Affidamento condiviso e maltrattamenti
Le motivazioni di una recente sentenza della Cassazione, che affida in via esclusiva alla madre la figlia, indicano come il potere della magistratura sia anche quello di fare cultura.Dal 2006 l’affidamento condiviso è legge. Tanti anni di dibattito alle Camere, tanta attenzione da parte dei media. Dopo circa sei anni possiamo fare un bilancio sulle modalità e sugli effetti della sua applicazione.
{{Il principio ispiratore di tutta la legge}} è la protezione degli interessi del minore, che devono essere al centro della separazione, garantendo loro una parità di accesso ad entrambe le figure genitoriali, senza discriminare né il padre, né la madre, entrambi artefici e protagonisti di un comune progetto educativo, di crescita e di istruzione relativo ai figli, che deve tener conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli stessi. Esiste un genitore collocatario ed esistono modalità di frequentazione con il genitore non convivente.
Affidamento condiviso non vuol dire però una divisione dei tempi dei figli in modo paritetico con ciascun genitore.
La modalità dell’affidamento condiviso costituisce la priorità, esiste poi {{la possibilità che il Giudice affidi il figlio ad un solo genitore}}, qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Poche e generiche parole, che lasciano ampio spazio alla{{ discrezionalità del magistrato,}} il quale deve valutare e dare un contenuto alla pregiudizialità della condotta di uno dei due genitori, rispetto all’interesse del minore.
A tal riguardo, mi è sembrata molto significativa {{una recente sentenza della Cassazione }} che ha confermato la decisione della Corte di Appello, secondo cui la figlia Daria andava affidata in via esclusiva alla madre. L’interesse della motivazione nasce dalle ragioni poste a base della scelta operata dai Giudici di secondo grado, per i quali dai comportamenti del marito e dei suoi genitori emergono manifestazioni di sostanziale disprezzo per la moglie, da parte di tutti i membri della famiglia, manifestazioni che, per la disinvoltura con la quale sono state poste in essere e per la loro gravità, non consentono di ritenere che si trattasse di esternazioni occasionali, estemporanee ed improvvise (d’altronde anche se si esternassero con tali modalità non sarebbero ugualmente tollerabili) e fanno, invece ritenere verosimile che siano{{ frutto di un prolungato e graduale deterioramento dei rapporti}}, favorito dalla contiguità abitativa delle due famiglie.
Secondo la Corte, il marito ha abdicato alla tutela del proprio nucleo familiare e della dignità della propria moglie, mantenendo una condotta che conferma la valutazione compiuta dai consulenti d’ufficio circa l’esistenza di una sua dipendenza non ancora risolta con la madre.
In ragione di tale contesto, i Giudici hanno altresì ritenuto pregiudizievole per la figlia una frequentazione assidua con il padre, essendo piuttosto necessario ridurre il più possibile i contatti tra i genitori; le modalità di incontro padre/figlia sono state ridotte ad un solo giorno alla settimana, senza riconoscere ai nonni paterni un autonomo diritto di frequentazione della nipote. Decisione che risponde molto bene alle difficili condizioni che tante donne sono costrette a subire.
La violenza verbale, la denigrazione, {{lo svilimento della figura della donna}}, del suo ruolo di moglie e di madre sono fenomeni che ricorrono molto spesso nelle famiglie in cui il marito per motivi culturali e per un patologico legame con la famiglia d’origine sottovaluta la donna, relegandola ad un spazio inesistente. Inutile dire che tale condotta crea dei danni a volte irreversibili nella donna, la quale si vede sottoposta ad un logorio mentale che lentamente la porta ad una totale disistima di se stessa e ad un annientamento della propria immagine e della propria figura. Tutto ciò ha delle ricadute assai gravi sulla sua vita perché, ovviamente, sia per la pressione psicologica esercitata dall’uomo, sia per gli effetti che tale condotta comporta, la donna è relegata ad un ruolo talmente marginale che non le consente alcun inserimento in una realtà lavorativa e sociale.
Da qui l’importanza della decisione su commentata, la quale coglie molto bene la patologia della condotta maschile e ha liberato la donna da una condizione di sottomissione, restituendole {{uno spazio per ricostruire la sua persona e la sua vita}}.
E’ importante capire che il potere della magistratura è anche quello di fare cultura; nelle aule dei Tribunali le decisioni dei Giudici contribuiscono a formare la società, anche le sentenze possono avere un effetto pedagogico sulle persone. Giudici sensibili al fenomeno della violenza, di qualunque forma essa sia, possono significativamente contribuire alla formazione di una società migliore.
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