A Roma, nel 60° della UE, il meeting delle sezioni WILPF europee. Unite per cambiare rotta all’Europa
L’incontro delle delegate Women’s international league for peace & freedom (Wilpf) provenienti dai tanti Paesi europei (ma era presente anche una giovane sudcoreana che vive attualmente a Parigi), ha volutamente coinciso con l’anniversario dei 60 anni dei Trattati di Roma, a sottolineare l’impegno della più antica delle associazioni di donne per la pace – che porta benissimo i suoi 101 anni – nella costruzione della UE, il suo «vuole stare nell’Europa ma non in quella delle diseguaglianze» (Heidi Meinzolt, Coordinatrice della Wilpf europea) e di cui auspica e promuove «cambiamenti che estendano e difendano i diritti e i valori, cambino rotta nell’organizzazione anche rispetto alle barriere linguistiche per permettere una maggiore circolarità e partecipazione» (Antonia Sani, Wilpf-Italia).
In una Roma solare, non devastata dalla protesta civile, critica e autocritica, sul percorso europeo di evidenti successi e manchevolezze, nella tranquilla sede di Villa Lante le delegate hanno affrontato temi ineludibili: «Noi non pensiamo che gli stati nazionali possano risolvere da soli nessuno dei problemi interni ed internazionali con cui ci confrontiamo, meglio che nella UE. Il dibattito sulla sicurezza, nei modi in cui viene affrontato, non è quello delle politiche delle donne: i temi della la nostra sicurezza sono il lavoro, l’alimentazione, l’accesso pubblico alle risorse naturali fondamentali (es. acqua), la partecipazione alle decisioni democratiche. Non accettiamo risposte semplici perché il mondo è complesso e diritti e giustizia sono inseparabili.» (H. Meinzolt).
Parlare, nel clima attuale, di pace, d’iscrizione nelle politiche di genere, di contrasto al riarmo e agli armamenti, d’accoglienza e trasversalità, consolidamento dei diritti, mantiene la Wilpf nel solco scavato a L’Aja, nel lontano 1915, per volontà di 1136 donne provenienti da Paesi schierati su entrambi i fronti di guerra e oggi come ieri può sembrare utopico se non ci fossero quei 101 anni di esperienza nei vari continenti che dimostra l’attenzione e l’efficacia di un’organizzazione che si è mantenuta fedele a se stessa anche nell’organizzazione: le socie, le loro sezioni e gruppi nazionali, i loro gruppi di lavoro e commissioni permanenti, il Comitato esecutivo (ex com), la Commissione Internazionale (IB), il Congresso e la Wilpf International (due uffici internazionali che includono il segretariato, i programmi e le operazioni), la Wilpf Giovani (rete universitaria femminista, movimento globale di donne sotto i 35 anni che sostiene e diffonde nei campus le finalità associative, fornire dati e ricerche accessibili, rispondere alle necessità identificate dalle sezioni nazionali e di altre associazioni e reti di donne, essendo la Wilpf presente in tutti i continenti.)
«La Wilpf dell’Inghilterra si sente unita a quella della Scozia che è contro la Brexit, vuole continuare a vivere in una UE dei diritti e della partecipazione delle donne» ha affermato Heidi Meinzolt nell’intervista rilasciataci e, sfiorando il tema della Turchia e degli Usa (peraltro affrontati dall’assemblea con focalizzazione sull’immigrazione: «…non credo che finanziare un dittatore che opera contro la democrazia e specialmente contro le donne sia accettabile, così come non vedo nessun apporto pacificatore dell’attuale presidente degli Usa rispetto alle donne. La UE prosegue solo se denuclearizza, disarma, rispetta principi democratici, effettua politiche di parità e d’inclusione. Da qui il nostro motto ispirato a prendere le risorse e investirle nella pace che significa democrazia, politiche di genere, inclusione, contro un mondo sempre più diseguale, militarizzato e ingiusto.»
Nello scambio d’idee che ha caratterizzato l’incontro romano, è stato ribadito che solo queste politiche possono superare la retorica corrente e frenare la paura, l’odio, l’ignoranza, la mancanza di solidarietà, la xenofobia, il nazionalismo che attraversa i diversi populismi, anche nella UE, e questo imposta gli obiettivi che la Wilpf si è data per il 2017-2019: “patrocinare l’analisi e i diritti di genere nella prevenzione dei conflitti, nei processi di pace, nelle trasformazioni successive ai conflitti e nella presa di decisioni politiche. Contribuire alla messa in atto completa dell’o.d.g. del wps, inclusa la promozione della partecipazione significativa di donne impegnate nella pace e nella giustizia nei processi di pace e trasformazione sociale, a tutti i livelli. Sfidare i rapporti diseguali di potere basati sul genere e lavorare per trasformare le mascolinità negative e il patriarcato. (…) Far avanzare la pace femminista che richiede sia un pensiero che un’azione diversi riguardo la pace, la sicurezza, la giustizia economica e sociale e la sostenibilità ambientale. Pensare diversamente richiede una sfida allo status quo e la Wilpf intende sostenerla guardando alle cause di fondo della violenza, della militarizzazione, del neoliberalismo come ordine dominante.”
