In Argentina le donne indigene mapuche il 9 dicembre 2017  hanno marciato in una manifestazione transfrontaliera che ha coinvolto anche il Cile. Questi gli obbiettivi

* urgente demilitarizzazione del territorio mapuche: fine dei raid e delle violenze esercitate dagli Stati sul corpo d’ogni sorella, d’ogni fratello;
* abrogazione della legge antiterrorismo, applicata soprattutto dal governo cileno nelle cause di persecuzione nei confronti del popolo mapuche nel Gulumapu [la legge 18.314 del 1984: pesante (e non unica) eredità della dittatura, aspramente criticata anche dalla Corte interamericana per i diritti umani e dalla Commissione diritti umani delle Nazioni Unite, «dispositivo repressivo per eccellenza […] utilizzat[o] all’esclusivo scopo di reprimere la protesta sociale e le rivendicazioni mapuche mediante modalità sproporzionate di tipo antisommossa» per saperne di più cliccare sul link di non una di meno

 

Per saperne di più ci è sembrato interessante proporvi l’articolo di Monica Zornetta   sulle indebite interferenza di imprenditori ittaliani come i Benetton sui diritti e le autonomie di un intero popolo

Perché Benetton continua a tacere? Perché si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda su Santiago Maldonado, sulle proprietà e gli interessi del gruppo in Patagonia, sulle condizioni di vita e di lavoro dei puesteros e sulle sue prese di posizione contro le istanze delle comunità Mapuche del Chubut? Eppure nel mondo le voci girano, e presto o tardi circoleranno anche nella loro Treviso, la città dove i fratelli Benetton sono nati e alla quale il più anziano dei quattro, l’82enne Luciano, ha di recente riconsegnato – o, come ha preferito dire in quell’occasione, «donato» – l’antica chiesa di San Teonisto, restaurata e trasformata in uno spazio per la cultura «che il comune», ha auspicato, «dovrà riempire di contenuti». Anche alla chubutense Leleque, nel Dipartimento di Cushamen, dove campeggia la grande estancia della Compañìa de Tierras del Sud Argentino1 (acquistata tramite Edizione Holding nel 19912 e presieduta dal più giovane dei Benetton, il 73enne Carlo) il gruppo di Treviso ha “donato” un museo della cultura patagonica e Mapuche. A quello stesso territorio, cioè, “sottratto” ai pueblos originarios3 che lo abitavano da prima che nascessero i moderni Stati Nazione. Differentemente da quel che avviene a Treviso, nella Cordigliera patagonica non vogliono alcun dono da parte di Benetton ma la restituzione delle terre perchè, come aveva detto Atilio Curiñanco, il Mapuche di Santa Rosa Leleque che per primo, nel 2002, ha intrapreso con la famiglia il processo di recupero delle terre ancestrali: «Lui non può donare ciò che non è suo»4.

Quanto al Museo Leleque, curato dal defunto antropologo tacciato di razzismo, Rodolfo Casamiquela, i Mapuche di Santa Rosa Leleque, Vuelta del Rìo e Pu Lof en Resistencia, ad Esquel, lo considerano una offesa perchè nega tanto la loro preesistenza quanto le oppressioni subite dai coloni europei e, come se non bastasse, diffonde l’idea che le popolazioni indigene non esistono più5. Concetti che Casamiquela non ha mai negato: «Se si definiscono come Mapuche sono cileni, e se sono cileni non alcun diritto sulla terra di Argentina. Questa è la chiave», aveva spiegato nel 1998, pochi giorni prima dell’inaugurazione del contestato museo, al quotidiano argentino La Naciòn.

Ho provato a trovare dal ricercatore indipendente argentino e attivita ambientalista Federico Soria, per molti anni residente in Patagonia, qualcuna delle risposte che Benetton non vuole (o non può) dare.

Federico, tempo fa un membro della comunità Mapuche di Cushamen mi ha raccontato che i puesteros di Benetton vivono in condizioni difficilissime: ricattati, con salari minimi, senza assicurazioni sulla vita, senza possibilità di sindacalizzarsi. Anche le donne e i bambini vivono la povertà e lo sfruttamento.

