Approvato il ddl FAMILY ACT: azioni per la famiglia, non politiche di genere
“Di lei è la stirpe nefasta e la razza delle donne che, sciagura grande per i mortali, fra gli uomini hanno dimora.” (Esiodo, Teogonia)
Se Esiodo si riferisse a Pandora o ad Antigone, poco cambia nelle sue affermazioni del ruolo “malevolo” che lui attribuisce alle donne. Il vaso di Pandora sede di tutti i mali del mondo e, Antigone che aveva avuto il coraggio di opporsi al potere e, che non si era fatta soggiogare da leggi ingiuste. Vista come strega-nemica, maleficio per l’umanità maschile, assunta poi nei secoli come simbolo di lotta.
Ci riteniamo tutte Antigone e, abbiamo potuto analizzare da sempre, ma maggiormente nel periodo pandemico che stiamo vivendo, come lo stato e la società intera, abbiano delegato le donne a prendersi cura di tutto e tutti, di farsi loro “stato sociale e servizio permanente”.
Il DDL appena approvato parla di aiuto alla genitorialità e alla famiglia con figli, certo buona cosa ma, dimenticando che esistono vari tipi di famiglie. Il fulcro centrale del decreto legge è il focus sul ruolo fondamentale della donna nella “comunità familiare”. Prevista entro due anni una indennità integrativa sulla retribuzione per le madri lavoratrici”. Si parla di maggiori congedi parentali usufruibili dall’uomo, Principalmente però si puntualizza la volontà di voler armonizzare e conciliare i tempi di lavoro con la vita familiare. Conciliazione che ricade sempre in modo dispari sulle donne. Nessuna parità di genere e fra i generi. Nel decreto legge nessun accenno alle coppie di fatto, alle convivenze, alle famiglie anche senza figli, ad aiuti al lavoro di cura. Previsti incentivi per il terzo figlio che favorirebbero la natalità. In tutte le situazioni industriali di crisi si assiste a licenziamenti che subiscono per l’80% le donne, rispetto agli uomini. Le donne che hanno lasciato il lavoro in pandemia, non lo riprenderanno. Ci sono quattro donne imprenditrici ogni dieci uomini. Alle coppie di fatto poi, viene ancora negata la possibilità di accedere alla 104 se si ha in casa una persona disabile e si favorisce il part time sempre per l’occupazione femminile. Alle coppie di fatto, ai conviventi continuano ad essere negati diritti, anche costituzionali.
Le prospettive di genere nel mercato del lavoro sono disarmanti. Il Family Act non accenna a nessun investimento per creare imprese femminili o, per aiutare le donne al credito e all’autonomia economica.
Nelle azioni per la “famiglia” neanche una riga per le donne anziane che fanno le nonne o che prendono pensioni da fame o che, non riescono a curarsi, per mancanza di autonomia economica. Problema enorme che riguarda gran parte degli anziani, maschi e femmine, ma statisticamente si curano meno le donne.
Senza pregiudizi e, prendendo anche qualcosa di buono del DDL, non si ravvisa in esso nessun cambiamento strategico nelle politiche economiche e sociali, se non un rafforzamento dei mille ruoli che svolgono le donne, italiane o straniere. Mancano politiche di genere che mettano al centro la donna/persona prima ancora che le famiglie, per le quali non si prevede poi, una condivisione vera dei lavori, della quotidianità. Sancire un dover conciliare lavoro-vita privata- vita familiare, presuppone per le donne di dover lavorare 4 ore al giorno fuori casa, per poter armonizzare i tempi.
Qualcuno in tempo di coronavirus ha auspicato che questa Pandemia potesse essere Pandempatia. Sperando in una armonizzazione fra giovani e meno giovani e in nuove relazioni fra tutti. Sperando in un superamento del nazionalismo e dell’individualismo, del razzismo, per una nuova visione culturale. Vivendo le atrocità razziste, mai sparite, negli USA e non solo, nel DDL nessuna vocale o consonante per donne di colore che lavorano in Italia e, che sono discriminate doppiamente, come donne e come persone di colore. C’è bisogno di una nuova carta valoriale per le donne e per il pianeta che, mettendo l’essere vivente al centro, crei una nuova economia ed un nuovo vivere sociale e civile, con eguaglianza nei diritti ma rispetto delle differenze.