Afghanistan: missione di pace o missione di guerra?
Il nostro paese sta vivendo in uno stato di guerra permanente con le truppe dislocate secondo dottrina Nato, in varie parti del mondo e soprattutto in Afghanistan (circa 3500 soldati pronti a diventare 4000).{{Le spese militari ammontano a € 65 milioni al mese}} per la missione militare, e se verrà confermato il contratto per la produzione e l’acquisto degli F35 {{si spenderanno in 16 anni ulteriori €16 miliardi }} questo a fronte di una crisi cui si fa fronte con drastici tagli alla scuola, università, ricerca, sanità, servizi sociali, cultura.
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L’atteggiamento di accettazione dell’intervento in Afghanistan}},indotto dalla “natura di missione di pace” senza attacchi di guerra aperta, si diceva sta gradualmente lasciando il posto a un nuovo disagio, sta diventando insopportabile il ritorno di morti e feriti da una guerra di cui non si capisce il senso e il fine mentre il numero di vittime civili fra la popolazione afgana cresce ogni giorno.
{{Ci si perde nelle discussioni su come garantire la sicurezza per i nostri soldati}}, ma la guerra non garantisce e non potrà mai garantire nessuno, e soprattutto la popolazione civile che continua ad essere martoriata e la cui morte per mine, sotto i bombardamenti e per attacchi kamikaze viene considerata inevitabile e ora sono arrivati anche i droni.
In realtà quella che è stata spacciata come “missione di pace” e decisa senza transitare per Parlamento è ormai una conclamata “missione di guerra” il cui prolungamento e finanziamento viene periodicamente ratificato dai nostri parlamentari a larghissima maggioranza Noi Donne in Nero siamo sempre state contro la guerra perciò anche contro l’intervento militare in Afghanistan.
Quindi {{riteniamo necessario assumere una maggiore responsabilità nei confronti di questo teatro di guerra}} e della partecipazione dell’Italia,impegnandoci anche nella denuncia della proposta del ministro della difesa di dotare di bombe i nostri aerei nella prospettiva di bombardamenti in spregio alla nostra Costituzione (Art.11)
La guerra in Afghanistan, proprio perché ha assunto un valore simbolico di lotta al terrorismo è stata per un tempo ammantata di “buone ragioni” fra cui la “liberazione delle donne dal burqa e dall’oppressione dei talebani, ma {{con l’andare del tempo è emerso di fronte all’opinione pubblica, tutto il marciume e la corruzione che c’è sotto l’occupazione NATO}} e i veri interessi che l’hanno ispirata.
Nello stesso tempo da parte nostra, lo sviluppo di relazioni con gruppi di donne come RAWA; HAWCA e altre a partire da Malalai Joya e le informazioni che ci arrivavano, hanno svelato la capacità di resistenza attiva e non armata della popolazione ma soprattutto delle donne afgane, il coraggio che permette loro di dire apertamente e senza temere conseguenze che vogliono la fine di ogni azione di guerra, dell’occupazione militare e del potere dei signori della guerra e
dell’oppio.
Dice {{Mehmooda}}, militante dell’organizzazione RAWA, quella più minacciata per le sue posizioni radicali «{{Le truppe della coalizione devono ritirarsi}}. Il disastro in cui ci troviamo è provocato dai talebani, dalla guerra e dall’occupazione, dal governo dei fondamentalisti. Tutte parti di uno stesso gioco. La maggioranza dei talebani si vende al miglior offerente.
_ Sono pedine degli Stati confinanti in funzione antiamericana. Ma anche con gli americani fanno accordi. Giustificano l’occupazione e servono a Karzai per bilanciare lo strapotere dei warlords. Il suo governo sta in piedi solo col sostegno degli Usa che continua a riempire le loro tasche di dollari e il Paese di morti innocenti.
Se le truppe si ritirassero, non sarebbe un paradiso, ma questi fantocci crollerebbero, sarebbe più facile sbarazzarsene. E finirebbe l’incubo dei bombardamenti» .
Così in Spagna alla consegna di un premio{{ Malalai Joya}}, a noi tutte nota, indossava a sorpresa una maglietta con scritto “No to NATO”.
_ Queste donne sono punto di riferimento per intere popolazioni per la capacità che hanno dimostrato di saper interpretare il loro dolore e cogliere le loro necessità, di qui la fondazione e la gestione diretta di ong per le donne, per l’istruzione di bambine e bambini che già clandestinamente era portata avanti sotto il regime dei talebani, l’impegno politico ed umanitario irto di difficoltà e gravi rischi.
Le donne vengono espropriate della possibilità di decidere sulla guerra, sono insieme ai bambini il target del massacro dei civili ma sono consapevoli della sua inutilità e crudeltà, capaci di interpretare il senso di questa e di altre guerre, {{dobbiamo sostenerle e metterle di nuovo nella nostra agenda di politica internazionale}} e chiedere fermamente la fine dell’occupazione, il ritiro delle truppe italiane e non, cercando di contribuire a ricreare un movimento contro la guerra.
Le variegate voci della società civile che stanno acquistando sempre maggiore importanza nel panorama politico afghano, e che costituiscono la resistenza democratica e nonviolenta parla una sola lingua quella che dice “fuori le truppe di occupazione, basta con il governo corrotto di Karzai, basta con il sostegno più o meno occulto ai talebani, ai signori della guerra e dell’oppio da parte delle truppe di occupazione”.
{{Non è più possibile ignorare gli appelli numerosi e pressanti delle donne e dei democratici afgani}} per la fine della guerra e dell’occupazione, lottare contro la guerra è il nostro impegno costante e quindi a maggior ragione contro una guerra portata avanti anche dal nostro paese.
{{Chiediamo a tutti i soggetti del mondo pacifista, nonviolento e femminista di aderire a questo appello}} e di unirsi a noi individuando insieme pratiche, strumenti E forme di lotta che possano permetterci di far terminare questa guerra senza lasciare che l’Afghanistan diventi l’ennesima grande base militare nato e che le forze più corrotte e violente mantengano il potere.
{{{ – Art.11 della costituzione italiana
}}}
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
– {{Per adesioni}}: donneinnero.bo@gmail.com
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