Partenariato tra donne e uomini: una sfida per la politica
Rivoluzionare le relazioni tra i sessi a tutti i livelli, compresi i più alti della sfera pubblica e del potere politico, non può che far bene alla politica, offrirle un’opportunità e una concreta condizione per rianimare con efficacia il ruolo perduto e ritrovare una qualche credibilità, sociale e di senso.Con particolare evidenza in Italia ma in realtà quasi ovunque, la {{crisi della politica}} si manifesta anche nell’esasperazione, al limite del grottesco, del suo portato storico maschile, cioè del suo {{essere un’esperienza di, tra e per uomini, a cui le donne non hanno potuto accedere}} se non con molto ritardo e sempre in forme secondarie e aggiuntive, che non hanno mai veramente scalfito il grumo profondo – vera e propria dimensione antropologica – di quella complessa vicenda umana, maschile e “al maschile”, che è stata la politica nella modernità.
Oggi {{la politica in crisi continua a blaterare}} – e ad agire – con voce maschile su tutto, anche quando la gravità dei processi richiederebbe la sobrietà del dubbio, della sperimentazione, della circolarità; e anche quando è così evidente, ormai, la portata globale e spiazzante della rivoluzione femminile, i segni del conflitto e delle contraddizioni tra i sessi che essa ha reso evidenti, laceranti e che solo un’altra radicale antropologia politica e un’altra radicale dimensione del pensiero politico potrà assumere e agire positivamente.
Possiamo chiamarla – quest’altra dimensione – un partenariato tra donne e uomini. Io così la chiamo e {{penso a un partenariato equo, solidale, mite, ispirato alla condivisione e alla reciprocità}}, fondato sul riconoscimento dell’altro, sulla critica di ogni presunzione fondamentalista e di ogni appartenenza predeterminata. E capace di misurarsi radicalmente col principio della responsabilità pubblica verso il pianeta, la questione sociale, la pace nelle relazioni internazionali.
Servono uomini e donne a questo, che attraverso una profonda condivisione dei percorsi avviino un {{nuovo corso, in primis morale, della politica}}. Perché la politica, ormai prigioniera della mercificata dimensione mediatica, non può fare altro che sbrindellarsi sempre più, tra il cinismo manifesto degli uomini di destra e quello, camuffato e talvolta mescolato a uno stucchevole buonismo, di quelli una volta di sinistra, mentre la piazza, da luogo del consapevole agire collettivo, rischia di trasformarsi nel buco nero del disagio e dell’impazzimento sociale.
Ma di tutto il rinnovamento della politica ha bisogno, fuorché di nuovi miti e di nuove mitologie salvifiche. {{Evitiamo di ridurre le donne a un mito un po’ patetico}}. Invocare un ruolo più incisivo delle donne nelle istituzioni pubbliche e nei luoghi delle decisioni politiche, quelle che contano veramente, è prima di tutto e essenzialmente una battaglia democratica e di civiltà, che va ostinatamente perseguita, soprattutto in Italia, dove il monopolio maschile del potere continua a essere asfissiante.
_ Ma da qui a pensare che da questo impegno, automaticamente, discenda chissà quale nuova qualità della politica ce ne corre.
{{Le donne, solo per il fatto di essere donne, non possono fare molto per rinnovare veramente la politica}}. Il ragionamento vale ovviamente anche per gli uomini, soltanto che loro, invece, si ostinano a pensare di avere una innata e indiscutibile competenza per la sfera pubblica e non riflettono su quanto anche questa presunzione oggi concorra fortemente a screditare e delegittimare la politica. Già se riconoscessero il grottesco di quel loro pretendere di rappresentare tutto, parlare di tutto, decidere tutto e facessero un consapevole passo a lato, già questo sarebbe un bel contributo al rinnovamento della politica. Ma {{le donne, per essere davvero agenti del rinnovamento, dovrebbero rompere radicalmente con quel loro destreggiarsi tra adattamento e omologazione}}, con quella disposizione, che viene da lontano, a farsi legittimare dagli uomini accontentandosi soprattutto di compiacerli e ricavando per sé spazi a lato. In politica ciò è evidente. Si chiama complicità femminile con e nell’ordine patriarcale.
Rompere dunque, facendo della loro storia materia grande della politica, a partire da un posizionamento politico, un’idea del mondo, una pratica pubblica. Molta parte dell’esperienza umana femminile e femminista ha trovato la ragione di fondo della sua forza di elaborazione teorica e di pratica politica nella scelta di posizionarsi e di partire da sé, cioè in un forte radicamento nel presente e nell’esperienza concreta. Questo è uno snodo essenziale per riconquistare autenticità e forza di coinvolgimento alla politica. Uno snodo su cui costruire e sedimentare pratica,comportamenti, rappresentazione di senso. {{La rivoluzione femminile ha fatto una breccia decisiva}}, reso evidente e ormai fuori di ogni discussione il problema dei rapporti tra i sessi come problema della politica. Ma è ancora un inizio su cui lavorare ma con la consapevolezza che non sarà un pranzo di gala. {{Presunzione maschile e complicità femminile}}: una nuova radicale antropologia politica che ne faccia radicalmente a meno.
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