Cose di tutti i giorni
Ora non c’è più niente. Ognuno si tiene una porta aperta, nessuno si espone perché sa che esporsi equivale all’isolamento, alla perdita di lavoro, al silenzio, e siccome siamo umani e fatti di carne da nutrire e soprattutto siccome la speranza è morta, l’utopia non ha più senso, ognuno si arrangia come può. Subito dopo il bel prato del Foro Italico, passato l’incrocio con via Lincoln c’è appoggiato all’angolo di una strada –alla cantonera- un cartello con su scritto con un grosso pennello nero: a 30 metri, si arrostisce pesce carne.
_ Una griglia infuocata e un uomo con la maglietta schiacciata sulla gran pancia, quattro tavolini di plastica, la gente mangia tutta soddisfatta di spendere poco.
_ Poco dopo c’è un benzinaio, poi una strana casa rosa nella cui parte superiore è stata costruita una piccionaia, poi la foce del fiume Oreto.
Sulla riva opposta del fiume, si vedono alcuni casermoni, pomelie fiorite alle finestre scrostate, tende a righe. Giù nella strada fatta di fossi, mucchi di sacchetti d’immondizia semiaperti, di pozzanghere e di un poco di asfalto, corrono i ragazzi con i capelli impomatati, stanno senza casco sui motorini, con le ragazze dietro con i jeans a metà sedere, le mutande colorate di fuori e il tatuaggio sulla schiena.
Di fronte, dal lato mare c’è un edificio restaurato adibito a spazio culturale con una grande scritta Kals’art, per entrare ci vogliono un bel po’ di soldini. L’anno scorso lì dentro ti sentivi a Milano, al bar ti servivano dei milanesi, ti sedevi su divanetti milanesi, pagavi come a Milano, di palermitani lì non ci lavorava nessuno.
_ Sono accordi di malavita.
I ragazzi dei casermoni fanno follie per passare lì dentro, a Milano, una serata anche se poi l’odore che sale da quell’angolo di mare non è dei migliori ma sempre mare è anche se sembra una fogna e forse è una fogna, però quando c’è la luna piena, se non fai tanto caso agli odori, ti senti quasi in paradiso.
Subito dopo c’è il fiume Oreto, cioè immondizia sugli argini di cemento. _ A seguire alcune baracche, poi un grande parcheggio abusivo che si chiama La Ferla, una roulotte fa da biglietteria, una scritta, composta con il nastro isolante, dice i prezzi per coloro che lasciano la macchina per andare all’Ospedale Buccheri La Ferla, per l’appunto, che sta proprio lì davanti. E’ tutto abusivo.
_ Abusivo s’intende da queste parti che il boss ha dato il permesso, non lo Stato che non c’è, è assente, neanche sa.
Ma c’è qualcuno a cui tu chiedi il permesso per ottenere quello che a Palermo è un buon posto: il posteggiatore abusivo. Quel qualcuno a cui vai a chiedere, che è gentile con te, con la tua famiglia, anche se poi magari ti chiederà qualcosetta in cambio è il Don.
A volo d’uccello mi sposto in un’altra zona della quinta città d’Italia: piazza Casa Professa. I turisti si affollano davanti alla chiesa barocca. _ Il posteggiatore abusivo ha un gran da fare: ci penso io, dice con l’ampio gesto delle mani a un tipo che non si fida troppo a lasciare la macchina aperta in terza fila.
_ Alcuni turisti si spingono a dare un‘occhiata rapida dentro l’Atrio della Biblioteca Comunale, lì dentro in una silenziosa giornata che non ha fatto notizia, sono stati trafugati decine di preziosi incunaboli. Colpo commissionato e per questo silenzioso.
_ Lì dentro non ci sono i soldi per comprare i libri e i libri antichi, preziosi, raccolti nei secoli da quei folli individui che credono biblioteche ed archivi il sale di una città, sono in parte abbandonati, non ci sono soldi per restaurare quei volumi, ora pasto per i topi e la magnifica sala superiore è in completo sfacelo.
Più in là, la strada s’infila dentro al mercato Ballarò, tra rivoli di folcloristica immondizia che struscia sui piedi seminudi nei sandali dei turisti. Attorno le case sono in parte vuote pareti con dentro il nulla.
