ALCUNE VALUTAZIONI A CHIUSURA DEL SEMINARIO: “L’AMORE AL TEMPO DEL COLERA. NUOVE FORME DI DOMINIO, CONCRETEZZA DEI BISOGNI E DEI DESIDERI, SOLIDARIETà ED EMPATIA
Il tema , l’”amore al tempo del colera”, che abbiamo scelto per il nostro seminario annuale ci ha positivamente travolto.
A conferma che la dimensione politica , a cui come associazione femminista non vogliamo rinunciare, non può fare a meno delle passioni e delle emozioni se vuole mantenere il significato originario della politica stessa. Cioè il partecipare con consapevolezza di sé e del mondo alla vita della polis.
Parlare di “amore” nelle sue differenti articolazioni e dimensioni ha rafforzato i nostri legami e quindi il nostro desiderio di continuare a camminare insieme.
“…quando le donne vivono la propria autenticità e la condividono…ecco, in quei momenti, accade un vero incontro generativo…” Così ha scrittoSilvia Dradi alla fine dell’incontro . Crediamo che queste parole rendano bene l’idea di quanto è avvenuto.
La prima sessione del seminario si è aperta con i contributi di Silvia Dradi ( “Appunti sull’amore”), Emanuela Garibaldi (“L’amore come forza rivoluzionaria”) e Danila Baldo (“Amore, violenza, autodeterminazione”).
Grazie alla corposità ed all’ampiezza dei contributi il confronto è stato intenso, serrato e partecipato.
I numerosi interventi hanno dimostrato quanto il personale non possa che essere politico e viceversa.
La storia cioè non può che camminare sulle gambe di donne ed uomini in carne ed ossa ma al contempo donne e uomini fanno parte di una storia collettiva che incide sulla costruzione del loro sé.
Impossibile riportare la ricchezza del confronto, si possono comunque evidenziare alcuni spunti di riflessione :
- a) parlare di “amore” costringe a mettere in gioco se stesse/i e fare i conti con paure, alienazioni, narcisismi, desiderio, bisogno di potere (dominazione) e possesso (proprietà privata) , stereotipi, giudizi e pregiudizi, idealizzazioni, corporeità e spiritualità… L’amore , se non lo si banalizza o semplifica non è mai facile né semplice perché costringe a ripensare a se stesse/i in relazione con l’altra/o da sé ;
- b) ma “la vita emotiva non inizia e non finisce nell’io”. Se non si riconoscono le emozioni some veri e propri fenomeni sociali si scarica sul soggetto tutta la responsabilità della sua condizione materiale (se ho un lavoro o una vita precaria è perché sono una/un fallita/o).
Al contrario le emozioni, i sentimenti e quindi anche l’amore sono strutturati su una grammatica di valori, istituzioni e schemi culturali che trascendono gli individui, donne ed uomini. Si può dire quindi che la grammatica dell’amore è il prodotto dei sistemi di dominazione patriarcali e capitalistici;
- c) se questo è vero non può che essere vero il contrario e cioè che , se si prova ad agire rotture con i sistemi di dominazione, emozioni, sentimenti, amore possono essere considerati come un’energia originaria che si manifesta nell’aprirsi all’altra/o senza alcuna aspettativa di profitto. Dentro la crisi e la restaurazione autoritaria che sembra accompagnarla, continuare a credere possibili nuovi modelli di società non può che voler riscoprire la forza rivoluzionaria dell’amore inteso come simpatia, empatia, compassione, rispetto, solidarietà;
- d) e dunque come possiamo da femministe riportare al centro della politica il bisogno e la pratica di un agire solidale capace di rompere con il quadro di compatibilità imposte dai sistemi di dominazione?
Forse non dimenticando o rimuovendo la natura sessuata e di classe dei processi in atto?
Forse ragionando su come agire un femminismo consapevole capace di recuperare la relazione interpersonale nel segno del prendersi cura di sé e delle/degli altri in una dimensione di libertà e non di subordinazione?
Forse agendo dei percorsi di educazione (ed autoeducazione) permanente per costruire in forma collettiva indispensabili ponti fra condizione materiale e coscienza di sé?
Nella seconda sessione ci siamo chieste se “ la maternità per altri può essere considerata un forma d’amore o un dispositivo patriarcale”. Abbiamo ragionato su questo tema con Daniela Danna, docente della Statale di Milano.
La relazione di Danna , corposa e ben documentata, sarà disponibile sul suo blog http://www.danieladanna.it/) e ad esso si rimanda.
La discussione fra noi è stata serrata ed articolata. Non siamo riuscite a rispondere alla domandona che c’eravamo poste ( forma d’amore o dispositivo patriarcale?) quindi il confronto tra noi dovrà necessariamente continuare.
Forse però dovremmo accettare il fatto che una riposta netta non possa esserci.
Per il momento possiamo dire di condividere due questioni di quadro generale:
-siamo contrarie al mercato cioè sfruttamento seriale e di classe delle gravidanze (come purtroppo avviene in alcuni paesi dove la povertà induce molte giovani donne a procreare per altri trasformandosi in mere incubatrici);
-riteniamo che non si possano negare o dimenticare che i soggetti coinvolti in questa pratica e i bisogni ed i desideri di cui sono portatori non sono riferibili solo alle persone adulte;
e su una considerazione politica:
– se è vero che la pratica della maternità per altri riguarda in larga misura coppie eterosessuali è altrettanto vero che essa è stata indicata soprattutto come rivendicazione di larga parte del movimento gay e lesbico.
Un movimento la cui carica potenzialmente rivoluzionaria (la messa in discussione del modello tradizionale di famiglia cioè una delle strutture portanti del sistema patriarcale) rischia di perdersi nel momento in cui le rivendicazioni di cui è portatore sostengono la struttura sociale dominante (la famiglia fondata sul matrimonio e con figlie/i).
Su tutto il resto (desideri di maternità e paternità, senso del limite, questioni giuridiche e legislative, ricadute politiche, …) avremmo bisogno di riflettere ancora. Lo faremo.(aprile 2016)
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