La Rete per la Parità è intervenuta su linguaggio di genere: nel rispetto della grammatica cambiare prassi superate.

Di seguito il comunicato.


Con una lettera firmata da tutti i componenti dei gruppi Pd, M5S, Avs e singole firme tra Iv, Az e Aut, senatrici e senatori hanno chiesto al Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che in Aula e nelle Commissioni sia “sempre garantito il rispetto del linguaggio di genere” e “riconosciuto il diritto di ogni senatrice ad essere chiamata, “senatrice” e non “senatore”.

Dell’iniziativa si è fatta promotrice la senatrice Aurora Floridia di Avs che la settimana scorsa, in commissione Esteri ha più volte chiesto di essere chiamata senatrice, ma la presidente Stefania Craxi ha ignorato la richiesta. Tale rifiuto è ritenuto dai firmatari “sgradevole e fuori tempo”.

La Rete per la Parità ha individuato nell’uso di un linguaggio che nasconde le donne una pratica da eliminare perché consolida una discriminazione contro le donne, costrette a dimenticare la loro appartenenza al sesso femminile per essere accettate in contesti tradizionalmente maschili ora non più esclusi alle donne.

Già nel 2013 Aspettare Stanca, una delle associazioni aderenti dichiarava di ritenere importante rendere obbligatorio, negli atti ufficiali dei lavori parlamentari, l’uso di nome e cognome delle deputate e dei deputati, delle senatrici e dei senatori, per individuarli con esattezza e poter ricostruire compiutamente i lavori parlamentari.

Per eliminare resistenze segno di un’arretrata mentalità è comunque sufficiente chiedere il rispetto delle regole grammaticali. Da oltre dieci anni l’Accademia della Crusca ribadisce l’opportunità di usare il genere grammaticale femminile per indicare ruoli istituzionali, la ministra, la presidente, l’assessora, la senatrice, la deputata ecc. e recentemente la Treccani ha inserito nel dizionario i titoli delle professioni e delle cariche declinati al femminile per evitare l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne.

Come è ribadito nella lettera, “l’utilizzo del linguaggio di genere risulta essere un alleato irrinunciabile nella battaglia per l’eliminazione della violenza contro le donne e sarebbe un vero peccato se il Senato della Repubblica rimanesse arretrato in posizioni del tutto anacronistiche”.