Mentre in Italia la mattanza di donne fra le mura domestiche e di
lavoratrici e lavoratori nei luoghi di lavoro procede in una complice
e connivente indifferenza, nella città di Napoli sommersa fra cumuli
mefitici d’immondizia si assiste all’ennesimo atto di violenza e
sopraffazione nei confronti di una donna, “rea” di aver usufruito
della legge 194.La sera dell’11 febbraio, infatti, alcuni solerti uomini in divisa hanno fatto irruzione, senza alcun mandato, nel reparto del Policlinico di Napoli in cui si eseguono le interruzioni di gravidanza, in cerca di una donna colpevole, a loro parere, di “feticidio” – in realtà la donna aveva abortito un feto morto.
Al crescendo di delirio feti-cista di queste ultime settimane
mancavano solo le forze dell’ordine.

Tutto ciò è ancora più paradossale se consideriamo che a Napoli e
dintorni l’esistenza delle discariche abusive stracolme di rifiuti
tossici è causa, da anni, di seri problemi alla salute delle
popolazioni locali.
_ Fra le innumerevoli sostanze tossiche basti citare
la diossina, spesso causa dell’endometrosi (con tutti gli effetti
connessi, fino alla sterilità femminile) e delle malformazioni fetali.

Non smetteremo mai di ripeterlo: a oltre 30 anni dal crimine
dell’Icmesa di Seveso, il rapporto tra nocività, produzioni di morte e
difesa ipocrita della vita permane invariato: mentre intere
popolazioni vengono avvelenate in nome del profitto col benestare
delle istituzioni, ad essere perseguitate e criminalizzate sono le
donne che abortiscono.

Per quanto riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza, si sta
passando dalla già grave obiezione di coscienza ad una vera e propria
abiezione di coscienza.

Di fronte a questa rapida e crescente degenerazione pensiamo sia
sempre più urgente dare risposte concrete e rilanciamo con forza la
campagna ‘Obiettiamo gli obiettori’, come primo passo per un percorso
di autodeterminazione e autodifesa del corpo, della salute e della
vita.