In merito ai temi affrontati dai 4 gruppi di lavoro, Antonia Sani ha sottolineato: «Abbiamo pensato a temi sul tappeto – ce ne sarebbero ben altri: istruzione, lavoro…- ma sui 4 selezionati (accoglienza dei migranti e richiedenti asili, Nato e disarmo, OCSE e clima, Del. ONU 1325 su pace e sicurezza e diritti umani), l’UE sta dando risposte non univoche e pericolose che bisogna impegnarsi a fermare. Questo significa “cambiare rotta”.»
Il documento d’apertura del meeting parla di visione e di missione basate su “uniche competenze, capacità, riflessione geografica e conoscenza e accesso ai contesti locali”; ribadisce “la condanna al militarismo, alla guerra e alla violenza da contrastare con un’economia politica che implica il rifiuto del consenso implicito che i governi e gli agenti non statali danno loro”; si dà per focus “il rafforzamento della presenza della Wilpf, a livello locale e regionale, soprattutto nelle zone più sensibili investite dalla guerra o dal post-guerra.”
Lo scritto denuncia le “ingiustizie ecologiche, legate a fattori economici e sociali, che mostrano una tendenza crescente all’instabilità globale causata da un rapporto insostenibile con l’ambiente. La dipendenza internazionale dalla produzione, ricerca e sviluppo di armi e altri strumenti richiesti dal militarismo, esaspera la guerra e la disuguaglianza in tutto il mondo. A livello globale, le spese militari superano la spesa totale per lo sviluppo delle tecnologie per nuove fonti di energia, per il miglioramento della salute umana, per l’aumento della produttività agricola e il controllo dell’inquinamento.” E ancora: “L’enfasi femminista recente e continua sull’economia politica femminista include la concentrazione sullo spostamento del denaro dalla guerra alla pace in termini di spesa globale e di identificazione e impegno con le realtà quotidiane; l’impatto di genere dei finanziamenti per la ricostruzione postbellica. (…) Occorre includere i fattori e gli interessi ambientali nell’analisi delle cause di fondo delle attuali criticità e nelle risposte per una pace giusta, offrire alternative non violente.”
Nelle “cinque tendenze globali chiave che costituiscono e costruiscono minacce alla pace e alla sicurezza”, dopo il “patriarcato, la militarizzazione, l’ingiustizia economica, sociale ed ecologica” al punto 4 s’elenca “la paura, la polarizzazione e la frammentazione incrementate da un pauroso aumento di retorica e di azioni finalizzate ad aumentare il timore, il senso di minaccia, la conculcata mobilitazione dell’azione civile i cui spazi si stanno restringendo. Ulteriore aggravamento è il fallimento e l’inadeguatezza dei decisori davanti ai conflitti cronici e alla continua corsa agli armamenti. Queste tendenze accrescono incertezza e instabilità politica in paesi prima considerati stabili e democratici segnalando una minaccia reale alla legittimità dei diritti umani, delle norme legali e della cornice normativa di pace mondiale, sicurezza e sviluppo emersa dopo la seconda guerra mondiale e che stanno mettendo alla prova la resilienza delle istituzioni e delle norme date per scontate nel sostegno alla pace e all’uguaglianza.”
Al punto 5, si parla di: “mancanza di meccanismi efficaci di realizzazione e responsabilità. Il sistema multilaterale ha sofferto di una mancanza di responsabilità, di trasparenza e di una messa in atto scarsa degli impegni. Come ha evidenziato lo studio globale del 2015 sull’Unscr, c’è una disparità consistente, che colpisce, tra gli impegni politici per la parità di genere e l’empowerment delle donne e le somme stanziate per raggiungerli. La mancanza di azione e di messa in atto rimane la sfida critica all’odg ovunque questo moltiplica i Paesi che gravano sulle donne e incrementa le mascolinità violente.”
Per delineare e sostenere le opportunità di cambiamento, la Wilpf ha dedicato largo spazio a come migliorare, nel prossimo biennio, il monitoraggio, la gestione del rischio, le risorse e il finanziamento, le politiche interne delle sezioni. Un partire da sé, ineludibile e anche autocritico, per proseguire la strada che ha contato, nel tempo, anche due donne Premi Nobel per la Pace.
Della storia della Wilpf-Italia, re-iniziata 28 anni fa, il 27 febbraio 1989, a Piacenza, ha parlato Giovanna Pagani che insieme ad altre co-fondatrici aveva militanze iscritte nell’impegno per i diritti umani e verso le donne in particolare. «Non fu un semplice riunire un nucleo di donne animate dalla stessa passione delle nostre pioniere wilpfers. Il mondo dell’associazionismo, anche femminile, era plurimo e già impegnato sul versante pace (es. Udi, Associazione per la Pace, Donne in Nero, ecc.). Il grande distinguo della Wilpf era il suo essere una Ong Internazionale riconosciuta dall’Onu e con rappresentanza permanente presso le sue Agenzie: Fao, Unicef, Unesco; dunque sarebbe stata una cassa di risonanza straordinaria delle problematiche nazionali e, contemporaneamente, un veicolo di mobilitazione nazionale su questioni internazionali. (…) Un gruppo di prestigiose donne che provenivano da svariati campi e che avevano marcatamente evidenziato il loro impegno per la pace e i diritti, in sintonia con i principi ispiratori della Wilpf, divennero nostre Socie Onorarie. (…) La sezione italiana, nel primo decennio del 2000 presieduta da Ada Donno e oggi da Antonia Sani, fu presentata al 24° Congresso Wilpf del 14/25 luglio 1989 che si tenne a Sidney, in Australia.»
Il nuovo Congresso Wilpf si terrà in Ghana nel 2018.