Biancamaria Frabotta, il ricordo della SIL
Il 2 maggio è morta Biancamaria Frabotta.
Sul sito della Società Italiana delle Letterate nel saluto alla “poeta grandissima, femminista, maestra” la motivazione con la quale nel 2013 diventò socia onoraria della SIL:
Per la sua attività di poeta, di studiosa, di docente, per la lucidità con cui affronta temi audaci nella compostezza di stile, per l’anticonformismo che ha segnato la sua vita letteraria, per la scelta etica della sua produzione, la Società Italiana delle Letterate ha il piacere di nominare Biancamaria Frabotta Socia Onoraria.
Qui sotto, sempre dalla SIL, il profilo di Biancamaria Frabotta e le sue principali opere:
Poeta che non segue le mode, ha curato con intensità e continuità la sua vocazione poetica, attraversando temi e riflessioni che investono grande parte della nostra cultura contemporanea. Capace di legare insieme lotte politiche e femministe, è stata attiva fin dagli anni Sessanta e Settanta nei punti cruciali della cultura italiana, con modi propri e pensieri controcorrente, segno di inquietudine e capacità di addentrarsi nei territori più spinosi alla ricerca di luoghi profondamente umani. Poeta fuori dal coro ma non solitaria, intrattiene rapporti molteplici con diverse dimensioni culturali: dalla poesia all’educazione e all’insegnamento, dalla saggistica alla narrativa, al teatro.
Biancamaria Frabotta è nata a Roma nel 1946, lì vive e insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma “La Sapienza”. Ha partecipato al movimento femminista e alle lotte politiche condividendone le istanze e restituendo importanti lavori che hanno segnato una svolta nella produzione e nella riflessione sulla scrittura delle donne, a partire da Donne in poesia. Antologia della poesia italiana dal dopoguerra ai giorni nostri, uscito per Savelli nel 1976, con una nota critica di Dacia Maraini, e poi Letteratura al femminile, De Donato, 1980. Dal 1981 al 1983 è stata redattrice della rivista femminile “Orsa minore”. Dal 1989 al 1991 è stata redattrice della rivista “Poesia”.
In poesia ha pubblicato: Il rumore bianco (Feltrinelli, Milano 1982), Appunti di volo e altre poesie (La Cometa, Roma 1985), Controcanto al chiuso (Rossi & Spera, Roma 1991), La viandanza (Mondadori, Milano 1995, Premio Montale 1995), High Tide, Dublin, Poetry Ireland LTD, 1998 (versioni inglesi di poesie tratte da La viandanza), Terra contigua (Empirìa, Roma 1999), La pianta del pane (Mondadori, Milano 2003), Gli eterni lavori (San Marco dei Giustiniani, Genova 2005), I nuovi climi (Stampa, Brunello 2007), Da mani mortali (Mondadori, Milano 2012, Premio Città di Penne- Fondazione Piazzolla 2012).
Ha inoltre pubblicato libri d’arte in collaborazione con l’artista Giulia Napoleone: Controcanto al chiuso (monologo teatrale con due incisioni di Napoleone, Edizioni della Cometa, Roma 1994) Ne resta uno (sedici haiku con sei incisioni di Napoleone, Il Ponte, Firenze 1996), la cartella Sopravvivenza del bianco (Scheiwiller, Milano 1997).
Ha pubblicato anche un romanzo, Velocità di fuga (Reverdito, Trento 1989, Premio Tropea 1989), per il teatro ha scritto la trilogia Trittico dell’obbedienza (Sellerio, Palermo 1996) e numerosi libri di saggistica tra cui: Giorgio Caproni il poeta del disincanto (Officina, Roma 1993), I poeti della malinconia (Donzelli, Roma 2001), L’estrema volontà (Giulio Perrone, Roma 2010). Numerosi sono parimenti i sui lavori critici su autrici del Novecento italiano disseminati nelle riviste e nei testi collettanei: studi su Ortese, Guidacci, Rosselli, Contessa Lara, e altre ancora.
Libro assai importante per conoscere l’autrice è il volume di memorie e riflessioni Quartetto per masse e voce sola (Donzelli, Roma 2009), un autoritratto che attraversa la storia del secondo Novecento: il Sessantotto, il femminismo, la poesia plurale, la crisi politica e culturale. Scrive: “Ero considerata troppo donna, troppo femminista, troppo intelligente, troppo viscerale, troppo accademica, troppo poco accademica, troppo bella, perfino troppo alta. Insomma ero «troppo» tutto, per essere «solo» poeta”.
Il suo rapporto con la letteratura, luogo e laboratorio di etica e di osservazione di costumi, passioni e personaggi, spazia dalla narrativa alla poesia. Nei quattro capitoli riporta l’esperienza di adolescente che sceglie le sue letture anche diversamente dalla famiglia, va alla ricerca di un “piacere nel testo” che resterà costante; la studentessa universitaria che conosce Moravia, Pasolini, Morante, Bellezza e altri importanti autori. Ma la ricerca incessante di Christa Wolf e soprattutto il modello di Simone Weil, esempio forte di intensità morale, o il rapporto sincero e anticonvenzionale con Amelia Rosselli segneranno il suo percorso letterario e umano.
In una recente intervista ha detto: “Le donne, che esercitano la critica letteraria, finiscono, magari con le migliori intenzioni, per riservare alle poetesse uno spazio separato che, oggi, non giova più come un tempo, quando, io stessa, spinta anche da una pulsione politica oltre che letteraria, cercai di rifondare una tradizione di “donne in poesia”, magari ricollegandomi alle epoche d’oro del petrarchismo cinquecentesco o delle “illuminate” e colte gentildonne dell’Arcadia. Ma oggi è arrivato il momento, credo, di liberarci dalle gabbie delle antologie separate per rivedere il canone della poesia tutta del Secondo Novecento”. E di disagio dell’essere donna-poeta aveva già parlato nel suo primo libro di poesie Affeminata (Geiger, Rivalba-Torino 1976, con nota critica di Antonio Porta). Ancora una volta mette a tema un punto cruciale e controverso per la produzione delle donne in poesia oggi, perché, quando la poesia è destino supera il genere.