BOLOGNA – alla fiera del libro per zagazz* – un incontro su: La scienza è un gioco da ragazze –
Giovedì 4 aprile 2017 alle ore 11 in Viale della Fiera 20 – padiglione 25 – stand A/39 (stand Giunti) un incontro per capire il perché
le letture scientifiche per l’infanzia sono considerate da maschi. Come superare questa convinzione? le risposte negli interventi di
Filomena Grimaldi (libreria Controvento) – Ilaria Francica (biblioteca Salaborsa ragazzi) – Vichi De Marchi (autrice di La trottola di Sofia e La mia vita tra i gorilla) – Della Passarelli (Sinnos) – Roberta Fulci (Radio 3 Scienza) – Martina Russo (Andersen) – Francesca Tamberlani (milkbook.it) – Grazia Gotti (esperta di letteratura per ragazzi).
Questo quanto scrive Vichi De Marchi su Giunti scuola
Si sono mosse anche le Nazioni Unite per cercare di migliorare le cose. Nel mondo ci sono troppe poche donne scienziate e troppe poche studentesse che progettano studi e un futuro da scienziate. E così le Nazioni Unite, attraverso l’Unesco, hanno deciso di dedicate una giornata internazionale a Donne, ragazze e scienza. Questa giornata cade, ogni anno, l’11 febbraio. È un’occasione per riflettere anche in Italia su questo binomio, a cominciare dalla scuola.
Di passi importanti se ne sono fatti, ma non abbastanza. È vero, c’è stato il sorpasso degli iscritti alle facoltà scientifiche (36 per cento di iscritti) rispetto a quelle umanistiche e a quelle sociali. Ma in questa fetta di giovani che sceglie scienza e tecnologia, le ragazze rappresentano appena il 37 per cento contro un solido 63 per cento di maschi. Eppure il mondo sempre più avrà bisogno di scienziat* e tecnic*. Crescerà l’occupazione nei settori della computer science, dell’intelligenza artificiale, della robotica. I vecchi mestieri tradizionali (dove in genere ci sono le donne) svaniranno. Con il rischio che ciò che si sceglie da studenti avrà riflessi enormi sulla condizione della donna.
Tra le azioni che anche l’Unesco sollecita vi è la lotta agli stereotipi, cioè a quel sistema di immagini e solide convenienze sociali che si radica nella testa dei bambini fin da piccoli. E che condiziona le scelte anche di studio.
Molti ritengono il momento in cui le ragazze cominciano ad avere meno fiducia in sé stesse sia negli anni delle scuole medie. Già nel secondo ciclo delle elementari emergono timidi segnali di sfiducia verso la possibilità di essere delle brave scienziate. Ora una ricerca pubblicata dalla prestigiosa rivista Science a gennaio scorso, anticipa ulteriormente “l’età del disincanto”.
A sei anni i primi stereotipi
Già a 6 anni, con l’inizio della scuola, si creerebbero le prime immagini stereotipate sulla diversità dei sessi e dei ruoli. I ricercatori, infatti, hanno dimostrato che se a 5 anni una bambina sente dire che nel tal ufficio c’è una persona davvero “smart” , cioè brillante, veloce, un po’ geniale, molto intelligente che risolve i problemi prima e meglio degli altri, immediatamente penserà a qualcuno del suo sesso. Cioè a una femmina. Ma la stessa domanda posta un anno, al massimo due, più tardi rischierà di ricevere una risposta opposta. Tra i 6 e i 7 anni, infatti, il 20-30 per cento in meno delle bambine penserà che la persona brillante e un po’ geniale appartiene al suo stesso sesso. Di sicuro deve essere un maschio! Ecco nato uno stereotipo che diventa un macigno lungo il percorso per incrociare e amare la scienza, considerata dalle più territorio di geni solitari, di intelligenze brillanti cioè smart.
Il dato interessante è che se si chiede chi sia più bravo a scuola, maschi e femmine non hanno difficoltà a riconoscere che sono le bambine e poi le ragazze di solito le più brave e che hanno i voti migliori. Ma sgobbona non fa rima con smart, nella loro testa. Si può essere brave a scuola ma non necessariamente brillanti e intelligenti.
Una controprova viene affidata alla proposta di alcuni giochi. Uno viene presentato dai ricercatori come un gioco per persone brillanti, smart appunto, l’altro per chi è tenace, ce la mette proprio tutta. Il primo gioco viene presto abbandonato dalle bambine ma non l’altro.
Morale? I ricercatori non si spingono a dire chi ha concorso a creare questi stereotipi. Si limitano (al momento) a un consiglio. Insegnanti, se dovete lodare qualcuno fatelo perché ce la mette tutta ed è perseverante, non perché è davvero smart. Può darsi che in questo modo abbiate contribuito a creare una scienziata del domani