BARDONECCHIA – uno dei molti esempi della costruzione di mondi nuovi coltivata dalla Rete dei comuni solidali
A Bardonecchia promuovono incontri con chi cerca un passaggio oltre confine, per evitare altre morti, questa volta tra le nevi delle Alpi. A Torre Melissa, nonostante la criminalizzazione del soccorso, non smettono di salvare migranti: l’ultima volta un mese fa, quando molti, svegliati dalle urla provenienti dalla spiaggia, non hanno esitato a buttarsi in mare per soccorrere 51 curdi. A Petralia Sottana, intanto, la festa delle tradizioni popolari è cambiata con l’introduzione di ritmi e sapori di altri mondi. Sono solo alcuni dei molti esempi della costruzione di mondi nuovi coltivata dalla Rete dei comuni solidali, nata e cresciuta per sperimentare cooperazione decentrata e accoglienza diffusa, a cominciare da quella di Riace (che ora si prepara a ripartire…), ma prima di tutto per ridare senso a una parola maltrattata come solidarietà. È intorno alla vita di ogni giorno di queste comunità, dove è possibile incidere in profondità nelle relazioni, e delle loro municipalità che cresce speranza
In un’ Europa sempre più lontana dalle sue origini e sempre più indirizzata verso politiche di chiusura, di respingimenti è più che mai necessario recuperare il filo conduttore di una società che contro le immagini, gli spot elettorali non solo esiste ma resiste. A Torre Melissa, in provincia di Crotone, un piccolo paese sulla costa jonica calabra, un mese fa numerosi cittadini, insieme al sindaco Gino Murgi, svegliati dalle urla terrorizzate provenienti dalla spiaggia, non hanno esitato a buttarsi in mare per soccorrere cinquantuno migranti curdi, giunti all’alba a bordo di un’imbarcazione a vela in balia delle onde. Tutto questo mentre in Italia e in Europa i governi litigavano su chi dovesse aprire i porti e ospitare i quarantanove disperati della Sea Watch.
Scriveva Alex Langer nel suo Tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica, nel lontano 1994, a pochi mesi dalla sua morte:
Situazioni di compresenza di comunità di diversa lingua, cultura, religione, etnia sullo stesso territorio saranno sempre più frequenti, soprattutto nelle città. Questa, d’altronde, non è una novità. Anche nelle città antiche e medievali si trovavano quartieri africani, greci, armeni, ebrei, polacchi, tedeschi, spagnoli…
E ancora:
La convivenza pluri-etnica può essere percepita e vissuta come arricchimento ed opportunità in più piuttosto che come condanna: non servono prediche contro razzismo, intolleranza e xenofobia, ma esperienze e progetti positivi ed una cultura della convivenza.
Dunque i popoli si sono sempre mossi e l’emigrazione è un fenomeno naturale, a distanza di oltre vent’anni gli scritti di Langer sono ancora attualissimi. Ora più che mai è necessario nutrire perciò la cultura della convivenza. I numeri parlano chiaro, i dati forniti dallo stesso ministero degli Interni evidenziano un calo degli sbarchi di oltre l’80 per cento dal 2017, anno in cui il Governo Giallo Verde era ancora ben lontano da esistere. Invece ciò che veramente è in aumento è il numero delle morti in mare: novecento solo quest’anno e purtroppo non saranno gli ultimi. Eppure, incuranti del dramma che sta avvenendo in mare ogni giorno, dell’orrore dei lager libici, si continua ad alimentare una paura del diverso, specie se con la pelle scura, che genera violenza, intolleranza, mette gli uni contro gli altri.
Ma per fortuna l’Italia non è Salvini, diceva questa estate Ada Colau, sindaca di Barcellona dal palco di Riace, nella serata culmine del Riace in Festival. Da questa piccolissima realtà calabrese arrivava un messaggio di speranza, nonostante i blocchi dei finanziamenti, nonostante l’accanimento nei confronti di un sindaco coraggioso. La solidarietà giunta a Domenico Lucano e a Riace sembra incredibile e non sembra interrompersi: una raccolta fondi che nel giro di poco ha raccolto oltre trecentomila euro, iniziative ovunque di solidarietà, sono segnali di speranza, di azioni concrete di un’umanità che c’è, nonostante Salvini. Ora sappiamo che Riace rinascerà grazie a tutti quelli che ci hanno creduto, tutti, tanti tantissimi che hanno iniziato a crederci. La Fondazione È stato il vento farà ripartire i progetti sospesi a Riace, accoglierà di nuovo uomini e donne in cerca di pace, i laboratori riapriranno. Riace e la sua piccola comunità sono di fatto diventi simbolo di un’umanità che esiste, senza distinzioni.
