Sono due anni che l’Iran e il suo parlamento fanno parlare del Disegno di Legge sulla Protezione di Famiglia (DdlPF), che a sua volta fa lavorare insieme donne religiose, conservatrici e riformiste, e quelle secolari.Il VI parlamento (2000-2004, riformista) iraniano aveva chiesto un disegno di legge per limitare la patria potestà, garantire uguali diritti in caso di eredità per uomo e donna, rendere possibile la trasmissione della cittadinanza materna ai propri figli, apportare modifiche al donativo
nuziale (Mahr), affidare alla madre la custodia dei figli secondo il principio del bene (maslahat) della madre e del figlio considerando quindi l’età minima del figlio, agevolare le procedure della richiesta di divorzio da parte della donna e altre misure per sollevare lo status della donna
all’interno della famiglia.

Il disegno di legge è stato chiesto al Centro della Partecipazione delle
Donne che a sua volta ha coinvolto gli studiosi e i teologi dell’università Mofid di Qom per adeguare le modifiche richieste ai precetti della religione islamica. Il VI parlamento, però, non riuscì a concludere i lavori in tempo.

Con l’elezione di {{Mahmud Ahmadinejad}}, nel 2005, e l’inasprimento del rapporto tra la classe politica conservatrice al potere e la società civile, le donne divengono, ancora una volta, principale oggetto dell’icona moralizzante del nuovo presidente.

La Commissione Cultura del VII parlamento (2004-2008), il 26 agosto 2007, approva un diverso Disegno di Legge sulla Protezione di Famiglia (DdlPF) senza considerare la richiesta di innalzamento dello status della moglie all’interno della famiglia; da allora non sono mancate le proteste per le modifiche apportate a tale DdlPF che le attiviste politiche e sociali considerano un “Ddl contro la famiglia”.

L’{{Âyatollâh Yusef Sanei}}, voce autorevole del riformismo religioso, emette una fatwâ in riferimento all’articolo 23 e considera “un atto ḥarâm e ingiusto quello dell’uomo che decide di prendere una seconda moglie senza il permesso della prima”.

{{ Rafat Bayat}}, deputata del VII parlamento (2004-2008), spiega che il DdlPF è contro il pensiero del fondatore della Repubblica Islamica, l’âyatollâh Khomeini, e mira a distruggere le fondamenta della famiglia.

{{ Maryam Behruzi}}, responsabile della “Società Zeynab” (un’organizzazione non governativa e conservatrice), in una lettera al parlamento, considera pericoloso il DdlPF.

La commissione donne del “Fronte di partecipazione dell’Iran Islamico”, dell’“Ordine dei difensori dei diritti umani”, e dell’“Associazione delle neo-intellettuali musulmane”, hanno organizzato tavole di discussione dal titolo “No al DdlPF”.

Oltre cento avvocati, in una lettera, chiedono al parlamento di mettere fuori dal programma del governo il DdlPF.

{{ Faezeh Hashemi}}, deputata del V parlamento, figlia dell’âyatollâh Akbar Hâshemî Rafsanjânî, in un’intervista ad [uno dei siti della “Campagna di un milione di firme->http://www.feministschool.com/english]”, esprime così la sua protesta: “Come mai la donna può diventare avvocato e ministro, mentre nella famiglia è
considerata inferiore e secondo sesso?”

La dottoressa [Nahid Tavassoli->http://www.wechange.org/spip.php?page=print&id_article=5345], responsabile capo della rivista letteraria {Nafeh}, in un’intervista con uno dei siti della “Campagna di un milione di firme” spiega che il DdlPF è stato creato in un’atmosfera maschile che considera solamente le ragioni dell’uomo.
_ Questo perché, nella Commissione Giustizia come nella Commissione Cultura del parlamento, mancano le figure femminili. Lei esprime il suo disappunto per l’assenza dello spirito di giustizia („edalat) dell’islam
nel DdlPF.