_ Un paesaggio lunare.
I commercianti che hanno aderito ad [Addiopizzo->http://www.addiopizzo.org] sono stati messi dalla prefettura in regime di protezione.
_ Alcune volanti della polizia passano e ripassano davanti agli sparuti negozi che hanno aderito. Se fai parte di questa allegra combriccola, anche tu fai amicizia con i bravi ragazzi: come va? Visto niente? Un caffè? Si accomodi.
Ma un brivido ti rimane, guardi il tuo semplice negozio, le tue quattro cose con cui hai voluto costruire una vita semplice, normale, fatta di desideri normali, di quelle cose che non gridano all’ebbrezza di chissàcche, insomma la vita quella vera e invece capisci di non essere semplice e normale e che quei ragazzi poliziotti ti considerano un eroe.
Perché normale è il silenzio e la vita normale è accettare la sopraffazione. Perché anche se vai a fare la spesa e ti senti solo una donna che va a fare la spesa per sé, per i propri figli, già stai facendo una scelta e non puoi fare altrimenti perché il baracchino abusivo lì, accanto al posto dove lavori, ha delle pesche meravigliose, ha invaso la strada e il marciapiede non c’è più ma le pesche sono a un ottimo prezzo ma tu non le vuoi comprare perché sai che se lui è lì ha il permesso del Don e tu le pesche le vuoi comprare di quelle senza quel maledetto permesso e perciò non le compri e te ne vai in capo al mondo a cercare le altre pesche che tra l’altro costeranno di più.
_ Ma lo farai, eccome se lo farai.
Se poi hai il problema di portare il figlio nella scuola vicina al tuo posto di lavoro cercherai a chi rivolgerti, perché non esiste una legge che regolamenti la cosa, o meglio, sulla carta la legge c’è ma non ha senso, appartiene a un altro mondo che qui ormai è stato del tutto fatto fuori.
_ Ti devi trovare una strada sennò tuo figlio chissà dove te lo sbattono. A Palermo se hai le conoscenze giuste risolvi tutto e sei fortunato perché il figlio ce l’hai ancora piccolo, vedrai poi quando il poveraccio vorrà lavorare in che bel guaio ti trovi, ma ci sarà sempre qualcuno cui potrai rivolgerti per avere fatto un favore di farlo impiegare ‘sto disgraziato.
Eccola la dolce, erotica, morbida città, dove nessuno protesta, dove chinare la testa è la normalità, dove sei un pazzo se vuoi rispettati i diritti del codice civile. Ma questo è il punto di partenza, e lo è una classe di un liceo della città dove insieme si trovano e sono amici il figlio del mafioso amico della ‘zu Binnu (Provenzano) e il figlio del giudice che dà la caccia a quei numeri misteriosi, la caccia al tesoro, la decifrazione dei nomi dei pizzini del grande re di Corleone.
E i ragazzi di quella classe sono allibiti, non capiscono ma presto saranno costretti a imparare che mafia è questo pasticcio che ci tiene uniti, questa mancanza di parole, questa mancanza di pensiero. Mafia è Palermo nel suo sfacelo soprattutto per un pensiero diverso che non c’è più.
_ E’ stato un olocausto di intelligenze la fine, la disfatta di Palermo? Mi dice un’amica:c’erano venticinque sezioni del Partito Comunista, ti pare strano? Può perfino apparire ridicolo e privo di senso, c’è da chiedersi cosa ci facevano ma io me lo ricordo quando le vene ballavano ai polsi e c’erano i dibattiti, perché quello che mi manca, quello di cui muoio di nostalgia è proprio un bel dibattito in cui ci si accapiglia perché ciascuno ha portato da casa un suo pezzo di originale pensiero sulle cose, sulla politica, sulla risoluzione dei problemi, sul come portare avanti il mondo.
E il dibattito, lo scontro di idee, di pensieri diversi creava la voglia e la forza di organizzarsi, perché era possibile pensare: io mi oppongo. Ora non c’è più niente. Ognuno si tiene una porta aperta, nessuno si espone perché sa che esporsi equivale all’isolamento, alla perdita di lavoro, al silenzio, e siccome siamo umani e fatti di carne da nutrire e soprattutto siccome la speranza è morta, l’utopia non ha più senso, ognuno si arrangia come può.