Ma Riace non è sola. La Rete dei Comuni Solidali – Re.Co.Sol. – dal 2004 accoglie nel suo interno comuni impegnati in progetti solidali, vicini alle esigenze dei più deboli. Nata dall’iniziativa di un centinaio di comuni nel Piemontese per promuovere la cooperazione decentrata, attualmente conta circa trecento comuni. La loro è una testimonianza controtendenza e il numero di adesioni alla rete è sempre in aumento. I comuni di Bardonecchia e Oulx al confine con la Francia, collaborano insieme a quattro mediatori culturali Recosol per incontrare le persone che vogliono avventurarsi in montagna, per cercare un passaggio oltre confine, per evitare altre morti questa volta tra le nevi delle Alpi. In Sardegna, un piccolo comune del Cagliaritano, Samassi, arriva alle cronache nazionali perché il suo sindaco, Enrico Pusceddu, invia una lettera alla sindaca leghista di Lodi che voleva vietare la mensa ai bambini non comunitari. Nella lettera, Pusceddu descriveva la realtà del suo piccolo comune che amministra tra mille difficoltà, come quasi tutti i comuni italiani depauperati dai tagli drastici apportati dai governi centrali degli ultimi anni ma nonostante ciò spiegava alla sindaca Casanova
Se fosse necessario, ci rendiamo disponibili ad attivare qualsiasi iniziativa, anche di natura economica, per supportare il Comune di Lodi nella fornitura dei pasti a tutti i bambini stranieri che avessero difficoltà a produrre le certificazioni da voi richieste.
La storia si è poi felicemente conclusa grazie anche alla mobilitazione generale che il web ha generato. Petralia Sottana, un piccolissimo paese nelle Madonie in provincia di Palermo, decide di “rimodernare” la festa delle tradizioni popolari introducendo ritmi e sapori di altri mondi, suscitando l’entusiasmo della piccola comunità. Grazie alla Rete, piccoli comuni si sono organizzati insieme e hanno realizzato progetti ambiziosi. Nell’Alto Vicentino, Santorso, un piccolo comune Recosol, è capofila di un progetto di accoglienza che coinvolge cinque comuni e che nasce già nel lontano 1990. In Friuli, Mereto di Tomba, un comune di meno di 3.000 anime, promuove una filiera intercomunale di aziende per la coltivazione e la trasformazione dei cereali prodotti con semi antichi. Nato nel 2015 Pan e farine dal Friûl di mieç (Pane e farina del Friuli di mezzo) è un progetto che coinvolge ben quindici aziende agricole con quaranta ettari disponibili in quattro comuni, alcuni mulini, un essiccatoio e alcuni panificatori. Lo spirito che anima i comuni aderenti alla rete è perciò quello di unire le forze e realizzare insieme quello che da soli non sarebbero mai stati capaci di fare.
La circolazione delle informazioni permette la creazioni di nuovi progetti, costruisce alleanze, crea sodalizi. Un esempio tra tutti, il comune di Sambuco che con i suoi novantotto abitanti è stato tra i primi ad aderire alla rete e a promuovere progetti di cooperazione decentrata. All’inizio del 2000 quando i comuni disponevano di maggiori risorse, Recosol ha visto nascere moltissimi progetti solidali nel Sud del Mondo, con inizio e fine certi e soprattutto condivisibili da tutta la cittadinanza. Progetti che aiutavano anche a cambiare i propri stili di vita, a stimolare una maggiore coscienza civica.
L’enorme risposta solidale da parte di singoli cittadini, comuni e associazioni ci fa ben sperare e siamo sempre più convinti della funzione che svolgono e svolgeranno le municipalità, le piccole comunità. L’attuale governo italiano non incoraggia certo le buone pratiche solidali anzi mira a trasmettere un’ immagine dei migranti distorta, volutamente strumentale. Proprio per questo e anche tenendo conto della situazione politica europea, Recosol si è impegnata nella formazione di una rete solidale di comuni europei – SOLIDA – per promuovere un’accoglienza pacifica ed efficace e sostenere le amministrazioni locali. Il primo documento è stato sottoscritto lo scorso 4 dicembre da sette sindaci di sette paesi europei a Gioiosa Jonica che è capofila del progetto, partito nel 2016. Attualmente sono membri attivi i comuni di Erdut (Croazia), Lousada (Portogallo), Santa Pola (Spagna, il primo comune ad accogliere i migranti sbarcati dall’Acquarius), Neapolis- Sykeon (Grecia), Novo Mesto (Slovenia), Birgu (Malta) e ovviamente Gioiosa Jonica ma si prevedono nuovi ingressi di municipalità anche di altri paesi europei attualmente non
rappresentati. Si sta lavorando per costruire una rete di municipalità solidali per permettere ai nuovi cittadini europei di farne degnamente parte. È ormai evidente che ora più che mai è necessario riportare l’attenzione sulle piccole realtà, dove la vita comunitaria è sicuramente più sentita, recuperare le tradizioni e tessere nuove relazioni. La diversità come valore e non come minaccia, la solidarietà come risposta alla xenofobia.
Agisci localmente e pensa globalmente era uno degli slogan più sentiti degli anni Ottanta insieme a Piccolo è bello. Erano anni in cui si cominciava a parlare di Globalizzazione, di cambiamenti tecnologici veloci, internet da lì a poco sarebbe diventato il mezzo principale di comunicazione mondiale e si sapeva. Cosa questo avrebbe realmente comportato non era chiaro ma forte era sentita, da parte di pacifisti, ecologisti e associazioni, la necessità di non disperdere le tradizioni locali delle comunità, come salvaguardia di un patrimonio culturale in via di estinzione. Oggi alla luce di quanto detto e nonostante tutto, possiamo affermare che questa eredità non è andata dispersa. Se un cambiamento di rotta ci sarà, sarà inevitabilmente dovuto all’azione delle municipalità, delle piccole comunità che per prime stanno dimostrando che i valori della solidarietà, della condivisione sono patrimonio comune e appartengono non solo alla nostra storia ma soprattutto al nostro futuro.