Ogni luce di democrazia che si accende ci riguarda
Rispondendo ad una iniziativa delle donne della Fiom-Cgil sul tema della
rappresentanza e democrazia nei posti di lavoro, in occasione della
promozione di una legge di iniziativa popolare su tale tema, il
Coordinamento delle Donne contro il Razzismo, che si riunisce presso la Casa internazionale delle donne a Roma,
ha elaborato un documento sul quale viene richiesta adesione.Si sta svolgendo in queste settimane la campagna della Fiom-Cgil – a cui le donne della Fiom contribuiscono con una propria riflessione – per raccogliere le firme a sostegno di una [proposta di legge d’iniziativa popolare sulla democrazia nei posti di lavoro->http://www.fiom.cgil.it/eventi/2010/proposta_legge/09_12_04-Pdl_Popolare.pdf] per affermare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di decidere su contratti e accordi che riguardano le loro condizioni di lavoro e di vita, e garantire una reale rappresentatività e rappresentanza delle organizzazioni sindacali che firmano e aderiscono alle intese evitando che accordi nazionali e nei diversi ambiti possano prescindere dalla partecipazione e dal voto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Anche se non siamo direttamente o personalmente coinvolte, {{questa iniziativa ci interessa,}} perché ogni luce di democrazia che si accende ci riguarda soprattutto in una fase nella quale si assiste al restringimento di forme e luoghi che hanno consentito e consentono un esercizio esteso e attivo dei diritti in molti campi, che per noi è condizione essenziale anche per esprimere una soggettività femminile.
{{Il rapporto tra diritti e crisi della democrazia}} riapre in modo acuto e per certi versi nuovo anche il tema della rappresentanza: nel mondo del lavoro dove sono in atto da tempo tentativi di indebolire e frammentare sistemi di tutele e dove soprattutto sono cresciute, al nord come al sud, situazioni di precarietà e sfruttamento che toccano centinaia di migliaia di donne, giovani, immigrati e immigrate che non dispongono di adeguate forme di rappresentanza per la tutela dei loro diritti; ma anche in molti altri ambiti come quello della salute, dell’istruzione, dei diritti sociali.
Riportare democrazia, partecipazione, adeguata rappresentanza nei luoghi di lavoro significa poter decidere sulle questioni che interessano lavoratrici e lavoratori: sull’aumento dell’età pensionabile che, dopo le dipendenti pubbliche, potrebbe essere imposto a tutte; sulla {{[nuova legge sul lavoro->http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=453189]}}, in discussione in Parlamento, che prevede assunzioni con contratti individuali, che potranno contenere clausole peggiorative rispetto ai contratti nazionali e rendere più facili i licenziamenti, il cui contenzioso sarebbe affidato non più ai giudici, ma ad arbitri privati. Tutto ciò per le donne può significare la possibilità di licenziamento in caso di gravidanza o quando si vogliono utilizzare permessi e congedi per assistenza ai figli, agli anziani e alle persone disabili.
Ma parlare di democrazia nel lavoro, come recita la nostra Costituzione, significa anche adeguare e allargare ambiti e modalità delle forme di tutela e rappresentanza rispetto alle tante situazioni di lavoro, anche precario , in primo luogo assumendo fino in fondo la nuova presenza delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati come dato stabile e positivo per tutto il paese.
Significa anche {{impegnarsi nuovamente nei luoghi di lavoro e sui territori, native e immigrate insieme}}, per riaffermare il diritto a servizi sociali che favoriscono la conciliazione, a una scuola di tutte e tutti.
La possibilità di esprimersi, elaborare proposte, confrontarsi, decidere interessa in particolare le donne, oggi ancora discriminate su molti aspetti, ancora una volta penalizzate dalla crisi e da un ritorno strumentale di orientamenti familistici. Interessa quindi tutte noi: più democrazia per poter lottare contro la disoccupazione, la precarietà del e nel lavoro, contro le norme razziste della recente legislazione ( legge 94 del 15 luglio 2009) denominata “pacchetto sicurezza”. {{Sicurezza per chi?}} Queste norme che rendono insicura e precaria la vita di tante donne e uomini migranti – sempre sotto ricatto di essere espulsi, di perdere o non acquisire il permesso di soggiorno, come anche le recenti misure per la regolarizzazione di colf e “badanti” dimostrano – rendono forse più sicura la vita di tutti gli altri?
La sicurezza delle persone non va piuttosto garantita nelle condizioni di lavoro, nella tutela dell’ambiente, nell’accesso ai servizi e beni comuni, nel contrasto alle violenze e alla criminalità organizzata?
Le politiche discriminatorie e razziste colpiscono tutte e tutti, perché cercano di dividere e rompere i rapporti di solidarietà tra le persone, alimentando la paura e i pregiudizi: contro “lo straniero e il diverso”, “contro chi ci porta via il lavoro, perché accetta condizioni peggiori”, “contro chi viene prima di noi nell’assegnazione delle case, nell’accesso ai servizi” ecc. Il risultato è una {{drammatica disgregazione degli interessi comuni}}, una guerra tra poveri, una democrazia dimezzata, una società chiusa e escludente, in cui tutte, native e migranti, stentiamo a riconoscerci. Sempre di più ci sentiamo straniere nell’Italia di oggi.
La cittadinanza non è solo una questione di leggi e disposizioni per poterla acquisire – in Italia, come sappiamo, le difficoltà sono enormi, a partire dal permesso di soggiorno – ma è soprattutto un percorso soggettivo, {{una pratica di convivenza rispettosa dei diversi progetti personali}}. Democrazia è riconoscere la pluralità di questi percorsi. In questi anni abbiamo lavorato in tante, per abbattere muri e frontiere, per aprire il nostro paese al mondo e alla ricchezza delle tante diversità. Le nostre soggettività, costruite rielaborando insieme il nostro essere nate in Italia o altrove, le nostre esperienze migratorie o le nostre differenze, sono già un condividere, un’alternativa allo svilupparsi di un nuovo razzismo.
Le donne migranti sono state le promotrici delle iniziative di mobilitazione e di sciopero del 1 marzo, hanno tessuto relazioni importanti per la riuscita di quella giornata, “una giornata senza di noi” e della “primavera antirazzista” del mese di marzo.
Questi temi e queste esigenze chiamano ad una particolare responsabilità le donne a partire dai diversi ambiti e luoghi di lavoro perché si determinino, anche a partire dalla iniziativa promossa dalle donne della Fiom, terreni di mobilitazione e di proposte comuni.
{Chi è interessato può sottoscrivere il documento, comunicandolo alla
Segreteria della Casa}.
segreteria@casainternazionaledelledonne.org
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