Le Donne Terre-mutate dicono No!
La denuncia delle Donne “terre-mutate” de L’Aquila riguardo una ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri dell’8 novembre 2011 circa un’assegnazione di fondi che comporta una gravissima violazione dei diritti di tutela delle donne rispetto alla violenza di genere e del diritto di accedere a percorsi di uscita dalla stessa. Il Comitato Donne Terre-Mutate nasce a L’Aquila dopo l’evento sismico. È stato
costituito da alcune realtà aquilane di donne che lavorano in ambito politico, culturale e sociale sul
territorio da tanti anni, come la Biblioteca delle Donne “Melusine”, il Centro Antiviolenza per le
Donne e le Donne in Nero, insieme alla rivista Leggendaria.
Il fine è di creare una rete nazionale di
donne singole e associate a sostegno delle aquilane nella realizzazione di {{una Casa delle Donne nel centro storico della città}}. A questo scopo ha organizzato a L’Aquila, il 7 e 8 maggio 2011, l’evento nazionale “Ben vengano le donne a maggio. Manifestiamo siamo tutte aquilane”.
L’obiettivo di far nascere una Casa delle Donne preesisteva al terremoto del 6 aprile 2009.
Da tempo, infatti, si era posta {{l’esigenza di uno spazio sociale e culturale in cui accogliere le
donne vittime di violenza}}, sostenerle nel percorso di uscita dalla violenza e dare loro anche un
“rifugio di transito” verso le strutture residenziali protette. Dopo il terremoto che ha devastato
persone e beni, questa esigenza è cresciuta, rafforzando la funzione sociale del {{Centro
Antiviolenza dell’Aquila, operante dal 2007}}. Per tali evidenti motivi c’è bisogno, oggi più che
mai, a L’Aquila, di {{una Casa delle Donne}} quale luogo di accoglienza e di incontro, per ritessere le
relazioni e diventare fulcro della vita associativa, luogo di cultura, di ricerca, di servizio, aperto
alle donne di ogni provenienza, appartenenza religiosa, politica e collocazione sociale.
{{Un’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri}}, la n. 3978 de l’8 novembre 2011 non riconosce l’importanza del nostro lavoro e del nostro progetto, sottrae finanziamenti ai centri antiviolenza per destinarli alle diocesi.
Questa ordinanza, all’art.10 comma 1, stabilisce:“Al fine di favorire la ripresa delle attività di sostegno delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà, con particolare riguardo alle situazioni di oppressione, violenza e discriminazione lesive della condizione femminile ed in contrasto con i diritti umani fondamentali, il Commissario delegato provvede alla ristrutturazione di edifici colpiti dal sisma, già utilizzati quali centri antiviolenza e di lotta all’emarginazione, nonché per la realizzazione di nuove strutture, avvalendosi della diocesi dell’Aquila e delle altre diocesi abruzzesi che svolgono attività di sostegno ai nuclei familiari colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, sulla base di apposite convenzioni, nel limite massimo di euro 1,5 milioni e con obbligo di rendicontazione”.
Allo stesso art.10, comma 2 si legge: “Il Commissario delegato provvede, altresì, a realizzare un centro poliedrico per le donne, per lo svolgimento di iniziative per il contrasto di situazioni di marginalità dovute anche alla violenza di genere e sui bambini, avvalendosi della consigliera di parità della Regione Abruzzo quale soggetto attuatore […]. Gli interventi di cui al presente comma sono realizzati anche fuori dei territori dei comuni di cui all’art.1 comma 2 del decreto legge N. 39 del 2009, qualora finalizzati a nuclei familiari domiciliati nei predetti Comuni alla data del 6 aprile 2009, nel limite massimo di euro 1,5 milioni e con obbligo di rendicontazione”.
