Le Venezie (termine in voga nel Ventennio per indicare le regioni venete) costituiscono senza dubbio un importante bacino di raccolta dati, documenti e testimonianze sulla presenza e funzione delle donne cattoliche nella società italiana, anche oltre i confini regionali, evidenziando differenze specifiche rispetto alla presenza delle organizzazioni cattoliche maschili.

Nel 2002, l’importante convegno “Tra la città di Dio e la città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta” [[Atti in {{Luisa Bellina, Maria Teresa Sega}}, {Tra la città di Dio e la città dell’uomo. Donne cattoliche nella Resistenza Veneta}, Istituto veneziano per la storia della resistenza e della società contemporanea e Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea della marca Trevigiana, Venezia-Treviso 2004 ]] portava alla luce le memorie e le testimonianze raccolte durante apposite ricerche attorno alle scelte resistenziali compiute da donne venete all’interno dell’appassionante intreccio fra fede e politica (le due città). Nella sua relazione a quel convegno, {{Paola Gaiotti De Biase }} esprimeva la sua gratitudine “come storica per l’occasione che è offerta di declinare la storia delle donne nel suo doppio profondo significato, la scoperta del protagonismo storico femminile e l’utilizzo di un’ottica di genere per meglio capire la storia complessiva”.

Oggi 2011, un’altra storica – {{Liviana Gazzetta}} – pubblica una importante ricerca che “muove dall’ipotesi di fondo che un’indagine orientata sulla domanda delle domande poste dalla storia di genere possa offrire elementi di conoscenza e chiavi interpretative nuove”, in questo caso, “sulla complessa questione dei rapporti tra mondo cattolico e fascismo nel nostro paese” avendo come protagoniste principali le organizzazioni di azione cattolica femminile delle Venezie.

Il titolo {{“Cattoliche durante il fascismo. Ordine sociale e organizzazioni femminili nelle Venezie”}} fa riferimento al nucleo centrale della ricerca che, peraltro, attraverso una ricchissima documentazione attinta ad archivi locali diocesani e nazionali traccia ipotesi che vanno oltre questo arco di tempo e di spazio. Di fatto, l’arco di tempo dell’indagine è quello fra le due guerre (I e II mondiale) e la stretta correlazione fra organizzazioni cattoliche locali e nazionali fa diventare questa ricerca come possibile base di partenza per gettare uno sguardo ulteriore sulla funzione delle organizzazioni femminili di origine ecclesiale impegnate nella società civile nel dopo liberazione, quando furono chiamate a coinvolgersi nella crociata anticomunista.

Asse privilegiato d’analisi è {{lo sviluppo dell’iniziativa sociale delle donne e delle giovani cattoliche nell’area veneta}} attraverso le organizzazioni cercando di ricostruire “quali fossero i significati, l’estensione, la valenza e il ruolo complessivo assegnati dall’azione cattolica femminile alla propria iniziativa in campo sociale, distinta da quella più propriamente religiosa e idealmente distinguibile da quella morale ed educativa”: “un punto di vista privilegiato per ripercorrere il processo storico con cui il cattolicesimo giunge ad accettare una presenza femminile organizzata oltre la sfera privata e oltre la dimensione dell’iniziativa beneficenziale”. Per scelta metodologica, vengono lasciati sfocati i percorsi personali che potrebbero, come l’autrice stessa riconosce, fornire ulteriori apporti alle conoscenze sulla presenza sociale delle donne cattoliche e sui processi di costruzione della loro cittadinanza.

Le storiche, meglio di me, potranno valutare il portato di questa analisi nella varietà degli intrecci di percorsi attraverso la ricca documentazione; a me piace sottolineare l’interesse del capitolo centrale per tutta la ricerca: “la collaborazione allo Stato assistenziale fascista”, collaborazione che l’autrice definisce sinteticamente “{{filofascismo prepolitico funzionale}}”, “dimensione legata alla sostanziale mancanza di sensibilità e coscienza politica che caratterizzava, da una parte, l’identità di genere femminile nel primo Novecento… e, dall’altra, l’ideologia cattolica delle sfere sessuali separate…”, funzionale perché “vi fu un ambito , un terreno specifico in cui la collaborazione si diede, in cui la dirigenza nazionale lo richiese, in cui la mentalità lo portava anche spontaneamente a produrre, quello socio-assistenziale … luogo di estensione del ruolo femminile naturale dopo lo choc della guerra e come concreta occasione di strutturazione di istituzioni ‘ispirate’ dal cristianesimo”.

E’ questa {{osmosi}}, con queste sue origini, che rende il rapporto delle organizzazioni femminili con il fascismo molto diverso da quello delle organizzazioni maschili così come sarà segnato diversamente il loro ruolo nella “crociata” del secondo dopoguerra, nelle “Campagne” dove “il tema della purezza dei costumi femminili si associa invariabilmente alla polemica ideologica contro il comunismo”.

{Ps – quando leggo un libro faccio orecchiette alle pagine in cui trovo spunti interessanti di riflessione; beh, le orecchiette in questo libro sono tante a testimonianza dei tanti aspetti che la ricerca tocca e che, sono ben cosapevole, non ho evidenziato in questo breve invito a leggerlo.}

{{
Liviana Gazzetta}},{ Cattoliche durante il fascismo. Ordine sociale e organizzazioni femminili nelle Venezie}, ed. Viella, Roma 2011, pagg. 302, 29 euro