitz.

“L’appuntamento al convento che custodisce le memorie del francescano deportato e ucciso ad Auschwitz – ha dichiarato padre Enzo Fortunato – vuole essere un momento per non dimenticare quei terribili anni della nostra storia e per ricordare il coraggio, la forza e il motto di padre Kolbe: solo l’amore crea, l’odio distrugge”. E per ricordare che nessuno si salva da solo.