Il 30 maggio a Strasburgo, Palazzo dell’Europa, si è svolta la conferenza dal titolo Uniti per l’uguaglianza di genere: fare spazio alle donne e alle ragazze. La conferenza organizzata dal Consiglio d’Europa, mette in luce la volontà politica dei suoi Stati membri, espressa al massimo livello a Reykjavik, attraverso la Strategia del Consiglio d’Europa per l’uguaglianza di genere 2024-2029 e segna dieci anni da  quando la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica è entrata in vigore.

Alla vigilia del decimo anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, è fondamentale un rinnovato impegno per affrontare le numerose sfide alla parità di genere.

La Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, meglio nota come Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011, è entrata in vigore il 1° agosto 2014, a seguito del raggiungimento del prescritto numero di dieci ratifiche.
La conferenza del 30 maggio è stata organizzata nel quadro della Presidenza lituana del Comitato dei Ministri ed è stata aperta dalla Vice Ministra lituana della Sicurezza sociale e del Lavoro Justina Jakštienė e dalla Segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić.

La conferenza ha segnato quindi il 10° anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul come primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per fermare la violenza contro donne e ragazze. La convenzione stabilisce un quadro completo di misure legali e politiche per prevenire tale violenza, sostenere le vittime e punire i colpevoli.

La Convenzione di Istanbul, firmata nel 2011 in Turchia, sancisce l’uguaglianza tra uomo e donna e definisce la violenza di genere, intesa come tutti gli atti e le minacce che provochino sofferenza fisica, sessuale, psicologica ed economica, come un atto discriminatorio e violazione dei diritti umani.

Inoltre, identifica la violenza domestica come qualunque pratica di violenza all’interno del nucleo familiare o tra coniugi e partner. Indica una serie di misure per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli. Come stabilito dagli articoli 5 e 6, la Convenzione obbliga gli stati a prevenire il verificarsi delle violenze, con misure che ridefiniscano i ruoli di genere tradizionali e contrastino agli stereotipi che rendono accettabile la violenza di genere. Impegna i governi a proteggere donne e ragazze che vivono in condizioni di rischio, tramite l’istituzione di centri di assistenza specialistica per le vittime, centri anti violenza e linee di assistenza telefonica.

Infine, la Convenzione obbliga i paesi firmatari a perseguire i criminali che hanno compiuto atti violenti, anche in caso di ritiro della denuncia da parte della vittima, perché si presuppone possa essere portata ad agire sotto costrizione, paura, minacce e quindi non in piena libertà. Per verificare la piena applicazione delle norme del trattato è stato istituito un organo di controllo.

La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale e mondiale che non conosce confini sociali, economici o nazionali. È una violazione dei diritti umani e rimane in larga misura impunita. Cosciente del suo ruolo trainante nella protezione dei diritti umani, il Consiglio d’Europa ha adottato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Malgrado gli obiettivi chiaramente enunciati della convenzione e malgrado la gravità del fenomeno e del suo impatto sulle vittime e sulla società, negli ultimi anni si sta diffondendo una visione distorta della convenzione, anche se la finalità della Convenzione di Istanbul è sradicare la violenza contro le donne e proteggere i diritti umani delle donne.