ANCONA – Il primo convegno nazionale “Basta compiti, non è così che si impara”, ha avuto luogo a Jesi
Articolo di Carla Fedele*
— Il primo convegno nazionale “Basta compiti, non è così che si impara”, ha avuto luogo a Jesi (Ancona) in una due giorni di lavoro intensi. Venerdì 19 e sabato 20, insegnanti di tutte le parti di Italia si sono ritrovati per conoscere e approfondire maggiormente il tema della campagna Basta compiti, “per una scuola a compiti zero”. La proposta non è nuova: nel 2012 Maurizio Parodi, dirigente scolastico genovese, ha pubblicato l’omonimo libro in cui con rigore spiega che non dare compiti, in particolare nella scuola dell’obbligo è possibile e quanto mai necessario.
Il pomeriggio di venerdì si è svolto nella magnifica cornice del teatro Pergolesi. Ospiti del convegno lo stesso Parodi (che ne è stato anche promotore), che ha tenuto l’ intervento dal titolo “Per una scuola a Compiti Zero”, il dirigente Francesco Savore dell’IIS Pieralisi di Jesi che ha organizzato l’evento con Parodi e ha condotto i lavori, Maurizio Pincherle, neuropsichiatra infantile, esperto di problematiche dell’età evolutiva con una relazione su “Il ruolo dei neuroni nell’apprendimento”. E ancora, sono intervenuti: Agostino Basile, pedagogista clinico, responsabile scientifico del Gruppo Nazionale Pedagogia Preventiva, su “Movimento, Apprendimento, Relazione” e Annunziata Brandoni, giá dirigente scolastico, pedagogista, esperta di disagio giovanile su “L’insegnamento di Montessori e Freinet”.
Il convegno ha inoltre visto la nascita ufficiale di una “Rete di Docenti e Dirigenti a Compiti Zero”.
Gli interventi dei relatori
Maurizio Parodi ha spiegato che i compiti sembrano una tematica da poco, ma invece hanno degli effetti molto pesanti non solo sulle vite degli studenti ma anche delle loro famiglie, soprattutto durante le vacanze. Ha sottolineato che la proposta Basta compiti fa ancora poca presa su molti insegnanti, genitori e docenti perché non offre un prodotto preconfezionato, non richiede qualcosa in più, anzi chiede di togliere, di fare meno, in una scuola quella dell’obbligo che è appesantita da molti progetti e che per questo tende a perdere di vista quello fondamentale il “progetto scuola”.
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Anche il Maurizio Pincherle é stato sul tema degli eccessi, facendo riferimento alle iperstimolazioni a cui sono sottoposti i bambini e i giovani di oggi che dispongono ciascuno come di tre paia di occhiali sovrapposti che chiaramente gli impediscono di vedere bene. Ha denunciato il sempre maggior numero di bambini e bambine che soffrono di sindrome depressiva e si presentano da lui eccessivamente stressati. Pincherle ha parlato dell’importanza della felicità nell’apprendimento, ricordando che anche i teatri sono nati per dare cultura, gioia e felicità e quindi come luoghi di cultura insegnavano e le persone lì apprendevano con gioia. Un po’ come avviene anche oggi con il cinema. L’insegnante che sa motivare avrà alunni curiosi ed entusiasti, ha spiegato, sottolineando quanto sia fondamentale la motivazione nell’apprendimento. I ragazzi non sanno perché studiano e a sedici, diciassette anni non sanno ancora cosa vogliono fare, invece dovrebbero saperlo per avere chiari i motivi dello studio.
L’intervento di Pincherle ha poi affrontato il tema del movimento ricordandone l’importanza nella prima infanzia: intorno ai tre/quattro anni un bambino non può stare seduto in un banco a lungo, potrebbe subire danni anche gravi!
Dell’importanza del movimento ha parlato pure Agostino Basile. Il pedagogista clinico, pur elogiando l’associazione Nati per leggere, ha ricordato che i bambini sono nati prima per muoversi denunciando che troppe ore di scuola e poco movimento sono malsani. Tra le altre cose, si impara in bottega come gli artigiani, come Giotto, perciò occorre tornare all’esperienza diretta, alla pedagogia della scoperta e del lavoro condiviso. Si impara di più lavorando a scuola, condividendo le esperienze, senza lezioni frontali. Il cervello funziona meglio quando è a riposo, non assegnando i compiti a casa, i bambini hanno il tempo del riposo. Basile ha ricordato anche che l’Organizzazione mondiale della sanità denuncia da tempo che gli studenti italiani sono tra i più stressati d’Europa.
