Piccole donne crescono
Ragazze magre, dalla carnagione diafana, con il volto triste, corrucciato, fisso in un’espressione tra l’imbronciato e l’assorto, che indossano abiti inesistenti, trasparenti e cortissimi: la moda ci ha abituato a queste immagini di adolescenti sofferenti ed emaciate, piccole farfalle evanescenti che rievocano i tormenti e il disagio fisico dell’adolescenza. In un mondo che vuole donne sempre più a curve e sempre più audaci, in cui la televisione ossessivamente propone immagini di veline e letteronze più o meno sexy e più o meno vestite, oppure di mature signore che sono miracoli ambulanti di chirurgia plastica o ancora di donne in carriera che non rinunciano al look travolgente pur restando madri e mogli esemplari, la moda sa arrivare all’immaginario di molte, cioè al desiderio di fuga da tutto questo, e propone una regressione, un rifiuto della carne, della sensualità, dell’armoniosità del corpo femminile, una ripulsione per l’età adulta, così piena di dictat invadenti. L’anoressia è in aumento e anche la moda lo sa: le polemiche sulle modelle troppo magre hanno occupato le pagine dei giornali e hanno dato ampio spazio ai commenti scandalizzati di noti opinionisti, ma tutto è durato solo pochi giorni perché in definitiva la moda ha capito che quella bimba tutto ossa e niente sorrisi è un sogno di molte che si può assecondare, si deve ascoltare. Gli stilisti, sotto accusa, si difendono dicendo che non inventano niente, rispecchiano il mondo, non lo creano ed è così. Hanno fiutato il rigetto di molte donne per il modo in cui vengono rappresentate dai mezzi di comunicazione di massa, principalmente dalla televisione e, molto semplicemente, ripropongono quel rifiuto, quella paura di dover essere una donna di oggi. Quindi le bimbe alla Kate Moss, senza seno e senza fianchi, con le occhiaie non mascherate, ma anzi, esaltate dal trucco scuro e pesante, con le ginocchia ossute e l’aria imbronciata sono un antidoto che già esiste nell’immaginario collettivo e che la moda semplicemente rilancia, fa rimbalzare. E purtroppo, lo amplifica anche, dando vita ad una reazione a catena sempre più stritolante.
Tra questi due opposti, quello della velina tutta curve e quello dell’anoressica tutta ossa, sembra invece timidamente spuntare una terza via, una nuova tendenza che potrebbe essere un piccolo segnale di un cambiamento in atto: D di Repubblica sta pubblicando una serie di servizi di moda in cui gli abiti vengono indossati non da modelle, bensì da attrici, dj, cantanti e così via. Cioè da “persone”, questa è la grande novità. Certo la scelta punta ancora su donne giovanissime e dai corpi tendenti al gracile, ma è comunque incoraggiante pensare che stilisti, fotografi e giornalisti pensino a dei corpi femminili come a delle entità del reale, si confrontino con misure, forme e aspetti non conformi a quelli imposti dalle agenzie di casting. Siamo ancora lontani dai servizi di moda per le over-60 del supplemento del Guardian, in cui da anni gli abiti sono indossati da donne qualunque che hanno superato la sessantina: graziose signore con qualche ruga e dai capelli spesso grigi che indossano vestiti portabili, eleganti e adatti alle situazioni che affronta una donna matura…. Fantascienza? Per noi ancora sì, ma forse si incomincia ad intravvedere un piccolo bagliore alla fine del tunnel. Anche il travolgente record di ascolti dell’ultima edizione di San Remo sembra confermare il trend: Antonella Clerici ha conquistato il pubblico italiano con il suo look da anti-modella e le sue non celate rotondità. Evviva.
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