Il Protocollo di Maputo e la disinformazione
Il 6 febbraio ricorre la data scelta dalle organizzazioni internazionali
per ricordare i milioni di donne che sono state e sono assoggettate alle
Mutilazioni genitali femminili (Mgf). Nel 2005 è stato siglato il {{Protocollo di Maputo}} che le vieta, ma la pratica continua e anche nei paesi di immigrazione se ne tramanda la cultura. Cultura difficile da sradicare perché plurimillenaria; ritenuta barbarie da quando il femminismo l’ha messa in luce, trovando esponenti d’avanguardia negli stessi paesi in cui è tradizionale, ma insediata irrimediabilmente all’interno delle coscienze, dentro lo strano contenitore che distingua il bene dal male. Il presupposto è che la donna è portatrice di male se non si purifica; e la purificazione ha a che vedere con i suoi organi genitali: inciderli, asportarli, cucirli per “dare dignità” a colei che è destinata a diventare sposa e madre degna ha a che vedere con l’onore suo e della famiglia. La pratica nasce certamente con il patriarcato, non necessariamente con le religioni che, tuttavia, islamica o cristiano-copta o animista accettano questa falsamente chiamata “circoncisione femminile”.
{{Circoncisione non è}}, perché sottrae per sempre alla donna il piacere e la condanna al dolore: la prima notte di nozze è uno stupro con il coltello per scucire la vagina, il parto ha una procedura di apertura e richiusura che rappresenta un supplemento di sofferenza inaudito, la ragazza e la donna subiscono per tutta la vita le conseguenze di pratiche gestite dalle mammane in condizioni assolutamente non igieniche che producono cronicizzazione di disturbi urinari e intestinali e, troppo spesso, causano la morte di bambine e donne. {{Il patriarcato porta con sé un odio così violento contro il genere femminile da diventare masochistico}}: non si sa, infatti, quale piacere ricavi l’uomo da una donna che tra le sue braccia soffre e basta.
Anche il mondo occidentale ha conosciuto questa “punizione” e
nell’Ottocento le donne desiderose di vita, le “ninfomani” venivano recluse in cliniche per malati mentali e frequentemente le si cauterizzava la clitoride.
Nel 2005 il {{protocollo di Maputo ha rappresentato un atto formale di
qualche valore}}, come gli interventi che da decenni le rappresentanti
femminili presentano all’Onu o al Parlamento europeo. Purtroppo la
disinformazione rende questi documenti poco influenti e il “progresso” è
affidato alle conferenze e alle iniziative che le donne portano avanti da
sole, sia nel mondo occidentale, sia nei paesi in cui è costume la pratica
delle Mgf. L’impegno delle femministe nere, per esempio, ha indotto diversi stati africani a condannare per legge la tradizione, che, perché, si mantiene anche per la subordinazione delle donne, che non si sentono socialmente “a posto”, se non si adeguano all’antico costume.
{{L’informazione potrebbe fare molto di più}}. Infatti, anche noi occidentali siamo poco informate di ciò che accade a sorelle che vivono lontane da noi o che ci sfiorano ogni giorno con i loro corpi devastati da un destino infelice che mammane arrivate di lontano ripeteranno sulle loro bambine. Non sappiamo neppure che oggi è una giornata in cui pensare al nostro genere, violato anche quando gli si dà a intendere che si vuole il suo bene.
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