Certo, le condizioni di vita dei puesteros sono proprio queste, come mi è stato confermato da diverse persone che hanno visitato il posto. L’antropologo argentino Hernàn Schiaffini, per esempio, ha raccontato in un editoriale per Cosecha Roja che nelle terre di Benetton le pecore vivono meglio degli esseri umani. ↫

Un comunicato diffuso da Benetton Group nel 2010 (l’unico a oggi!)  20-dic-2010_position_statement_mapuche_it.pdf dice che la società Compañía de Tierras Sud Argentino S.A. “offre lavoro a più di 600 persone”. Tu sostieni che il denaro generato dalla produzione di Benetton se ne va via praticamente tutt0, non gravita nell’economia locale, e la sua produzione nemmeno viene commercializzata nella zona…

Benetton occupa 130 persone in maniera diretta e altre 200 in forma indiretta: questo ultimo dato corrisponde ai puesteros. Il resto è rappresentato da capisquadra e amministrativi. Stiamo parlando di un totale di 330 persone che lavorano in un milione, quasi, dei migliori ettari della regione. Queste stesse terre, gestite diversamente, potrebbero dare sostentamento a centinaia di migliaia di persone. L’investimento iniziale di Benetton in Patagonia è stato di 50 milioni di dollari… tutto questo denaro per dare lavoro solo a 330 persone!

Secondo i Mapuche i Benetton non hanno mai cercato il dialogo con loro, a meno che non si definisca “dialogo” i sorvoli a bassa quota della zona con il loro elicottero. Perché i Benetton non parlano, nemmeno con la stampa, e nemmeno ora che la vicenda di Santiago Maldonado li ha messi al centro dell’attenzione internazionale?

Benetton parla solamente attraverso le sue imprese e le sue campagne pubblicitarie. In questo periodo è in corso a Buenos Aires una impressionante (e indignante) campagna pubblicitaria di Benetton, per un nuovo profumo, in tutti i luoghi pubblici, nei passaggi, nelle fermate degli autobus, nelle metro, nei centri commerciali e nelle farmacie di Buenos Aires7. Inoltre, perchè devono parlare i Benetton sulla scomparsa di Santiago quando i vari elementi dello Stato e i media egemonici lo fanno per e in nome loro?

Perché si è permesso al gruppo italiano di diventare il più grande proprietario terriero del Paese?

Perché la proprietà privata è sancita dalla Costituzione argentina e sebbene alcune leggi la restringano, le decisioni politiche di coloro che hanno governato la Repubblica argentina, dalla sua indipendenza fino ad oggi, stabiliscono che questo diritto deve essere considerato assoluto.

Ci sono (e quali sono) interessi in gioco tra Benetton e il presidente Macri?

Si. Gli interessi comuni tra le famiglie Macri e Benetton sono gli affari societari. Benetton si è vincolato all’aristocrazia argentina, la quale fa peraltro parte dei direttivi delle sue imprese (anche di Minera Sud Argentina Resources) nel Paese. A sua volta il governo dello Stato argentino ha sempre privilegiato gli interessi corporativi particolari su quelli collettivi, sociali. Non è un modus operandi solo della gestione di Mauricio Macri, ma possiamo dire che nel suo governo ciò si è fatto più evidente.

Chi ha aiutato, chi ancora aiuta e protegge Benetton?

Tutti gli organi e gli ambiti dello Stato argentino. I poteri esecutivo, legislativo e giudiziario in ambito nazionale, provinciale e municipale.

Chi ha dato il nulla osta all’apertura nella estancia, quindi in una proprietà privata, della sede distaccata della Gendarmeria nazionale8?

E’ stato il Governo nazionale. Attualmente il funzionario che tiene un “filo diretto” con Benetton – per organizzare le retate repressive contro il pueblo Mapuche e per militarizzare le sue estancias – è Pablo Noceti, capo di Gabinetto del ministero della Sicurezza e in precedenza difensore dei militari della dittatura accusati di crimini contro l’umanità.

