Se le nostre impronte restano sulle vite che tocchiamo
Correggere le donne, correggere le lesbiche attraverso l’uso dello stupro è una pratica indispensabile
per mantenere ben saldo lo scettro del potere in mani maschili in un’epoca in cui sia stato messo in
discussione da vari sommovimenti sociali come i femminismi e i movimenti per i diritti civili.Questa sembra essere l’ipotesi più accreditata e più taciuta, trasversale alle classi sociali,
alle professioni, ai partiti politici, ben radicata nelle istituzioni , nei media, nelle scuole di ogni
ordine e grado, dalle università agli asili.
Altrimenti è impossibile spiegare la resistenza e l’insensibilità di magistrati e avvocati che per anni
hanno tentato di non dare allo stupro il giusto posto nel codice penale relegandolo a delitto contro
la morale, che hanno sempre avuto un occhio di riguardo per gli stupratori processando le vittime
e la loro presunta immoralità, che anche oggi confermano con una sentenza aberrante e derisoria,
impossibile da condividere e ancor più da mettere in pratica secondo gli alti principi costituzionali
ai quali afferma di ispirarsi.
Le Costituzioni non bastano, questa è l’amara verità. A noi, donne e uomini, è affidato il compito di
difenderle, applicarle e comprenderne gli sviluppi nel divenire della storia umana.
In Sudafrica, unico paese africano dotato di una Costituzione ispirata ai principi più avanzati della
democrazia che include il rispetto dei diritti e le tutele per transessuali, gay, lesbiche,
lo stupro correttivo delle lesbiche è una pratica feroce di controllo e di pulizia sociale che viene
regolarmente svolta in branco e spesso commissionata dalle famiglie d’origine, che in questo modo
pensano di salvare il proprio” buon nome “di fronte alla comunità.
Tutto ciò avviene con ampie complicità da parte delle forze di polizia.
Ma restano speranze alle lesbiche sudafricane di poter ricevere aiuto contro la violenza endemica
che le colpisce, confermate da recenti severe sentenze della magistratura sudafricana che hanno
punito gli assassini di Zoliswa Nkonyana o della calciatrice Eudy Simelane, entrambe brutalmente
uccise dal branco.
E in Italia? Questa sentenza ci porta indietro di anni, fa un uso distorto della Costituzione,
nata e concepita per proteggere tutti i cittadini e le cittadine italiane, ma in particolare le vittime di
soprusi e violenze e le categorie sottoposte a discriminazioni, certamente non violentatori bisognosi
di compagnia.
Qui la Costituzione viene brandita come un’arma per tutelare chi discrimina o commette reati invece
di servire da strumento di sviluppo per allargare il campo dei diritti e promuovere la cultura del
rispetto: basta pensare ai ridicoli, assurdi steccati che omofobi di varie estrazioni politiche
innalzano per fermare proposte di legge contro omofobia e transfobia, trincerandosi dietro alla
difesa della libertà di espressione (leggi impunità dei discorsi di odio e del razzismo
istituzionalizzato).
Non solo: affrontiamo pure a viso aperto la meschinità del pensiero circolante anche in ambienti
colti (o che almeno dovrebbero esserlo) e fondamentali per il buon funzionamento della
democrazia come Magistratura, Procure, Palazzi di Giustizia .
Diffusa mancanza di empatia con le vittime di stupro, difficoltà a credere che tali esperienze non
provochino alcun piacere nelle donne e la straziante conclusione “In fondo non è mica morta”.
Questo è il vero stato del’arte, confermato da molte donne che lavorando all’interno di tali istituzioni
ne sono testimoni, dai segnali evidenti lanciati dai media, che d’abitudine parlano ancora di delitto
passionale, gelosia, follia momentanea e ancora balbettano sulla parola femminicidio mai
metabolizzata, dalla totale assenza di programmi per l’educazione sessuale nelle scuole che
preparino fin dalla più tenera età alla sessualità responsabile, rispettosa e soprattutto consensuale.
Siamo il Paese in cui Forza Nuova invoca roghi per il libro illustrato da Altan in quanto parla di una
coppia di papà pinguini.
_ Non si può dire ai bambini che l’omosessualità esiste e che gli omosessuali
possono costruire una famiglia, ma si può dir loro che entro qualche anno, se avranno pazienza,
potranno stuprare in gruppo una ragazzina e non finire in carcere.
Siamo di fronte a una sentenza inapplicabile non solo perché ingiusta : non siamo minimamente
attrezzati per misure alternative al carcere (e nemmeno per le carceri,aggiungerei), dove
intendiamo collocare questi individui?
_ A casa, presso parenti amorevoli che li giustificano o
pensano sia sufficiente promettere che il gesto non si ripeterà, in fondo sono bravi ragazzi, si è
trattato di un colpo di testa ?
Come intendiamo applicare l’articolo 27 sulla funzione della pena in
vista di un recupero di queste miserie umane se non mettiamo al primo posto al vittima e quindi la
gravità del reato?
Siamo stanche di correzioni, noi donne, noi lesbiche.
Si corregga invece il Paese facendo una scelta di campo netta e senza possibilità di passi indietro.
Le donne sono metà del genere umano.
Siamo sempre più decise a non essere seconde, oppresse, sfuttate come oggetti sessuali a
disposizione di qualunque maschio di passaggio da solo o in branco, buttate via quando non
aderiamo più agli stereotipi di bellezza e di efficienza pensati per dividerci in utili e inutilizzabili.
Sappiano misogini e lesbofobi che non contendiamo loro il potere.Vogliamo molto di più,
rispetto reciproco, vita bella, felicità condivisa.
Se le nostre impronte restano sulle vite che tocchiamo ci pensi bene chi nella Corte Costituzionale
ha dichiarato illegittima quella parte della norma che prevedeva solo il carcere per questo odioso
crimine, di fatto mettendo la Cassazione di fronte a una scelta obbligata.
Pensino a quali conseguenze sulla vita di tante donne che dovranno rivedere gli stupratori
denunciati in circolazione, all’invito al silenzio rivolto a tutte le donne, all’incoraggiamento rivolto
ai “correttori”.
Tracce che restano, non c’e sapone che le possa lavare.
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