Adolescenti, dal controllo alla fiducia: le 5 cose da fare
Accettare di andare in crisi quando si hanno figli o figlie adolescenti. Scoprire che è possibile divertirsi con loro. Resistere alla tentazione di controllarli a loro insaputa. Non dare regole solo per ridurli all’obbedienza. Ricordarsi che il gaming compulsivo mantiere l’unico equilibrio possibile e gli interventi drastici (come togliere la console) possono portare a problemi maggiori. Più che di dipendenza da Internet, “un fenomeno molto complesso”, Federico Tonioni, psichiatra, psicoterapeuta e ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che da diversi anni si occupa di dipendenze patologiche e adolescenze difficili, preferisce parlare di “nuove forme di assenza dei genitori” e rispetto a quelle indicare le priorità.
I genitori dovrebbero accettare di andare in crisi quando il loro figlio diventa adolescente – dice – perché un adolescente non fa l’adolescente quando compiace i genitori. Questi devono mettersi in discussione, anche se significa navigare a vista, non è detto che ci riescano, ma devono provarci perché i figli devono vedere la fatica che facciamo per loro”. Nel caso di bambini più piccoli i genitori dovrebbero scoprire che è possibile divertirsi con loro. “Ogni app è una formidabile babysitter, ma qualsiasi gioco, tablet, telefono dovrebbe essere dato a un figlio in senso condiviso, non sostitutivo. Mamme e papà devono giocare con loro, magari male perché non sono bravi, e divertirsi”.
Il controllo non va bene, la fiducia sì. “Bisogna resistere alla tentazione di controllare un figlio a sua insaputa, password e cellulare compresi, perché controllargli il telefono significa entrare nella sua intimità – spiega –. Un’azione sana non è il controllo, che fa male sia a chi lo fa sia a chi lo subisce, ma la fiducia. Anche in questo caso, non è detto che ci si riesca, ma bisogna provarci”. Perché, prosegue, “se si riesce a tenere sotto controllo l’ansia e ad avere fiducia, si resterà meravigliati quando nostro figlio ci mostrerà un lato di sé che non ci aspettavamo”.
Le regole devono avere un senso, non solo l’obiettivo di ridurre all’obbedienza, perché: “Ogni volta che ubbidiamo accumuliamo rabbia e la rabbia non aiuta a crescere – chiarisce Tonioni –. La regola deve innescare una trattativa durante la quale genitori e figli imparano a conoscersi e che si conclude con un compromesso ovvero il punto di maggior sforzo delle due parti. È un confine sottile che permette anche ai genitori di crescere”. Dietro a ogni dipendenza c’è un’angoscia “e, nel caso del gaming, le ore trascorse davanti al computer sono un tentativo di tenerla sotto controllo – dice lo psichiatra –. Quindi non servono interventi drastici, perché potrebbero innescare esplosioni di rabbia e problemi maggiori”.
Dal 2009, Tonioni dirige l’ambulatorio sulla dipendenza da Internet del Policlinico Gemelli di Roma oggi Centro pediatrico interdipartimentale per la Psicopatologia da web, dal quale sono passati 1.500 nuclei familiari dall’apertura a oggi. “Non lavoriamo sull’iperconnessione, che di per sé non è un problema, ma lavoriamo sul ritiro sociale, sul ritiro dalle relazioni. Uno dei passaggi difficili della crescita è quello tra le medie e le superiori, i ragazzini che non reggono il trauma, si ritirano dalle relazioni e le realizzano solo online – dice Tonioni – Il problema non sono le ore di connessione, quello è un fenomeno evolutivo che in alcuni casi può diventare patologico, ma sono le emozioni perché sul web la comunicazione digitale è reale, ma non è completa: manca la comunicazione non verbale, quella delle emozioni, i contenuti sono ridotti e si interpreta di più. E quando si interpreta di più si tende a pensare in modo paranoico”.