La {{protesta è generale, e il parlamento è costretto ad apportare modifiche ad alcuni articoli}}, per l’esattezza al 23, che aboliva la necessità del permesso della prima moglie al marito per
sposarne una seconda, e l’articolo 25, che prevedeva una tassa, sul donativo nuziale, spettante alla moglie al momento del matrimonio.

Il {{24 maggio 2010}}, la Commissione Giustizia propone il nuovo DdlPF suddiviso in sei
capitoli, per complessivi 59 articoli (l’ultimo contiene gli undici articoli di legge precedenti che
perderanno la validità in caso il DdLPF venga trasformato in legge).

{{Continuano le proteste}} anche durante questo secondo turno di discussione sul DdLPF. Le attiviste, islamiche e secolari, continuano ad organizzare eventi e seminari al riguardo, invitando esperti e deputati.

I gruppi particolarmente attivi sono:
– [Campagna di un milione di firme->http://www.we-change.org] http://www.we-change.org/ ;
– [feministschool.com->http://www.feministschool.com]/
– [Focus on Iranian Women->http://ir-women.com]
– Il sito che offre [informazioni legali sul matrimonio->http://www.hamsari.org/], sui notai incaricati della registrazione del matrimonio ;
– La [rete delle donne iraniane->http://www.iranzanan.com/] che fornisce notizie sulla situazione politico- sociale delle donne

Per maggiori informazioni sul DdLPF è possibile consultare il sito [www.fairfamilylaw.info->http://www.fairfamilylaw.info]

{{Nota informativa-}} Il dibattito sulla LPF inizia quando nel 1967 Mohammad Reza Pahlavi
(l‟ultimo Shah dell‟Iran), come segno di modernizzazione del paese, decise di adottare delle misure
legali per restringere il potere maschile all‟interno della famiglia limitando i poteri del marito
all‟interno del matrimonio.
_ In base a tale “Legge” il marito, per avere una seconda moglie,
necessitava sia del permesso della Corte (o di un tribunale di famiglia) sia del consenso della
prima moglie: una regola atta a limitare la poligamia. Al fine di evitare i ripudi facili da parte dei
mariti, la “Legge” prevedeva la decisione del tribunale, per cui, anche per la custodia dei figli, bisognava rivolgersi a questo organo che avrebbe deciso nell‟interesse del bambino.

Due settimane dopo essere salito al potere, l‟âyatollâh Khomeini, nel segno del successo
della religione e della tradizione islamica sull‟ideologia modernizzatrice dei Pahlavi, abolisce la
LPF e con ciò toglie i limiti sulla poligamia, ripristina il divorzio unilaterale per l‟uomo, sopprime
la custodia dei figli alle donne divorziate, abbassa l‟età minima del matrimonio per le ragazze
prima a 13 e poi a 9 anni; stabilisce l‟interdizione della moglie di uscire di casa o di viaggiare
senza l‟autorizzazione del marito; istituisce l‟obbligo della sottomissione alla volontà del marito,
tamkîn; la donna che rifiuta di sottomettervisi è colpevole di nâshezeh e incorre nelle sanzioni
penali previste dalla giurisprudenza islamica (fiqh).

L‟interdizione riguarda anche la professione
di giudice perché, in accordo con la tradizione islamica, la debolezza delle donne impedisce loro di
controllare la propria emotività ed esprimere di conseguenza un giudizio valido.

In merito alle
funzioni religiose, a causa dell‟impurità derivante dal ciclo mestruale, le donne non possono
dirigere la preghiera del venerdì, emanare delle fatwâ o diventare la mujtahid o faqîh.

Alcune misure abolite della LPF sono state ri-adottate durante i primi anni della rivoluzione
grazie all‟impegno delle stesse donne islamiche presenti nel governo e, durante il periodo di
riformismo (1997-2005), con la presidenza di Mohammad Khatami, sono state prese altre misure,
atte a sollevare lo status della moglie e a proteggere la donna all‟interno della famiglia.