Città reale/città possibile. La democrazia perduta negli spazi urbani
Ipazia esiste ormai da 10 anni, a Firenze. Associazione nata come costola del Giardino dei Ciliegi, ha avviato fin dal primo incontro una riflessione sulla città e chi la abita, in un intreccio di generi e generazioni. Intreccio garantito non tanto e non solo dalla presenza di donne e uomini, giovani e meno giovani, ma dall’ottica con cui fin dall’inizio si è scelto di lavorare, ottica di genere, interdisciplinare, in grado di collegare esperienze e prospettive diverse.
Il decimo incontro si è svolto in due giornate (sabato 11 e sabato 25) nello scorso mese di ottobre (1). Anche nelle giornate di ottobre l’approccio interdisciplinare di Ipazia è stato evidente. Le relazioni o per meglio dire gli interventi di apertura di ospiti esterni, sono state affidate nella prima giornata a Rita Di Leo (politologa), partendo dal suo libro Il ritorno delle élites, a Carlo Cellamare (urbanista), già ospite in altri incontri, sul tema “Periferie e disuguaglianze”; nella seconda giornata a Maria Pia Guermandi (esperta di beni culturali) su “Patrimonio culturale e democrazia”, ad Elisabetta Amalfitano (docente di filosofia) e Kaha Mohamed Aden (scrittrice) su “Uguaglianza, differenza e libertà”.
Al centro della riflessione la progressiva riduzione di spazi democratici correlata all’aumento delle disuguaglianze, in un mondo in cui le élites finanziarie più ancora che economiche aumentano il loro strapotere. Mentre il dibattito della mattina, in entrambe le giornate, si è svolto nella forma più tradizionale di domande e risposte, nei due pomeriggi si è adottato un altro formato.
L’11 ottobre si è svolto un laboratorio sulla parola “sinistra”. Partendo da un interessante video-intervista a Edoardo Salzano, si è cercato di rispondere alla domanda: “E’ vero che oggi la parola sinistra non ha un contenuto definito?” Nel laboratorio si è cercato di collocare parole, in larga misura riconducibili al dibattito della mattina, in una mappa in cui sinistra e destra indicano aree opposte, con uno spazio intermedio. In questo spazio intermedio sono finite alcune parole importanti, non perché l’opinione prevalente fosse che “non ci sono più destra e sinistra”, ma perché alcuni sostantivi trovano una collocazione solo grazie ad un termine che li qualifica: pensiamo alla parola “libertà”, che da un lato è una delle due gambe della sinistra, come sostiene Amalfitano, sulla scia di Bobbio, ma diventa termine di destra se la si attribuisce al mercato o alla circolazione dei capitali.
Sicuramente a sinistra si colloca invece la parola uguaglianza, per Amalfitano l’altra gamba della sinistra, di cui però Kaha Aden svela le contraddizioni con una favola somala: come si può soddisfare la fame di animali carnivori e erbivori avendo a disposizione solo carne? Evidentemente non basta distribuirla equamente fra tutti. E quindi uguaglianza vuol dire “a ciascun* secondo i suoi bisogni e da ciascun* secondo le sue capacità”.
Anche la parola città, termine chiave della riflessione di Ipazia, si colloca a sinistra se è la città di chi la abita (termine che evoca la residenza più che la cittadinanza), ma va a destra se è la città della rendita e quindi della sopraffazione.
Il 25 ottobre la riflessione pomeridiana è stata su “Esperienze e storie di di resistenza e riappropriazione di fronte alla mutazione antiegualitaria”. La formula scelta quella della tavola rotonda, dal diametro più piccolo del previsto, perché per vari motivi solo due delle cinque realtà invitate hanno partecipato: Officine Zero, di Roma e Mondeggi-fattoria senza padroni, di Firenze.
Oltre la narrazione delle esperienze si è aperto il dibattito, per cercare di capire se e in che misura, partendo da realtà locali, si può veramente innescare un processo in controtendenza per ritrovare la democrazia perduta.
Particolarmente vivace la discussione a proposito della “rabbia” che in questo paese, in questa fase politica mancherebbe nei giovani secondo alcune persone (meno giovani). L’antagonismo giovanile trova nell’autogestione di strutture un nuovo modo di stare insieme, ma se le esperienze non si collegano le une alle altre restano senza sbocco politico, senza reale capacità trasformativa.
Il gruppo di Ipazia si propone di inserire nello spazio all’interno del sito del Giardino dei Ciliegi (www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it) relazioni e interventi, come è stato fatto per i precedenti incontri.
(1) Citiamo i titoli degli altri incontri come una sorta di riassunto delle puntate precedenti: Città reale, città possibile (2005), Verso una carta per una città possibile (2006, da cui è uscita una bozza di Carta della città come bene comune), Spazi urbani fra emozioni, dispositivi di sicurezza e (im)possibilità di autogoverno (2007), Strade spazi storie intrecci nel Mediterraneo (2008), Il desiderio abita la città? Sguardi di donne fra spazi pubblici e privati (2009), Urbanistica, corruzione, pianificazione partecipata (2010), Cemento amato. Luoghi e progetti di resistenza urbana (dalla merce-città alla città bene comune) (2011), L’utopia scintilla di creatività (2012), Per una città delle differenze: pratiche e progetto (2013)
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