In Parlamento come in fabbrica la gravidanza è “una malattia”
E’ necessaria una legge per le donne nelle istituzioni: non una leggina ma il riconoscimento che la nascita di bambini/e è evento politico-culturale prima che sociale. Care donne,
è quasi Natale e incomincio a fare gli auguri prima di trovarmi sommersa: sia buono il Natale (soprattutto privato) e buono il 2011 (soprattutto politico).
{{Poi, un’operetta morale:}}
Tre parlamentari non sanno, perché sono prossime alla maternità, se potranno partecipare a una di quelle votazioni che un tempo il PCI segnalava come “senza eccezione alcuna”.{{ Montecitorio (e ancor più il Senato) è fabbricato per escludere le donne.}} Pensate che le toilettes dei maschi sono a piano terra, ristrutturate anni fa con marmi del Portogallo; quelle femminili sono, dietro l’aula, vi si accede per una scaletta ricurva e sono ambientalmente spartane.
Quando la Camera è chiusa, le signore o trovano appena il sapone o addirittura la porta chiusa (una volta, il giorno della chiusura estiva, esausta e abbruttita, non vedevo l’ora di arrivare in aeroporto e dovevo assolutamente lavarmi i capelli: bagni chiusi. Andai nel salone dei maschi, dove i barbieri non mi volevano ammettere…).
Che le donne non siano legittimate come “genere” lo dimostra la maternità nelle istituzioni. La mia “compagna di banco” ebbe una figlia: {{la gravidanza passò nella più rigorosa indifferenza}} (ovviamente le colleghe si informavano). Un giorno – o stato era ormai evidente dietro l’abito che cadeva lento – le stavo chiedendo come stava e un compagno che aveva sentito si fermò per chiedere se era ammalata: richiesto di vedere l’evidenza, tranquillamente rispose che {{pensava a una nuova moda}}… Senza parole, vero?…
Quello che sta capitando a Bongiorno, Cosenza e Mogherini fa comprendere che siamo ovunque delle cattive lavoratrici:{{ in Parlamento come in fabbrica la gravidanza è “una malattia”}}. Necessaria, dunque, una legge per le donne nelle istituzioni (anche a Bologna Simona Lembi in Provincia non trovò alcuna norma specifica); ma soprattutto non pensiamo che si tratti di una “leggina”.
Si tratta di fare “cultura di genere” di donne che non possono essere così omologate da rinnegare che {{la nascita di bambini e bambine è evento politico-cultrale prima che sociale e non separabile dalla specificità della madre}}, che va tutelata nel corpo – da non mettere a rischio – e nei diritti conseguenti al {{debito che la società intera contrae con la donna}} per l’immissione di un nuovo, una nuova presenza umana. Mai più si dica malattia ad una gravidanza.
{vignetta di Pat Carra}
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