L’ordinanza comporta{{ una gravissima violazione dei diritti di tutela delle donne}} rispetto alla violenza di genere e del diritto di accedere a percorsi di uscita dalla stessa, perché {{non possono essere in alcun caso le Diocesi i soggetti qualificati e specializzati nelle attività di contrasto alla violenza maschile compiuta sulle donne e di sostegno alle stesse.}}
Sono i centri antiviolenza i soggetti qualificati e competenti, perché in essi si sono sperimentati percorsi di possibile uscita dalla violenza, grazie alla relazione tra donne e perché costituiti esclusivamente da donne, come stabilisce anche l’art. 6 della Legge Regionale n.31 del 2006, testo normativo concepito in osservanza di principi costituzionali e di principi contenuti in Convenzioni Internazionali (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite CEDAW, Dichiarazione e Programma d’azione della IV Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino).
L’art. 10 dell’ordinanza su citata comporta una violazione gravissima ed evidente di questo complesso di diritti, posti in pericolo da chi ritiene di affidare alle Diocesi i delicati percorsi di accoglienza delle donne, che possono essere avviati solo con altre donne, per affrontare la difficile elaborazione del vissuto personale di violenza subita dagli uomini.
Il Governo non solo non ha investito risorse sufficienti per i Centri Antiviolenza, anzi le ha diminuite, fino a porre in serio pericolo la sopravvivenza dei Centri stessi.
Inoltre la legge regionale n.31/2006 in materia di violenza di genere non è stata rifinanziata.
Dinanzi a questo scenario desolante il governo emana un’ordinanza, atto normativo legato allo stato d’emergenza vigente ancora all’Aquila, per legittimare un intervento scellerato che, ponendo sullo stesso piano donne vittime di violenza e nuclei familiari colpiti dal sisma, {{riconsegna alle Diocesi un ruolo che in nessun caso possono svolgere e che è proprio dei Centri Antiviolenza. }}
Al comma 2 dello stesso articolo si stabilisce la creazione di {{un “centro poliedrico per le donne” senza alcuna specificazione rispetto ai soggetti che vi opererebbero}} e con evidente forzatura nell’uso dello strumento “ordinanza”, per legittimare un intervento, la cui azione ricadrebbe fuori dai Comuni interessati dal sisma, che sono sottoposti ancora al “potere di ordinanza” di cui il Commissario è espressione territoriale.
È per tutto questo che vi chiediamo:
_ a) di divulgare, dove e come ritenete opportuno, l’ennesimo sciacallaggio ai danni delle donne, per giunta aquilane e terre”mutate”;
_ b) di raccogliere adesioni di protesta
_ c) di copiare e incollare il testo che segue e inviarlo via FAX (0862 308503, segreteria coordinamento SGE, 0862 308657, assistenza alla popolazione) e/o via email (segreteria@commissarioperlaricostruzione.it) al Commissario delegato Chiodi. Mandate una copia della vostra firma a:laquiladonne@gmail.com
-“{{Egregio Commissario delegato per la Ricostruzione }}
– Presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi,
{sono a conoscenza dell’ordinanza del PCM n. 3978 dell’8 novembre 2011.
Questa ordinanza, all’art.10 commi 1 e 2, comporta una gravissima violazione dei diritti di tutela delle donne rispetto alla violenza di genere e del diritto di accedere a percorsi di uscita dalla stessa. Ritengo che non possano essere in alcun caso le Diocesi i soggetti qualificati e specializzati nelle attività di contrasto alla violenza maschile compiuta sulle donne e di sostegno alle stesse.
Sono i centri antiviolenza i soggetti qualificati e competenti, perché in essi sono stati sperimentati i percorsi di possibile uscita dalla violenza, grazie alla relazione tra donne e perché costituiti esclusivamente da donne, come stabilisce anche l’art. 6 della Legge Regionale n.31 del 2006, testo normativo concepito in osservanza di principi costituzionali e di principi contenuti in Convenzioni } {Internazionali (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite CEDAW, Dichiarazione e Programma d’azione della IV Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino).
L’art. 10 comporta pertanto una violazione gravissima ed evidente di questo complesso di diritti.
Al comma 2 dello stesso articolo si stabilisce la creazione di un “centro poliedrico per le donne” senza alcuna specificazione rispetto ai soggetti che vi opererebbero e con evidente forzatura nell’uso dello strumento “ordinanza”, per legittimare un intervento, la cui azione ricadrebbe fuo}{ri dai Comuni interessati dal sisma e quindi sottoposti ancora al “potere di ordinanza” di cui il Commissario è espressione territoriale”.}
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