Vi piacciono i ragni? In molte/molti risponderebbero di no. Lei, invece, ne era ammaliata forse perché le ricordavano la tessitura degli arazzi che aveva visto da bambina dato che i suoi genitori li restauravano.

Infanzia difficile quella di Louise Bourgeois.

Il padre, durante la guerra, viene ferito. Di ospedale in ospedale la madre lo cerca portandosi dietro Louise. Quella visione di corpi straziati resta nella sua memoria per sempre. In più si sente non voluta, non desiderata. Capisce subito che suo padre non la voleva perché avrebbe voluto un figlio maschio, non una figlia femmina.

Nel 1932 Louise va a studiare matematica alla Sorbonne. Solo in seguito si iscrive a l’Ecole des beaux-arts. Conosce lo storico d’arte Robert Goldwater, lo sposa e si trasferisce con lui a New York. Adottano un bambino perché lei ritiene di essere sterile. Ma non è così. Mette al mondo due figli maschi: Jean-Louis e Alain.

Amava e studiava matematica e geometria. Eseguiva anche lavori con stoffe rubate ai suoi stessi abiti o alle sue lenzuola, ai suoi asciugamani, oppure strappate alle persone da lei amate.

Nascevano, così, paesaggi inediti ma si spinge oltre… Chiude in gabbia i genitali maschili e li trafigge con degli aghi. Tutto ciò la riguarda. Nasce sì da paure ma diventa la sua forza. Si trasforma così da dare un senso alle sue angosce. Del resto sono sempre stati gli artisti a dare un senso alle nostre paure. Arpie, sfingi, sirene, serpenti…

Va ricordata anche Gina Pane e il suo brulichio di vermi. Per non parlare di Marina Abramovich con i serpenti al collo.

Insomma, che male c’è a svelare il nostro lato animale?

Infine impossibile dimenticare il volto di Frida Kahlo inserito nell’immagine di un cervo ferito.

Louise racconta: “Siamo a tavola e mio padre parla. Ho paura perché più parla e più diventa grande e noi diventiamo piccoli. All’improvviso la tensione diventa terribile e noi lo afferriamo.

Siamo io, mia madre, mio fratello, mia sorella.

Lo spingiamo sulla tavola con le gambe e le braccia aperte.

Lo facciamo a pezzi e poi lo mangiamo.

Finito!

È una fantasia, ma a volte le fantasie sono davvero vive”.

Le piacevano gli spazi claustrofobici perché le permettevano di conoscere i suoi limiti. Diceva anche che nell’arte non ci sono pensieri tracciati. Occorre cercare, percorrere delle vie nuove per esprimere i propri problemi.

Insomma, lei rivendicava la sua personalità difficile, solitaria, piena di paure e di rabbie. Si conosceva meglio degli altri.

Confessava: “Sono violenta. Distruggo tutto: l’amicizia, l’amore, i figli”.

In maniera provocatoria affermava: “Sono una donna! Non ho bisogno di essere femminista!”

Una delle sue sculture più note è un grande fallo. Lo titola ironicamente “Fillette”.

Ai giornalisti che la assediano di domande risponde con uno smagliante sorriso: “Gli attributi maschili sono molto delicati. Noi donne dobbiamo proteggerli”.

Amava scolpire statue maschili e femminili nello stesso tempo.

“Mi interessano seni fallici, attivi e passivi, maschili e femminili”.

Ricordiamo che è stato il pittore Ferdinando Leger a farle notare: “Non ostinarti a dipingere. Tu non sei una pittrice. Sei una scultrice!”

Lei racconta: “Le gallerie d’arte non sapevano che farsene di una giovane donna francese con tre bambini”. Se ne infischia e sul tetto del suo appartamento a Manhattan scolpisce grandi figure simili ai grattacieli e le chiama “Personnages”.

Oggi è considerata la “divinità vivente dell’arte”.

Louise Bourgeois è nata Parigi il 25 dicembre 1911.

Muore New York il 31 maggio 2010.

Se volete vedere le sue opere, sono esposte al Museo Novecento di Firenze fino al 20 ottobre.