La pedagogista ed esperta di disagio giovanile, Brandoni ha invece ricordato due figure storiche della pedagogia attiva l’italiana: Maria Montessori e il francese Célestin Freinet di cui ha pure citato l’opera I detti di Matteo, da cui appunto il detto: “Il cavallo non può bere se non ha sete”. Il cavallo naturalmente è metafora dell’alunno al quale non si può dare ciò che non lo interessa. Da qui la riflessione su una didattica basata sugli interessi dei discenti e la loro naturale curiosità e capacità di apprendere se inseriti in contesti stimolanti. Annunziata Brandoni ha continuato dicendo che le cose che apparentemente fanno perdere tempo nella scuola sono quelle che in realtà lo fanno guadagnare, riferendosi al tempo dedicato alle discussioni, ai confronti, i tempi necessari alle relazioni. Di Maria Montessori ha poi citato la nota frase: “Aiutami a fare da solo!”. E ha continuato ricordando che il bambino ha bisogno di rispetto e di fiducia; la maestra elefante fa tutto lei…
Rete Docenti e Dirigenti a Compiti Zero
Il convegno ha inoltre visto la nascita della costituzione ufficiale di una “Rete di Docenti e Dirigenti a Compiti Zero” che già praticano una didattica che non prevede compiti a casa, e la presentazione e l’approvazione di uno “Statuto” della Rete.
Gli insegnanti e i dirigenti che hanno aderito sono già in contatto tra loro nei gruppi facebook tematici, a Jesi hanno appunto formalizzato la loro unione nel portare avanti la diffusione di questa buona pratica didattica e la loro collaborazione, che consta di un percorso di ricerca azione che al momento si concretizza con la condivisione continua di pratiche, esperienze, testimonianze del lavoro che svolgono applicando strategie varie e comprovate perché i propri alunni possano imparare con serenità, rispettando i loro tempi di apprendimento e senza dare altro carico di lavoro a casa.
APPUNTAMENTI
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Come i contributi dei relatori hanno evidenziato non c’è nessuna ricerca scientifica o pensiero pedagogico dietro la prassi di assegnare i compiti a casa. È piuttosto vero il contrario come sostenuto nel libro di Parodi. Altrettanto assenti sono indicazioni ministeriali che indichino la necessità dei compiti a casa. Piuttosto sono ancora in vigore ma da sempre disattese delle circolari ministeriali della fine degli anni Sessanta, che raccomandavano agli insegnanti delle scuole superiori di non dare compiti nel fine settimana per consentire agli alunni e alle alunne di fare altre esperienze formative come praticare sport, frequentare cinema e teatro o altro. In merito alla primaria e alle scuole medie nulla perché si dava per certo che in quegli ordini di scuola non se ne assegnassero.
Sabato mattina all’interno dell’IIS Pieralisi, diretto dal professor Francesco Savore, le insegnanti Olga Bernabini, Rita Gallo, Patrizia Pinna, Mariateresa Pegojani, Gabriella Ponziani, Isabella Santorsola (e chi scrive questo articolo), hanno tenuto un wordcafé dal titolo Insegnare e imparare senza compiti in cui hanno condiviso con genitori, docenti e dirigenti presenti, la loro esperienza e le loro testimonianze di docenti a Compiti Zero. Dagli interventi è emerso che nelle classi a Compiti Zero si lavora con armonia e serenità, i bambini e le bambine sono rispettate nei tempi di apprendimento. “Ho abolito il non c’è tempo“, ha detto Isabella Santorsola, raccontando la sua esperienza con la didattica Basta compiti che dà il tempo per curare le relazioni.
“Siamo sempre alunni nella scuola della vita“, ha ricordato Teresa Pegoiani, autrice di vari libri, tra cui Il metodo Amas (Auto mutuo aiuto scolastico). “Siamo tutti inclusi nella vita, che inclusione dobbiamo fare?!?”. La classe di Teresa Pegoiani è la prima d’Italia ad essere a compiti zero, perché anche le altre colleghe di Teresa non danno compiti.
I miei alunni senza compiti non hanno avuto differenze nei risultati scolastici, quando sono passati alle scuole medie loro stessi sono venuti a raccontarmi dei successi nelle prove d’ingresso e anche le colleghe mi hanno confermato il buon grado di preparazione dei miei studenti.
Patrizia Pinna ha invece ricordato che con il suo stile di insegnamento spariscono i “Dsa” (Disturbi specifici di apprendimento), si abbattono le differenze nelle sue classi. Tutte le insegnanti in particolare Olga Bernabini hanno denunciato lo stato di solitudine che normalmente vivono nelle loro scuole, dove le colleghe non condividono e spesso diffidano del loro metodo. Eppure dalle loro testimonianze le insegnanti a Compiti Zero dimostrano che la scuola con questa didattica svolge il suo fondamentale compito, questo sì utile, perché sancito dalla Costituzione, “rimuovere gli ostacoli” e ridurre le disuguaglianze.
A Jesi io c’ero e ho voluto raccontare perché mi è sembrata una rivoluzione gentile che sta partendo dal basso, da gente che non è alternativa ma semplicemente fa il suo dovere e si impegna a fare del proprio meglio.
*Insegnante a compiti zero, ama definirsi “giardiniera dell’anima”