Leggiamo le parole riportate da Schiaffini nell’articolo uscito il 17 agosto scorso su Cosecha Roja: “La strada d’accesso era gradevole e bucolica. C’erano delicati corsi d’acqua che passavano sotto a ponti molto pittoreschi. L’erba si estendeva fino ai bordi della strada e pecore grasse facevano capolino con le loro teste dai recinti. Poi apparivano le case della estancia, in eccellente stato e nascoste tra le file di pioppi della Lombardia che fermavano il vento. Lì c’erano la sede dell’amministrazione, la casa dei gerenti e anche una piccola cappella; lì vicino c’erano il museo e un vecchio emporio, sistemato per farne il punto di accoglienza dei turisti […] Gli animali, ciascuno dei quali valeva varie decine di migliaia di dollari, stavano in cubicoli singoli, grandi e confortevoli, piastrellati, ai quali si poteva accedere da una grossa porta in legno. All’interno avevano acqua e cibo. L’edificio era bianco, pulito, ampio e comodo […] il soffitto era alto, di legno chiaro, sostenuto da colonne anch’esse in legno. Il luogo era tiepido, mentre fuori il freddo di mezzogiorno faceva uscire nubi di vapore dalle nostre bocca […] Più ci si allontana dal percorso predisposto per i visitatori, più le cose, però, peggiorano. Dentro la proprietà di Benetton c’è anche una stazione ferroviaria, “dove vivono (e vivevano) decine di famiglie con moltissimi bambini […] vi è anche una scuola primaria e il treno, La Trochita, si ferma lì molto irregolarmente. Quando lo fa le donne cercano di vendere torte fritte […] Le strade, lì, non si potevano percorrere durante l’inverno, a meno che le basse temperature non tenessero il suolo congelato… e lì stavano la scuola, le case e la fermata della stazione ferroviaria di Esquel. Le case sono fatte con assi di legno procurate durante i lavori di costruzione della linea ferroviaria, negli anni 40 del Novecento. I pavimenti sono di terra battuta e non hanno altro servizio che l’elettricità, appena sufficiente tuttavia ad accendere alcune lampadine quando è sera. Per riscaldarsi e cucinare c’è bisogno di legna, che però scarseggia nella zona. Alcuni abitanti di queste case devono anche andare a prendere l’acqua da un rubinetto all’aperto, che si congela, chiaramente, quando è inverno. Sono case buie, con poche e piccole finestre. Le persone vivono lì ammassate, dormono tutti insieme: fratelli, cugini, nipoti, madri, zie e nonne. Sono quasi tutte donne e bambini gli abitanti della Stazione, perchè gli uomini sono puesteros della estancia e trascorrono la maggior parte dell’anno fuori casa, alloggiati nei campi [..] Il medico arrivava una volta alla settimana, e solo grazie alla scuola i bambini potevano mangiare ogni giorno. In questo posto, le pecore vivono meglio delle persone”. http://cosecharoja.org/en-tierras-de-benetton-los-corderos-viven-mejor-que-las-personas/

