Credo che le donne scontino la volontà di “esserci” nei momenti “storici”, ma di limitarsi a denunciare le loro difficoltà senza accorgersi che, invece, debbono tornare ad avanzare proposte politiche precise ai governi e ai Parlamenti, affrontando le difficoltà dell’essere scomode e le dissolvenze delle loro iniziative se si fermano solo sulle piazze. Forse anche il 13 febbraio abbiamo fatto {{azione di supplenza}}: negli uomini che ci hanno seguite, ma forse anche in noi c’era una gran voglia di “manifestare” e non solo di denunciare le offese al nostro genere da parte di Berlusconi.

Se avete visto “{Libere}” di {{Cristina Comencini}}, dovrebbe apparire strano che la ragazza “che ha avuto tutto” in termini di parità e competitività con gli uomini, sia in una sala d’attesa ginecologica perché teme di essere incinta: dov’è finita la contraccezione? le vecchie femministe l’avevano richiesta come giusta prevenzione contro quell’aborto che la società continua a caricare sulle spalle delle donne, senza cambiamenti culturali neppure nella Chiesa, pugnace solo contro il permissivismo e incapace di “evangelizzare” i maschi, nel senso di dare loro la “buona notizia” (traduco la parola Vangelo) che si può vivere meglio.

Il veterofemminismo potrà essersi espresso in diverse scuole di pensiero, utilissime a far pensare anche quando conflittuali; ma ha {{imposto alcune questioni dirimenti al legislatore.
}}

Poi, è vero che i contenuti non erano quelli voluti e, per esempio, i consultori sono stati condannati alla superfluità da una medicalizzazione contraria alla {{richiesta originaria}}. Che chiedeva un luogo in cui discutere la ragioni pratiche della differenza, dalla giustizia (la consulenza giuridica se una pensa al divorzio o all’adozione) all’educazione sessuale dei figli nelle scuole. Ma l’iniziativa aveva fatto discutere e crescere.

Oggi {{la crisi del politico}} fa ritenere superfluo il Parlamento, secondo la prassi imposta dal testé caduto “silenziatore delle istituzioni”. Come donne potremmo {{aiutare la società a ridare senso allo stato. }}

Da più di vent’anni le economiste femministe denunciano {{l’assurdità dell’attuale concetto di Prodotto Interno Lordo}}: comprendere nel Pil solo la produttività è del tutto inadeguato (la crisi attuale lo dimostra ampiamente) e gli stessi economisti lo hanno già denunciato. Ma le economiste hanno avanzato la proposta di comprendervi {{la riproduzione,}} intendendo la riproduzione non come componente demografica o addirittura alimentare.

Sarebbe infatti decisivo per il futuro se il Pil assumesse {{la “cura”}}, attualmente femminilizzata al biologico-familiare, come {{modalità strategica}}, per farla diventare una filosofia economica per tutte le strutture e gli individui. Certamente sarebbe necessario articolare la proposta, ma sarebbe anche bello pensare che diventasse politico prendersi in braccio la società, riordinare le priorità (prima l’esercito o i nidi?) e risollevare la democrazia in crisi.

{{Proporlo a “big Mario” e alle forze politiche in Parlamento oggi divise fra apocalittici (volgarmente detti indignados) e integrati? }}