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Giovedi 26 maggio L’Udi- Unione Donne in Italia- ha ospitato, presso la sua sede in via della Penitenza 37, una  conferenza stampa sull’applicazione della legge sull’aborto e la  discriminazione dei/delle medici/che che la rispettano. La conferenza è stata organizzata da Laiga (Libera Asoociazione italiana di ginecologi/che per l’applicazione della legge 194/78) ,  in collaborazione con  Udi ,Vita di Donna, Freedom for Birth, Casa Internazionale delle Donne, Noi Donne , CGIL e Ippfen, per fare chiarezza rispetto alle ultime opache dichiarazioni della Ministra Lorenzin che sovrintende il delicato campo.

La risposta della ministra Lorenzin, resa nota l’11 aprile 2016, è arrivata a seguito della pronuncia  del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che ha per la seconda volta sottolineato la situazione critica in materia di tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne in Italia a causa della preponderanza di medici obiettori di coscienza. E’ stato un reclamo presentato dalla Cgil ,nell’ottobre 2015 e reso noto ad aprile 2016, a portare all’attenzione dell’organo europeo un quadro critico a causa della difficoltà sempre maggiore delle donne ad accedere al servizio di interruzione di gravidanza (Ivg) e delle discriminazioni sul piano professionale vissute  dai/ dalle mediche che applicavano la legge 194/78 in materia di Ivg. Un reclamo che questa volta, dato il sollevarsi del caso mediatico, non poteva essere ignorato. Già nel 2013 l’Udi aveva consegnato alla Ministra della Salute un’interrogazione composta da 11 quesiti pensati per avere trasparenza e chiarezza rispetto alle difficoltà incontrate dalla legge, domande che attendono ancora risposte. Anche Laiga, la Libera associazione dei medici per l’applicazione della legge 194/78 aveva presentato nel 2014, insieme alla IPPF EN (International Planned Parenthood Federation European Network),  un ricorso in materia al Consiglio d’Europa vincendolo.

La risposta della Ministra della salute recita: “Il Governo italiano dichiara di seguire attentamente la situazione denunciata dalla Cgil nell’interesse delle persone coinvolte, ovvero le donne, i medici ma soprattutto dei bambini non nati e della protezione dei loro diritti”. A questo proposito Virginia Giocoli di Freedom for Birth ha sottolineato come l’inserimento, da parte della Ministra, dei bambini non nati tra le persone interessate dalla legge ci riporti indietro di 40 anni: un non nato non può considerarsi persona, perciò neanche titolare di diritto come già stabilito dal Legislatore in una sentenza del 1975. La Ministra spieghi perciò cosa vuole dire.

A moderare, Chiara Valentini che ha condiviso con  i/le presenti quello che ha definito un -momento di scoraggiamento dovuto al fatto di dover ancora oggi difendere, a distanza di quasi 40 anni la legge 194/78, una legge sacrosanta che ha a che fare con l’autodeterminazione delle donne a decidere sul proprio corpo-. Negli ultimi anni la legge è stata oggetto di attacchi subdoli che passano dall’obiezione di coscienza alla colpevolizzazione e penalizzazione delle donne che abortiscono. Come ha ricordato Vittoria Tola –Responsabile Nazionale Udi -, la legge di stabilità ha di recente stabilito una multa pari a 10.000 euro per le donne che abortiscono clandestinamente, ciò rappresenta un rischio altissimo per la salute delle donne, che spaventate dalla sanzione potrebbero non rivolgersi in caso di necessità al servizio sanitario. Dalle realtà presenti è stata espressa forte preoccupazione per le difficoltà che incontra l’applicazione della legge 194/78 rispetto alla possibilità delle donne di accedere all’IGV a causa della dilagante obiezione di coscienza da parte del personale medico e non solo. La percentuale di medici obiettori è altissima, ha raggiunto picchi del 70% in tutto il paese e del 90% al sud: numeri che rendono difficile l’interruzione volontaria di gravidanza regolata dalla legge. La confusione sui numeri è drammatica e non permette di avere un quadro completo del fenomeno.  Silvana Agatone –presidente di Laiga- ha spiegato in questa occasione l’inadeguatezza di metodo di una raccolta dati che non indaga la reale domanda ma si basa sul semplice conteggio di ogni Ivg effettuata, ignorando che nella maggior parte delle strutture il numero degli aborti diminuisce perché ci sono meno medici non obiettori. Sarebbe importante perciò capire che fine fanno tutte le richieste che vengono eluse e a chi si rivolgono le donne che si vedono sistematicamente negare un diritto. Proprio a questo proposito Giovanna Scassellati responsabile del Day Hospital- Day Surgery 194 dell’ospedale San Camillo di Roma ha  raccontato di come sia delicata la situazione nel Lazio, sovraccaricato dalla presenza delle tantissime donne che arrivano dal sud per l’Igv .(Roma 27/05/16)

Dalla rivista Noi Donne vi proponiamo due video della conferenza stampa