Appello delle donne calabresi contro la cultura di morte di mafia, ndrangheta e camorra
Un gruppo di donne calabresi lancia un appello contro la cultura di morte delle ‘ndrine’ dopo il dramma della bimba di 5 anni, ridotta in fin di vita.Mafia, ‘ndrangheta, camorra. L’argomento è: uccidere o venire uccisi nel corso di arricchimenti indebiti non solo illeciti e violenti, ma, come spesso accade, impuniti.
_ Il dramma di quella bimba di 5 anni, ridotta in fin di vita, non suscita più emozioni, comunque non ne suscita quante ne servirebbero.
_ La bimba era uscita di casa sicuramente felice come tanti bimbi con i propri genitori nei giorni di festa. Lei era ignara, non sapeva di una sentenza già emessa di morte nella quale suo padre avrebbe perso la vita.
La ‘ndrangheta è violenza, ricchezza e morte. Morte senza età!
La sfida tra i capicosca è disperazione ed abbrutimento; la bimba innocente impersona, a nostro avviso, nel momento della tragedia la “verità” del nostro tempo: i mafiosi sanno che non hanno niente da perdere; sanno che i protagonisti della loro esistenza sono: potere, ricchezza e morte.
E’ vero, siamo in campagna elettorale, ma ciò nonostante non possiamo non condannare lentezze, inadeguatezze e mancanza di tempismi.
Si sa, da quanto ampiamente riferito da stampa e TV, che il caduto mafioso, presumibilmente era coinvolto nel racket della città di Crotone. Tanto viene riferito “dopo il delitto”, ma ciò nonostante egli era un libero cittadino. Qualcosa non va!! Serve un’osservanza puntuale delle leggi. Va da sé che come persone libere di questa Calabria dinnanzi a tali gravi fatti non ci meravigliamo abbastanza, appariamo tuttavia indifferenti, non disprezziamo adeguatamente, non ci indigniamo. Anche noi persone libere affidiamo alle istituzioni il compito supremo e gravoso della giustizia nella libertà.
E’ dunque vero che siamo in campagna elettorale e che si dovrà con ogni mezzo arginare la possibilità del voto di scambio, diretto ed indiretto.
E’ evidente che in questa realtà calabrese è caduto quel principio su cui si fonda la speranza di un futuro civile e libero.
Per noi calabresi è giunta l’ora di agire concretamente, assumendoci nuove responsabilità. Dobbiamo uscire dal consumo della notizia. Non solo lo Stato deve combattere la delinquenza mafiosa, ma ognuno di noi insieme all’altro.
Crotone è un segnale terribile, ci riguarda.
L’appello che le donne rivolgono all’Italia ed ai calabresi è quello di fare rinascere la speranza, affrontando i nodi veri e concreti di una società che si è abituata a convivere con le mafie e che spesso mente a se stessa. “Chi sa e non agisce è colpevole”.
{{Di seguito le firme di}}
Antonia Lanucara, Giovanna Ferrara, Angela Laganà, Antonella Cosentino, Rita Procopi, Dina Ruffo, Pina Silvestri, Donatella Mari, Serenella Multari, Giusy Acri, Pinuccia Srangio, Donatella Laudadio, Maria Quattrone, Concetta Carrozza, Anna Maria Campanaro, Rosy Perrone, Emira Ciodaro, Mihaela Cristescu, Stella Ciarletta, Vanni Campolo, Antonella Folino, Tiziana Romeo, Zina Crocè, Eleonora Idone, Angela Marafioti, Angela Morabito, Debora Idone, Carmen Ciclope, Antonella Barreca, Giovanna Barreca, Carmelina Smeriglio, Gisella Florio, Rita Commiso, Maria Romeo, Tommasina Lucchetti, Mimma Baldissarro, Assunta Carla Condemi, Rossella Vincelli, Rosaria Barila, Claudia Rubino, Patrizia Rizzitelli, Vera La Monica, Donatella Bruni, Patrizia Carella, Antonella Virardi, Anna Melillo, Tina Bruzzese, Fulvia Geracioti, Ginetta Rotondo, Claudia Neri, Sara Grilletta, Clelia Bruzzì, Donatella Barazzetti, Romilda Bruno, Grazia Laganà Fortugno, Patrizia Labate, Consuelo Nava, Eva Catizzone
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