Muri intrisi di sangue. Storie per raccontare una tragedia antica
Quando uscì il primo libro di Fatima Curzio “Il trono del Drago” ho pensato: ecco una scrittrice che potrà cimentarsi in romanzi corposi con una solida struttura narrativa. Quel tipo di letteratura che sa avvicinare il o la lettrice alla Storia. Ma, con mia grande sorpresa, l’ultimo lavoro di questa attenta sinologa non ha nulla di quanto avevo pensato.“{ {{Sentieri di guerra – storie e inganni di un’antica tragedia}} }” assomiglia ad un quaderno dove l’autrice appunta alcune storie con una diversa collocazione spazio-temporale.
Entra curiosa nelle piccole storie di una Storia ufficiale. Vuole capire il perché di un Male che si ripropone in modo ossessivo: guerra, assassini, morte.
Parte dal centro del Mediterraneo ai tempi dei Cavalieri di San Giovanni e di Solimano il Magnifico per arrivare a Pechino. Siamo a inizio secolo. Nella Città Imperiale si consuma la rivolta dei boxer. Pochi anni dopo, Mao, da quel luogo, proclama la fine del passato, per un futuro che, inventato a tavolino, si chiamerà il Grande Balzo in Avanti. Così quel dittatore centuplicò i danni di una carestia che provocò la morte di più di 20 milioni di cinesi.
Fatima Curzio scrive anche dell’11 settembre 2001. E’ proprio quest’ultimo racconto che mi porta a capire il senso del libro. Al centro è lei, proprio lei: l’autrice.
Sulla spalla di ogni suo/sua protagonista come una piccola scimmia dispettosa guarda, ascolta e di certo non tace le tante storie che fanno La Storia. Sono intorno a lei gli orrori di tutte quelle azioni politiche che sono diventate morte, devastazione etica e culturale. La follia di una politica che uccide se stessa per dare spazio alle guerre nelle loro molteplici forme.
Questo quaderno inizia con lo stile di un romanzo storico che si potrebbe protrarre per centinaia di pagine. Ma è inutile continuare…altre sono le urgenze… si può passare ad un altro romanzo magari ambientato nella Città Proibita. Qui lo stile si fa più mordente… Si arriva poi all’attualità che viene narrata con un linguaggio quasi giornalistico, veloce, da reportage. Ma non è sufficiente.
Fatima Curzio non vuole lasciare nulla in sospeso così nella postfazione salta giù dalle spalle dei suoi protagonisti/e e dice ciò che pensa….definirla inevitabile è irresponsabile. Cosa? La guerra.
Molti, da sempre, nel corso della Storia, sprofondati in comode poltrone, stanze chiuse, gabinetti governativi, pub, osterie, piazze e televisioni, ne hanno decretato l’inizio, la prosecuzione. La necessità. E persino la sacralità: laica quando la si aggettiva come giusta, e Santa quando la si investe di un mandato divino. La guerra è semplicemente un orrore e porta in sé il germe del peggiore dei mali: la disumanizzazione dell’uomo….
_ Io avrei voluto scrivere altro ma questo tempo e questo luogo dove mi è dato di esistere me lo impediscono…..Non ho inventato nulla. Al netto del fatto letterario in sé, tutti gli orrori da me raccontati sono realmente accaduti.
Una cosa suggerirei a Fatima Curzio non è vero che tutto è uno schifo, come lei stessa scrive a chiusura del suo lavoro.
_ Il positivo sta nella capacità civile di reagire dicendo, cantando, recitando, scrivendo ciò che pensiamo.
_ Importante è usare le mani per poter dire ciò che si vede e ciò che si sente.
Pari alla morte sarebbe utilizzarle per coprirsi gli occhi, le orecchie e la bocca. Le tre scimmie non vanno imitate. E’ questo che l’autrice di questi racconti ci suggerisce pur non dicendolo.
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