Abitare il mondo, sentirsi a casa. Un antidoto al razzismo
Le donne e le associazioni di donne, italiane e migranti, che fanno riferimento alla Casa internazionale delle donne di Roma, aderiscono alla iniziativa del 18 dicembre 2008, giornata dedicata dalle Nazioni Unite ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori migranti, e al presidio che si tiene oggi a Roma in piazza Colonna Antonina dalle 10 alle 14.Ci sentiamo tutte minacciate dall’attuale situazione italiana di emergenza sociale e democratica, che colpisce lo stato sociale, che esclude le immigrate e gli immigrati dai diritti sociali e civili: diritti disuguali significano meno diritti per tutte/i.
_ Le {{politiche razziste contro l’immigrazione dell’attuale governo}} alimentano e si combinano con nuove forme di razzismo popolare – troppi ormai gli episodi di disumanità e violenza -, fondate su stereotipi e pregiudizi contro “lo straniero e il diverso”.
_ Il risultato è una democrazia dimezzata , perché ogni forma di discriminazione e di razzismo è il contrario della democrazia.
Riteniamo inoltre {{necessario approfondire il rapporto tra diritti universali e culture diverse da quella occidentale}}, i modi in cui sessismo e razzismo si intrecciano e producono ingiustizia, discriminazione e sfruttamento.
_ Questo intreccio complesso assume sia la forma di un incrudimento del razzismo se si tratta di donne straniere, sia di una loro tutela in nome di una presunta superiorità dell’Occidente. E’ un uso distorto del femminismo, allo scopo di dimostrare che “il mostro è fuori di noi”: noi siamo civili mentre “loro” sono barbari e violenti. Ma noi donne sappiamo bene che la violenza contro il genere femminile è un fenomeno trasversale che attraversa tutti i paesi, le culture, le religioni, gli strati sociali.
{{I provvedimenti del Governo colpiscono in particolare le donne migranti}}, e con loro tutte noi.
{{Diciamo no}}
– agli ostacoli frapposti dal governo per il ricongiungimento familiare, per i matrimoni misti e per l’iscrizione anagrafica, che è condizione fondamentale per l’esercizio di tutti i diritti in quanto cittadine/i di un Comune
– agli ostacoli per il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno
– ai gravi pericoli per la salute delle donne migranti derivanti dalla proposta di impedire loro l’accesso al Servizio sanitario nazionale se prive del permesso di soggiorno
– alle classi differenziali per i figli delle migranti. I bambini nati in famiglie di immigrati che vivono stabilmente in Italia devono crescere senza discriminazioni e poter acquisire automaticamente la cittadinanza italiana
– a un diritto penale differenziato per lo straniero, che in nome della “sicurezza” prefigura un diritto diseguale, caratterizzato da restrizioni delle garanzie fondamentali e da gravi limitazioni del diritto di circolazione e soggiorno (Jus migrandi, art.35 della Costituzione italiana)
{{L’evidenza dei numeri}}
Gli {{stranieri residenti in Italia sono oggi circa 4 milioni, dei quali la metà donne e 800.000 i minori}}, in totale il 6,7% della popolazione.
_ Due milioni i lavoratori, donne e uomini immigrati regolari che lavorano, {{pagano 4 miliardi di tasse e producono il 9% del Pil}}, svolgendo lavori faticosi, sottopagati, senza pari diritti e opportunità. Pagano cioè in lavoro e tasse molto più di quanto ricevono in termini di servizi e previdenza.
_ {{Un milione ed oltre gli immigrati irregolari}}, costretti dalle limitazioni imposte dalla Legge Bossi-Fini e dai provvedimenti del governo, al lavoro nero, senza diritti e con il ricatto dell’espulsione.
Le {{domande dei datori di lavoro italiani (imprese e famiglie) superano ogni anno di gran lunga le quote di ingressi di lavoratrici e lavoratori stranieri}} che i governi considerano ammissibili (decreti flussi).
_ {{Nel 2007, 740.227 domande di regolarizzazione contro 170.000 ingressi consentiti}}.
_ Nel 2008 il decreto flussi ne prevede 150.000, di cui 105.000 per “colf e badanti”: giustissima la loro regolarizzazione, ma anche tutti gli altri/e devono essere messi in regola, altrimenti questa restrizione assume il senso non di rispettare i diritti di tutte le lavoratrici e lavoratori stranieri, ma soltanto quello di supplire alla carenze di assistenza familiare pubblica che gravano sempre più sulle famiglie italiane.
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