Come si fa a non sospettare che il periodico rigurgito “sulla 194” non sia in realtà il solito espediente per ricordare a tutte che la nostra è {{una libertà condizionata}}?
La verità è che {{le richieste di modifica della 194 prescindono dalle statistiche e dalla stessa realtà}}: l’aborto tra le italiane è in costante diminuzione, la natalità è aumentata, sono costrette a ricorrere all’aborto soprattutto le donne straniere che non possono liberamente accedere alla contraccezione.

La verità è che abbiamo davanti un Parlamento che balbetta e nel quale {{la laicità annaspa}}. Fuori e dentro di esso, la Cei con toni insinuanti e ipocritamente protettivi nei confronti delle donne, interviene a reclamare modifiche, pur mostrandosi refrattaria, come sempre, alla contraccezione.

E’ vero, {{la legge 194 ha 30 anni}} e forse si potrebbe insieme – uomini e donne, cattolici e laici, italiane e immigrate – ragionare per renderla più funzionale e più adeguata alle avanzate possibilità che la scienza ci offre: tutte le possibilità.

Ma, {{in assenza di atti e di parole che garantiscano un reale confronto}}, si alimentano l’ostilità e il dubbio che quello che si vuole veramente è contrastare la piena libertà per le donne di decidere: nei rapporti con l’altro sesso, sul lavoro, in politica e soprattutto rispetto al loro corpo fertile.

{{Questo è il vero problema}}.

Non fonderemo niente di nuovo se non si mettono le basi per{{ una responsabilità duale della vita}}. Dove duale non vuol dire che gli uomini decidono insieme alle donne della loro pancia, ma che uomini e donne fanno della loro differenza il possibile cardine per una convivenza civile.

Alla base di questa differenza c’è però {{una disparità}}: le donne hanno un corpo fertile, le donne possono concepire.
E possono – se vogliono, quando vogliono – far nascere, quindi dare la vita.
Quando una donna decide di non portare avanti una gravidanza, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, assume una responsabilità di cui, in coscienza, è l’unica titolare.

{{ Ogni essere umano è al mondo per volontà di una donna}}.
Parliamo di questo.
Non giriamo intorno al problema.

{{La libertà delle donne passa per l’autodeterminazione}} e il suo esercizio segna i confini tra una possibile democrazia e l’inciviltà.

L’autodeterminazione femminile nella legge 194 è l’unica acquisizione di questa democrazia che possiamo traghettare in una {{democrazia paritaria}} come atto politicamente condiviso tra uomini e donne.

Questi sono i termini della questione che noi riteniamo debbano essere discussi e lo faremo pubblicamente. Ci renderemo ovunque visibili e riconoscibili e parleremo con uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore un autentico dibattito politico.

Lo faremo con chiarezza e fermezza, affinché la possibilità di decidere delle donne sia piena e autentica.
Di decidere ovunque, nel mondo.
Ovunque, del nostro corpo.

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UDI Unione Donne in Italia,

Sede nazionale, via dell’Arco di Parma 15 00186, Roma
Tel 06 6865884 – e-mail udinazionale@tin.it – www.udinazionale.org}