Un arrivederci in un Egitto libero
Da Affrica il sito del Centro studi africani in Sardegna, riprendiamo in successione cronologica tre messaggi di una ragazza italiana che da anni vive al Cairo ma che ora sta tornando in Italia, con il senso di un tradimento verso quel paese e con il desiderio di tornare laggiù con la gente che lotta per la libertà. “Stiamo cercando di metter in contatto gli attivisti con la stampa italiana e straniera. {{In piazza Tahrir stanno facendo strage di manifestanti, Mubarak ha pagato la povera gente}} (donne, uomini e bambini) per appoggiarlo , 500 lire ai cairoti e 200 a chi arriva dalle campagne. Chi sta massacrando la gente in piazza in realtà non sono manifestanti filo-governativi (come scrive Repubblica), sono poliziotti in borghese e mercenari che lanciano molotov e pietre, noi da qui sentiamo anche spari. I feriti sono più di mille e tanti morti, in piazza ci sono ancora famiglie. Anche sotto casa continuano a passare ragazzini che urlano slogan pro Mubarak, pagati. […]
noi penso che andremo via, tra le altre cose ci sono anche propagande negative anche nei confronti degli stranieri”
Nel suo [messaggio dall’Egitto->http://affrica.org/messaggio-dall-egitto/], la ragazza dava anche il numero di telefono di un ragazzo egiziano a cui richiedere eventuali informazioni ma la redazione di Affrica lo ha giustamente oscurato.
In un [secondo messaggio->http://affrica.org/dallaeroporto-del-cairo/]:
“E’ con l’amaro in bocca che scrivo, con un nodo in gola che non riesco a sciogliere. La notte è lunga e i pensieri accompagnano i fumi delle sigarette che si alzano verso il soffitto. I pensieri vincono il sonno e nonostante la stanchezza {{cerco di reperire informazioni su quello che accade a poche centinaia di metri da me}}.
Oggi per me è i{{l giorno della mia sconfitta}}, lo tradisco, tradisco questo paese che ho sempre odiato e amato, ma che ora amo con tutta me stessa, {{amo quelle persone là fuori, pronte a rischiare tutto per la libertà.}}
{{Hanno iniziato a parlare e non si fermeranno}}. Hanno detto basta ai soprusi, ma mentre ieri ero con loro in piazza a festeggiare i due milioni a Tahrir, mentre li ascoltavo e rispondevo alle loro domande, altri si organizzavano, {{la gente dalle campagne e dalla città veniva pagata profumatamente per andare oggi a manifestare con il regime,}} i “baltaghia” (i poliziotti in borghese) e i mercenari si organizzavano per l’assalto. Hanno barattato la loro libertà: 500 lire per i cairoti, 200 per chi veniva dalle campagne; tanto per renderci conto, quei poliziotti prendono circa 150 lire al mese che rapportate al nostro cambio sono all’incirca 20 euro, e se un poliziotto vive con così poco provate a immaginare un povero contadino!
Venerdì tradisco tutte quelle persone che mi hanno chiesto perchè non sono ancora partita e a cui ho risposto:{{ “Voglio vederlo andarsene e voglio festeggiare con voi”.}}
Quelle persone non le ho mai viste così solidali tra di loro come in questi giorni, in piazza Tahrir arrivavano buste cariche di cibo per i manifestanti (gratis), acqua e tutto ciò che poteva servire, i ragazzi radunati nei quartieri gestiva il traffico e la pulizia delle strade. Nella sede di un partito di estrema sinistra venerdì scorso ho visto medici curare poliziotti feriti negli scontri.
E che non si dica, per favore, che l’Egitto se va via Mubarak sarà in mano degli estremisti, che si sciacquino la bocca le persone e i paesi prima di trarre le proprie conclusioni, sì, c’erano appartenenti dei Fratelli Musulmani ma in veste di semplici cittadini che lottano per i loro diritti.
Il terrorismo, cari amici, se lo sono inventato loro, Mubarak e soci con le loro leggi per la sicurezza con cui hanno tenuto i paesi che rappresentavano allo stremo.
Adesso fate due più due e domandatevi e rispondetevi pure se ci riuscite: {{chi è il responsabile dei vari vari attentati che si sono susseguiti in questo paese ultimamente?}}
{{Spero che presto la stessa solidarietà che ho visto qui si possa vedere anche in Italia, dove la parola diritti viene oscurata sempre più da volgarità che ci fanno vergognare della nostra italianità! }} Riprendiamocelo anche noi il nostro paese! Gli egiziani dicono: “Se ci sono riusciti i tunisini perchè noi no”, e allora perchè no anche da noi???
E così che ripenso agli ultimi giorni qui e anche a quell’aereo per l’Italia che mi aspetta e che non vorrei prendere e penso che tornerò nel tepore delle nostre famiglie, nei nostri negozi pieni di cibo, dove per il pane non ci si deve scannare. Ma già so che {{i pensieri sono tutti per loro, per gli amici che resistono in piazza Tahrir che non a caso vuol dire “piazza della liberazione”, per i nostri fratelli partigiani egiziani.}}
Spero che anche un po’ dei vostri pensieri vadano a loro, il cui destino, se tutto verrà messo a tacere come vogliono i nostri governi, sarà torbido quanto l’acqua che scorre nel Nilo.
{{Qui si va in prigione sul serio, anche per avere un orientamento politico antipatico al regime.}}
Ma il mio non è un addio, è un arrivederci, in un Egitto libero, inchallah! Masr horr!”
Poi, l[e ultime dal Cairo->http://affrica.org/ultime-dal-cairo/], aspettando di partire per l’Italia.
“Ragazzi, amici e parenti, siamo già all’aeroporto, la situazione è proprio devastante.
Stamattina arrivare qui è stato un delirio. Siamo stati bloccati e assaltati in vari posti di blocco popolari, {{ormai è caccia al giornalista straniero}}. Fortunatamente il buon Dio (forse esiste) ci ha mandato un convoglio di militari che ci hanno scortato fino a una zona più tranquilla.
{{
Abbiamo provato a contattare l’ambasciata}}, la quale, chiusa nel suo palazzo di vetro, non si rende conto di quel che accade là fuori, alcuni amici che sono andati lì stamane sono stati accolti in un comodo marciapiede.
In preda al panico di quei momenti abbiamo contattato alcuni funzionari, pagati dalle nostre tasse, i quali ci hanno detto che loro non possono garantire la nostra protezione. In un momento di agitazione nostro abbiamo ricordato al caro funzionario X da dove proveniva il suo stipendio, la sua risposta è stata una minaccia di denuncia per calunnia, minaccia tra l’altro non detta direttamente ma attraverso una seconda persona, una donna di 50 anni in preda al panico che in quel momento NOI stavamo cercando di andare a recuperare.
Questo è lo stato che ci rappresenta e che supporta dittature sue simili.
Io non mi sento italiana, ma per fortuna o purtroppo lo sono. Un abbraccio a tutti.”
Lascia un commento