Alla ricerca di una puntuale agenda politica
Di nuovo sparite? Chi? Da dove? Ma dai media non certo dal territorio. Sono quelle che vogliono cambiare il Paese. Una pretesa eccessiva? Ma no! Quando lo si vuole – con determinazione – nulla è impossibile.Breve dialogo che può essere immaginato come sottofondo a {{due iniziative}} che si sono tenute a Roma l’1 e il 2 ottobre.
La prima in via dell’Arco di Parma tra{{ l’Udi Nazionale e il Comitato Promotore di Se non ora quando}}, la seconda alla Casa Internazionale delle Donne tra {{il Comitato Promotore di Se non ora quando e le delegate territoriali }} in rappresentanza di quegli aggregati di associazioni , gruppi e persone singole che dopo il 13 febbraio e dopo l’incontro di Siena hanno continuato a vedersi portando avanti iniziative locali o regionali ma anche momenti di analisi per capire come intervenire subito.
Non c’è più tempo! Vanno cambiate le forme della politica, va ridata dignità alla cultura, pensata un’economia che abbia al centro la persona e non l’accumulo del profitto. Ricchezze gestite solo per garantire il potere di pochi.
La dignità delle persone e in particolare delle donne, non deve essere più uno slogan ma una pratica di relazioni!
L’incontro del primo Ottobre era stato richiesto da {{Pina Nuzzo}}, responsabile dell’Udi Nazionale, a Siena quando, intervenendo dal palco, si era chiesta quali regole si potevano dare due soggetti politici nazionali per lavorare assieme. Visto che l’Udi già da anni aveva portato avanti iniziative sulla rappresentanza politica (50/50), sull’uso del corpo delle donne in pubblicità (Immagini amiche) e sulla violenza alle donne. Dunque come è possibile una inclusione senza che un soggetto politico come l’Udi, con una storia lunga 65 anni – come ha ricordato, in modo puntuale, nella sua[ relazione->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=9188] {{Rosanna Marcodoppido}} – non venga cancellato? E’ possibile ignorare l’identità politica di centinaia di donne che hanno lottato e lottano anche contro l’indifferenza di una informazione che si dice amica?
Il come rendere attiva {{una necessaria sinergia }} è stato preso in esame proprio durante questa riunione dove i numerosi interventi, compresi quelli di {{Valeria Fedeli }} e {{Sara Ventroni }} di SNOQ, hanno individuato, come la possibile quadratura del cerchio, sia data dalla definizione di una agenda con dei punti in comune sui quali impegnarsi.
La risposta concreta è venuta il giorno dopo. Durante l’incontro, alla Casa Internazionale delle Donne, del Coordinamento dei comitati territoriali di SNOQ, la rappresentante di Bologna ha proposto che uno dei punti dell’agenda doveva essere{{ il lavoro, il precariato, la disoccupazione, il welfare}} senza dimenticare che al centro di questi problemi c’è {{la donna con il suo corpo}}.
Nel proporre questo impegno ha ricordato che {{il 15 ottobre l’Udi ha organizzato a Bologna un’ Anteprima del congresso su lavoro-non lavoro e welfare}} proposta e gestita dalle giovani donne dell’Udi.
Dunque questo appuntamento poteva essere pensato come una {{tappa intermedia per arrivare a novembre}} con un nuovo incontro nazionale allargato a tutte, sempre a Bologna, su questi temi.
Così facendo si può garantire più tempo affinché altri gruppi, comitati, associazioni o persone con competenze specifiche si preparino. Questo punto dell’agenda però non può prescindere da dove il lavoro viene esercitato, siano essi luoghi pubblici o privati ma anche dalle modalità stesse del lavoro.
Da questo incontro nazionale dovrebbero uscire delle proposte sulle quali andare a confrontarsi a 360 gradi con tutti, partiti ed istituzioni.
Durante la riunione del coordinamento dei comitati SNOQ si è discusso anche di altri problemi e di come risolverli, tra questi {{come organizzarsi tra soggettività diverse}} senza creare conflitti detrattivi e come costruire visibilità e consenso nel territorio. Si è parlato di come pensare una città che garantisca spazi e tempi dove le donne possano sentirsi cittadine.
Durante la pausa pranzo {{Elisabetta Canitano}}, che però non si era iscritta a parlare, mi ha fatto notare come in nessun intervento era stato affrontato il problema della sanità. Ma forse anche questo potrebbe rientrare come uno dei settori coinvolti dalle problematiche del lavoro-non lavoro e del come si lavora.
Va detto che{{ il denominatore comune }} di tutti gli intervenire è stato quello di sottolineare {{la volontà di non piangersi addosso}}, di non recriminare o rivendicare per la melma che ci arriva ormai agli occhi. Bisogna reagire con lucidità per individuare come uscirne. Bisogna lavorare sui contenuti, sull’organizzazione e sulle alleanze.
E’ stata richiesta con forza quella delle giornaliste perché uno dei problemi sollevati è quello della rappresentazione.
E’ stato sollevato anche {{il problema della rappresentanza}}.
{{Marisa Rodano}} ha parlato del suo gruppo che da tempo lavora su questo. Non bisogna che ci dividiamo sul tipo di legge elettorale, ma dobbiamo essere unite nel chiedere fin da oggi ai partiti – le elezioni sono prossime – di inserire nelle liste una donna, un uomo, una donna un uomo… o viceversa.
Quando si è più del 50% della popolazione {{non si può più parlare di quote ma di rappresentanza di genere.}} Su questo argomento altri interventi hanno sottolineato come sia necessario anche prendere parola sulle competenze. Non ci basta un uomo o una donna qualsiasi, ma una persona che sappia muoversi con sapienza e conoscenza.
L’ignoranza dei rappresentanti -è stato detto- oltre a creare danni oggettivi per scelte sbagliate aumenta anche i costi dei bilanci pubblici per la continua richiesta di competenze esterne.
E’ pensabile lavorando come abbiamo lavorato fin qui – ha sottolineato {{Francesca Comencini}} – arrivare a dicembre preparate per promuovere {{un’altra iniziativa nazionale che abbia la forza di quella del 13 febbraio.}} Se deve essere uguale la forza non può però essere uguale nella forma.
E’ vero – ho pensato mentre lo diceva – perché è passato quasi un anno e il ripeterla darebbe un segnale di staticità.
Dovrà essere {{una manifestazione capace anche di poter dire come vogliamo questo Paese}}. E come lo vogliamo anche in rapporto all’Europa. Come aveva ricordato {{Donatella Artese}} durante il dibattito.
Sì ce la possiamo fare!
{{Ora bisogna individuare la forma}} di questa manifestazione nazionale. E qui la parola tornerà ai comitati territoriali.
Tra le proposte delle delegate, quella ripresa più volte è stata di portare tutta l’esperienza, fin qui accumulata, in un confronto da fare in una piazza {{dove i corpi si possano incontrare per parlarsi }} come è stato a Siena. Ma avendo pensato dicembre come data possibile è stata lanciata l’ipotesi anche di poter convenire in tre grandi teatri al nord, al centro e al sud d’Italia. L’importante è costruire delle soggettività politiche capaci di contrattualità potente. Una contrattualità diffusa nel territorio ma con una forza nazionale.
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