Prima si chiamava The Argentine Southern Land Co ltd, ed era di proprietà inglese. Possedeva grandi estensioni in tutto il Paese. In precedenza, nel 1896, il presidente argentino Jose Evaristo de Uriburu donò 10 lotti da 90 mila ettari di terra ciascuno a 10 cittadini britannici, violando però le leggi dell’epoca che impedivano donazioni estese e la concentrazione di terreni di valore superiore a 400 mila ettari a una sola persona o società. Poco tempo dopo questi cittadini britannici trasferirono le terre all’Argentine Southern Land Co ltd, azienda nata allo scopo: anche questa donazione era in violazione delle leggi dell’epoca. Pare che corrispondesse al pagamento o alla ricompensa per le armi automatiche inglesi utilizzate durante la Conquista del Desierto. Prima di essere acquistata interamente da Benetton la società passò nelle mani di tre capitalisti argentini: Menendez, Ochoa e Paz i quali, con la guerra delle Malvinas/Falkland e il congelamento dei conti bancari delle imprese britanniche, cambiarono il nome e la natura dell’impresa da inglese ad argentina. Nel 2011 il governo di Cristina Kirchner aveva stabilito per legge (26.737) di limitare il possesso di terre straniere a mille ettari per proprietario (persona fisica o giuridica) fissando il 15% come limite della titolarità del controllo o possesso di terre rurali nel territorio nazionale, provinciale e municipale da parte degli stranieri. La Compañìa de Tierras del Sud Argentino ammise di avere 90 mila ettari in più del consentito ma precisò che la legge non aveva efficacia retroattiva. Preoccupato per le restrizioni di questa legge, Macri nel 2016 ha emanato un decreto che va a modificarla.

Nel 1991 Benetton ha comprato per 50 milioni di dollari quasi 900 mila ettari (meno di 50 ettari per ettaro) concentrati per il 98% nelle province di Santa Cruz, Rìo Negro, Neuquèn e Buenos Aires.

Le leggi che proteggono i diritti dei popoli indigeni in Argentina sono: la Costituzione nazionale (articolo 75, comma 17), i Trattati dei Diritti umani con portata costituzionale come la Convenzione Americana sui Diritti umani, la Convenzione Internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e di genere, il Patto Internazionale dei Diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sui Diritti del bambino.

La scorsa settimana la Camara de Diputados ha approvato la proroga per altri 4 anni di una legge molto importante per i popoli originari: la 26/160, che permette di evitare gli sgomberi delle comunità originarie dalle terre che occupano in maniera ancestrale fino alla conclusione del rilevamento catastale da parte dell‘Instituto Nacional de Asuntos Indígenas. L’approvazione da parte del Senato era avvenuta lo scorso settembre. Il governo, in quell’occasione, puntava a far durare la proroga meno di due anni e mezzo.

Scrive Pericle Camuffo nel suo “United business of Benetton” (Stampa Alternativa, 2008): «Agli indigeni sopravvissuti al massacro (Conquista del Desierto, nda) venne concesso il diritto di vivere in spazi molto circoscritti, opportunamente scelti dal governo, che presero il nome di riserve o colonie. A nessun indigeno vennero riconosciuti i diritti collettivi, ma vennero considerati degli occupanti. Venne dato loro un permesso di occupazione precario che non garantiva minimamente i loro diritti sulla terra. A parti re dal 1940 ebbe inizio un processo di sgombero e di esproprio degli spazi che avrebbero dovuto accogliere i Mapuche sopravvissuti alla guerra sporca portata a termine dal generale Roca. Tali sgomberi, tutt’oggi praticati in Patagonia, si svolsero, e si svolgono, con azioni concertate tra latifondisti, rappresentanti del governo ed esercito».

Ex componente dell’Unione delle Assemblee patagoniche e della Asamblea Permanente por el Bosque, Soria oggi vive nella provincia di Mendoza, a Uspallata, dove fa parte della locale Assemblea di cittadini autoconvocati. http://federico-soria.blogspot.it/2017/08/benetton-el-mayor-terrateniente-de.html

Giorni fa nella fermata della metropolitana D, Facultad de Medicina, a 60 metri dalla morgue dove sta il corpo di Santiago, alcuni cartelli pubblicitari di Benetton affissi lo stesso giorno della manifestazione in Plaza de Mayo per lanciare il nuovo profumo, sono stati contraffatti e il marchio “United colors of Benetton” è divenuto “United killers of Benetton”. Inoltre è stata organizzata una finta azione promozionale con la distribuzione di campioni di profumo la cui confezione aveva, accanto al logo originale, la scritta modificata.

Nella estancia Leleque trovano posto infatti una base logistica della Gendarmeria oltre ad un commissariato della Polizia provinciale del Chubut che si occupa della sola sicurezza del terrateniente italiano.