Il paesaggio lunare di Ballarò, le mura scrostate, il vuoto oltre le finestre sospese nel nulla sono Palermo, la sua tragica essenza di città alla deriva. Allora vorrei invece di lamentarmi – ma sì posso cominciare e non finire più: la cultura rasa al suolo, le strade nello sfacelo, la disoccupazione alle stelle, la droga dappertutto, l’immondizia a ricoprirci e le ingiustizie, sì le ingiustizie che pesano e umiliano giovani intelligenti e un’intera generazione di ventenni decapitata dall’emigrazione di massa- invece vorrei chiedere e chiedermi cosa è successo.
_ Perché questo silenzio.
Adesso è proprio terribile parlare, scrivere, essere contro e anche più semplicemente continuare a pensare con la propria testa, tenere gli occhi aperti, non cadere nella trappola dei facili, accoglienti luoghi comuni. La verità è che nessuno è eroe e tutti vogliono il quieto vivere.
_ Ma forse chi ancora ha un poco di utopia potrebbe dire con più forza: non mi avrete e provare a pensare, a scrivere a raccontare un nuovo sogno, perché senza sogni la vita non è vita .
_ Davanti alla mia piccola libreria che poi, per la ragioni di sopra, non ce l’ho fatta a tenere aperta, è successo un fatto di cui tutto il quartiere ha parlato, ve lo racconto con un piccolo canto in memoria:
Canto per il bambino di nome Palermo
Dieci anni, portava l’acqua.
_ Correva con la bici.
_ Con la bici è finito sotto a un camion.
_ Qui manca, è rimasto un vuoto.
_ L’anno scorso qui hanno sgozzato due di un altro quartiere.
_ La polizia ha fatto delle retate, il mercato per un po’ non ha funzionato,ora è di nuovo in pieno ritmo.
_ Lo era la mattina in cui è passato il camion.
_ In chiesa c’era pure la banda.
_ E’ rimasto un vuoto.
_ Un vuoto che si chiama Palermo.
_ Il bambino, Palermo.
_ Infame e irredimibile, opulenta e maledetta.
_ Palermo si metteva la brillantina in testa e si faceva i capelli a spazzola.
_ Aveva un amico pure lui con la brillantina e i capelli a spazzola.
_ Si fermava davanti alla mia libreria, guardava ‘ste strane cose, sbigottito, provocatorio,violento.
_ Quando a maggio abbiamo messo il lenzuolo per Falcone e Borsellino, Palermo è passato con un gruppo di amici, tutti con la brillantina in testa, tutti con gli occhi di chi guarda il mondo con acutezza e stupore. Palermo ha guardato il lenzuolo e ha cominciato a sfottere.
_ La banda di ragazzini se ne è andata.
Palermo è ritornato e ha chiesto, indicando il lenzuolo: perché?.
_ Gli ho detto, questi due hanno fatto cose importanti e io ogni anno li voglio celebrare, sono stati ammazzati per cercare di cambiare questa città .
_ Palermo si è messo a ridere, poi si è fatto serio, si è avvicinato al lenzuolo, lo ha guardato, ha guardato le facce dei giudici serigrafate in azzurro, con un certo stupore e un certo rispetto.
_ Mi ha guardato.
_ Gli occhi era limpidi e seri.
_ Palermo era molto curioso.
_ Una curiosità provocatoria e violenta
_ Per questa curiosità e questa violenza provocatoria
_ io canto il bambino Palermo,
_ i bambini Palermo,
_ con la brillantina in testa e gli occhi intelligenti
_ che per strada ci spingono e ci scippano
_ In loro è la speranza.
_ Non so come,
_ senza l’appoggio di nessuno, perché nessuno si accorge di loro,
_ eppure solo in loro è riposta la speranza.
_ Ma di quale speranza canto? Canto la dignità.
*scrittrice e attivista palermitana
_ Sito web: [www.beatricemonroy.it->http://www.beatricemonroy.it]
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