Il 24 aprile a Perugia, in una sala stracolma di donne e uomini di differenti generazioni, la Rete delle Donne Anti Violenza Onlus ha presentato “Bandite”,un documentario di due giovani registe ternane Giuditta Pellegrini e Alessia Proietti In questo bellissimo documentario donne ribelli e combattenti narrano la loro lotta per liberare l’Italia dal nazifascismo, per liberare se stesse dalla cultura patriarcale e misogina radicata nel nostro paese che il regime aveva fortemente acuito. In un mondo allo sfacelo, dentro gli orrori della guerra e della povertà estrema condussero una duplice Resistenza: contro il fascismo e il patriarcato.

[Bandite->http://www.bandite.org] è un documentario indipendente, un fantastico strumento rivolto a giovani staffette che vogliono vincere la loro corsa contro la cooptazione e l’asservimento in un mondo dominato dall’egoismo consumista, come sottolinea Giuditta Pellegrini.

L’appassionato intervento di Mirella Alloisio, ha evidenziato il nesso inscindibile tra femminismo, antifascismo e antirazzismo e con lo sguardo rivolto ad un passato, segnato da donne che hanno dato la propria vita per un mondo più giusto e fondato sulla solidarietà, ci ha poi catapultate/i nel presente.

Oggi ci ritroviamo in una società del controllo e della paura in cui siamo sempre di fronte a corpi da espellere, normare, controllare, punire.
_ Dentro lo scenario di un paese che ha ampiamente superato l’orlo del baratro, la cartine di tornasole della situazione che stiamo attraversando è ben rappresentata dall’orizzonte simbolico e dalla condizione materiale che pesano sulla vita delle donne, native e migranti, nel nostro paese.

Condizioni determinate da patriarcati religiosi e interventi etici che riportano i nostri corpi a meri contenitori biologici, dalla mercificazione degli stessi perpetrata dai media e da una politica che sembra sostanziarsi nell’intreccio tra sesso-denaro-potere usato come arma di fascinazione e di ricatto, da una precarietà estrema che ci vuole ricacciare dentro le mura domestiche, costrette a dipendere sempre da qualcuno.

Le organizzatrici di certo non pensavano ad una partecipazione così massiccia in una città teatro, proprio in quei giorni, del festival internazionale del giornalismo.
_ Invece più di duecento persone si sono presente all’appuntamento con la storia colorale delle “bandite” che ci dice che ancora oggi è necessario e possibile Resistere, costruendo percorsi collettivi, luoghi di elaborazione, modelli e pratiche d’ intervento per promuovere una vera e propria cultura della partecipazione politica per combattere vecchi e nuovi fascismi.

Un determinate contributo in questa direzione è dato dalla molteplici soggettività femministe, che da anni ormai si sono riprese lo spazio pubblico delle proprie città, proponendo altri concetti e ordini del discorso, creando luoghi di confronto in cui è possibile produrre azioni condivise a partire da pratiche differenti.
_ A Perugia, come in altrove, da anni ormai si stanno costruendo e ricostruendo reti di donne tanto radicate nel materialismo dei conflitti quanto silenziate dai media.
_ Del resto la realtà fatta del lavoro quotidiano e resistente dei tanti gruppi e collettivi femministi non sembra aver avuto diritto di cittadinanza nemmeno nei dibattiti su Donne, media e Potere – condotti in puro stile da talk show televisivo – che ci sono stati proposti per quest’ultima edizione del festival del giornalismo.

L’evento internazionale si è aperto con una targa dedicata a Peppino Impastato e a tutti i giornalisti morti per mano della mafia. Ancora una volta l’uso del maschile come sinonimo dell’intera umanità, denuncia in una nota la Rete delle Donne Anti Violenza, che tra le pagine del Corriere dell’Umbria stigmatizza: “inutile condannare l’uso dei corpi femminili se questi non diventano visibili dentro gli ambiti della cultura, del lavoro, dell’impegno politico e sociale”.

La {{Rete delle donne Antiviolenza}} è un’ associazione che ha pochi mesi di vita ma che viene da lontano, dal percorso tracciato da una rete di donne di diversa generazioni che nel corso di anni sono riuscite a intrecciare relazione e iniziativa con altre donne su questioni legate da un filo rosso ovvero la violenza sulle donne, ponendo all’attenzione pubblica la questione della violenza maschile sulle donne come fenomeno strutturale della società, frutto di un potere relazionale storicamente diseguale tra l’uomo e la donna, e dunque come uno dei principali meccanismi sociali attraverso il quale le donne sono costrette ad occupare una posizione subordinata rispetto all’uomo, sia nella sfera privata che in quella pubblica.

Il nome dell’associazione, {{Rete delle Donne}}, tiene conto del percorso orizzontale fin qui tracciato da un collettivo di quaranta donne e da una pratica di relazione che nel giro di una anno ha permesso l’adesione di molte altre soggettività all’associazione, che non prevede alcuna presidente volendo mantenere il carattere collettivo e orizzontale del progetto originario e rigettando verticismo, autoreferenzialità, e torsioni personalistiche che purtroppo affliggono non solo le organizzazioni partitiche ma molto spesso anche il tessuto associativo.

{{
La prevenzione e il contrasto alla violenza maschile}} sulle donne è il loro obiettivo, proprio per questo da gruppo informale si sono costituite in associazione: per rendere più incisiva la propria azione che si è sviluppata e continua a svilupparsi in iniziative culturali, campagne di sensibilizzazione, azioni dimostrative in rete con altre soggettività come il collettivo femminista Sommosse e diverse associazioni del territorio regionale.

Vale la pena ricordare a proposito la campagna [Obiettiamo gli obiettori->http://ogo.noblogs.org/] e i presidi sotto il tribunale di Perugia nel corso del processo per il femminicidio di Barbara Cicioni e tutto il lavoro svolto per la costituzione come parte civile al processo di associazioni locali.
_ L’azione della Rete delle donne Anti Violenza onlus si compone anche della progettazione e della messa in campo di una serie di interventi sociali: progetti formativi per le scuole volti alla sensibilizzazione circa il fenomeno della violenza di genere, i gruppi di parola e di auto mutuo aiuto attivati a Ponte Felcino (Perugia) e Corciano.

La Rete inoltre non desiste dall’intento originario, ovvero quello di creare le condizioni per l’{{apertura di un vero e proprio Centro Anti Violenza}} nella nostra regione, e ad incalzare le istituzioni per rendere concretamente operativi i protocolli istituzionali stipulati tra comuni, asl e Centro Pari Opportunità che prevedono, tra gli altri punti, la predisposizioni di casa protette.
_ Non è più rinviabile l’individuazione di soluzioni volte a risolvere la grave carenza di servizi in grado di accogliere le donne che sono costrette a permanere in una condizione di violenza e dipendenza psicologica ed economica anche per la assenza di luoghi in grado di sostenerle nel percorso di liberazione dalle condizioni che hanno determinato la violenza. E’ proprio mettendo sul tavolo di confronto queste priorità che la Rete delle donne ha partecipato al [progetto Mai Più Violenza->http://www.maipiuviolenze.it/], che ha visto capofila la Regione dell’Umbria.