La Responsabile del progetto AFFIDIamoci, e vicepresidente di M’aMa-Dalla Parte dei Bambini, Karin Falconi, ha indirizzato al Ministero della Giustizia e al Dipartimento per le politiche della famiglia una mail (il cui testo pubblichiamo qui sotto) a seguito della PETIZIONE lanciata su Change.org lo scorso 22 giugno e che ha raggiunto e superato le 20mila firme.


Per saperne di più vedi l’articolo del 23 giugno e l’intervista del 2 luglio sul canale YouTube Associazione il Paese delle Donne all’avvocata Emilia Russo, presidente e consulente legale dell’associazione non politicizzata “M’aMa-DALLA PARTE DEI BAMBINI”


Gentilissimi Ministri

è calato il silenzio mediatico intorno ai 33 bambini coinvolti dalla Procura di Padova nella impugnazione “per illegittimità” dei certificati di nascita con cui nel 2017 veniva riconosciuto lo stato legittimo di filiazione tuttavia, non possiamo permettere che questo silenzio si trasformi in indifferenza o disinteresse.

Così ho scelto di scrivervi in qualità di responsabile del progetto AFFIDIamoci dell’associazione M’aMa-Dalla Parte dei Bambini.

Dal 2017 AFFIDIamoci (www.affidiamoci.itpromuove la mono e omogenitorialità affidataria perchè trovi realizzazione il diritto di ogni bambino a crescere in famiglia in osservanza del principio secondo cui non esiste un diritto ad essere genitore ma solo ed esclusivamente il diritto ad essere riconosciuto figlio.

Siamo i primi ad avere dubbi su determinate forme di soddisfazione di genitorialità ma, al tempo stesso, lavorando anche nel campo della tutela dell’infanzia istituzionalizzata, abbiamo imparato a scindere la gestazione dalla tutela del minore perché spesso non coincidono.

In questo perimetro, e nell’esclusivo interesse del minore (poi, adulto), AFFIDIamoci si è posta al fianco dei 33 bambini di Padova lanciando la petizione Difendi il diritto di 33 bambini privati dello status di figlio (cfr. lettera in allegato) che ad oggi ha raccolto oltre 20.000 firme (numero sottoscrizioni al link https://chng.it/XC8yTjWNXF).

Il dato numerico dimostra la necessità di un dibattito pubblico informato sul tema e la doverosità di un contraddittorio che possa riempire il vuoto normativo che costringe i nati a vedere dimezzati i propri diritti senza colpa alcuna, non potendo ad essi addossare le conseguenze delle scelte medico-gestazionali o comunque di politica procreativa prese da adulti oltre 9 mesi prima che il nato potesse avere voce.

E’ ormai necessaria una risposta quanto più prossima ad un riconoscimento pieno di ogni nato, al di là di ogni considerazione etica e morale sul modo di ottenere la genitorialità; il diritto, infatti, è quello del nato al riconoscimento di un dato di fatto e all’assunzione di ogni obbligo e dovere da parte di chi quella nascita ha voluto e provocato.

La trascrizione garantisce al nato la possibilità di conoscere le modalità del proprio concepimento ovvero quella di ottenere la tutela piena che deriva dalla corretta interpretazione dell’art. 250 e ss.

Non si può rifiutare al nato la tutela nel riconoscimento pieno e legittimante del suo stato di filiazione che è un qualcosa in più di un riconoscimento biologico: non esisterebbero, altrimenti, nel nostro ordinamento le presunzioni.

Il diritto ad essere riconosciuto figlio è qualcosa di diverso e superiore ed è la più nobile forma di tutela che una persona possa avere.

L’associazione M’aMa-Dalla Parte dei Bambini (così come AFFIDIamoci) è apartitica e autofinanziata (cfr. statuto in allegato) eopera su tutto il territorio nazionale attraverso l’affido e l’adozione di minori (anche) con bisogni speciali.

Ad oggi sono 190 i minori che, in collaborazione con Tribunali per i minorenni e Servizi sociali, hanno trovato famiglia grazie a M’aMa, la cui rete conta 10.000 famiglie tra affidatarie e adottive.

Forte del bagaglio esperenziale, chiedo, pertanto, un incontro per discutere procedure omogenee atte a garantire a ogni bambino lo status di figlio nel pieno rispetto del diritto di ogni minore a crescere in famiglia;

famiglia che sia, laddove possibile, la propria (supportandola con ogni mezzo) e, laddove non fosse possibile, riconoscendo effettività al diritto del minore (specie se con bisogni speciali o se dell’età compresa tra 0 e 6 anni come decreta la Legge 184/83) a crescere all’interno di una famiglia di supporto che sia giudizialmente riconosciuta come la “migliore famiglia” per quel minore, indipendentemente da qualsiasi orientamento sessuale, culturale o religioso dei singoli.

M’aMa si augura che in questa riflessione si lasci coinvolgere anche la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza.

Solo attraverso un confronto costruttivo e un’azione congiunta possiamo tutelare adeguatamente i diritti dei minori e delle loro famiglie.

Ringraziandovi per l’attenzione, rimango in attesa di una vostra gentile risposta e disponibile per qualsiasi chiarimento 

Karin Falconi