Continuo a dimenticare…

Dal sito della mostra “La Shoah e la Memoria” proponiamo questa poesia di Lily Brett. Il sito propone alcune poesie composte nel lager durante la prigionia o successivamente da sopravvissuti e da parenti di internati, tratte dal volume “The Auschwitz Poems” pubblicato dal Museo Statale di Auschwitz-Birkenau nel 1999.{{Continuo a dimenticare}}

continuo a dimenticare
i fatti e le statistiche
ed ogni volta
ho bisogno di saperli

cerco nei libri
questi libri occupano
venti scaffali
nella mia stanza

so dove andare
per confermare il fatto
che nel Ghetto di Varsavia
c’erano 7,2 persone per stanza

e che a Lodz
destinavano
5,8 persone
ad ogni stanza

dimentico
continuamente
che un terzo di Varsavia
era ebreo

e che nel ghetto
stiparono 500.000 ebrei
nel 2,4 per cento
dell’area della città

e quanti
corpi bruciavano
ad Auschwitz
all’apice della produzione

ventimila al giorno
devo controllare
e ricontrollare

ed ho sognato
che il 19 gennaio alle 4 del pomeriggio
58.000 carcerati emaciati
furono fatti marciare fuori da Auschwitz?

ricordavo
bene che a Bergen-Belsen
dal 4 al 13 aprile 1945
arrivarono 28.000 ebrei da altri campi?

ricordo
centinaia e centinaia
di numeri telefonici

numeri
che non chiamo
da vent’anni
sono immediatamente disponibili

e ricordo
le conversazioni delle persone
e quel che la moglie di qualcuno
ha detto al marito di qualcun’altra

che buona memoria
hai
mi dice la gente.

{Lily Brett}

Le [poesie->http://www.la-shoah-e-la-memoria.it/mostre/poesie.htm] esposte nella mostra “[La Shoah e la Memoria->http://www.la-shoah-e-la-memoria.it/mostre/mostra-la-shoah-e-la-memoria.htm]”, composte nel lager durante la prigionia o successivamente da sopravvissuti e da parenti di internati, sono tratte dal volume {{ {The Auschwitz Poems} }} pubblicato dal Museo Statale di Auschwitz-Birkenau nel 1999.
I testi sono stati tradotti per la prima volta in italiano, su licenza del museo polacco, da Marilinda Rocca (curatrice, insieme al Prof. Adam A. Zych, della versione italiana di questa antologia poetica, di prossima pubblicazione)

L’illustrazione di questo articolo, tratta dalo stesso sito si intitola {{ {Casacche a righe, simboli diversi che significano morte } }}
Vagabondi, mendicanti, prostitute, borsaioli portavano sul petto un triangolo nero. Ladri briganti e assassini lo portavano verde. Rosa era quello riservato agli omosessuali. I detenuti politici erano contraddistinti da un triangolo rosso. Ai preti, ai testimoni di Geova veniva invece cucito un triangolo viola.
Agli ebrei veniva imposto il triangolo giallo.
L’opera interpreta la grezza casacca a strisce che serviva come unico capo d’abbigliamento in estate e in inverno al detenuto e i vari simboli che vi venivano abbinati a seconda che il proprietario fosse un prete, un assassino, un ebreo, ecc.
I numeri e le stelle di David che si ingorgano sulla tela si affiancano alla sozzura che rimaneva impregnata nelle casacche e sono ulteriori simboli di identificazione in vista dell’usuale imminente annientamento. In tempi differenti, decisi dalle SS, ognuno di quei simboli significava, per chi lo portava addosso, la morte.

Continuo a dimenticare…

Dal sito della mostra “La Shoah e la Memoria” proponiamo questa poesia di Lily Brett. Il sito propone alcune poesie composte nel lager durante la prigionia o successivamente da sopravvissuti e da parenti di internati, tratte dal volume “The Auschwitz Poems” pubblicato dal Museo Statale di Auschwitz-Birkenau nel 1999.{{Continuo a dimenticare}}

continuo a dimenticare
i fatti e le statistiche
ed ogni volta
ho bisogno di saperli

cerco nei libri
questi libri occupano
venti scaffali
nella mia stanza

so dove andare
per confermare il fatto
che nel Ghetto di Varsavia
c’erano 7,2 persone per stanza

e che a Lodz
destinavano
5,8 persone
ad ogni stanza

dimentico
continuamente
che un terzo di Varsavia
era ebreo

e che nel ghetto
stiparono 500.000 ebrei
nel 2,4 per cento
dell’area della città

e quanti
corpi bruciavano
ad Auschwitz
all’apice della produzione

ventimila al giorno
devo controllare
e ricontrollare

ed ho sognato
che il 19 gennaio alle 4 del pomeriggio
58.000 carcerati emaciati
furono fatti marciare fuori da Auschwitz?

ricordavo
bene che a Bergen-Belsen
dal 4 al 13 aprile 1945
arrivarono 28.000 ebrei da altri campi?

ricordo
centinaia e centinaia
di numeri telefonici

numeri
che non chiamo
da vent’anni
sono immediatamente disponibili

e ricordo
le conversazioni delle persone
e quel che la moglie di qualcuno
ha detto al marito di qualcun’altra

che buona memoria
hai
mi dice la gente.

{Lily Brett}

Le [poesie->http://www.la-shoah-e-la-memoria.it/mostre/poesie.htm] esposte nella mostra “[La Shoah e la Memoria->http://www.la-shoah-e-la-memoria.it/mostre/mostra-la-shoah-e-la-memoria.htm]”, composte nel lager durante la prigionia o successivamente da sopravvissuti e da parenti di internati, sono tratte dal volume {{ {The Auschwitz Poems} }} pubblicato dal Museo Statale di Auschwitz-Birkenau nel 1999.
I testi sono stati tradotti per la prima volta in italiano, su licenza del museo polacco, da Marilinda Rocca (curatrice, insieme al Prof. Adam A. Zych, della versione italiana di questa antologia poetica, di prossima pubblicazione)

L’illustrazione di questo articolo, tratta dalo stesso sito si intitola {{ {Casacche a righe, simboli diversi che significano morte } }}
Vagabondi, mendicanti, prostitute, borsaioli portavano sul petto un triangolo nero. Ladri briganti e assassini lo portavano verde. Rosa era quello riservato agli omosessuali. I detenuti politici erano contraddistinti da un triangolo rosso. Ai preti, ai testimoni di Geova veniva invece cucito un triangolo viola.
Agli ebrei veniva imposto il triangolo giallo.
L’opera interpreta la grezza casacca a strisce che serviva come unico capo d’abbigliamento in estate e in inverno al detenuto e i vari simboli che vi venivano abbinati a seconda che il proprietario fosse un prete, un assassino, un ebreo, ecc.
I numeri e le stelle di David che si ingorgano sulla tela si affiancano alla sozzura che rimaneva impregnata nelle casacche e sono ulteriori simboli di identificazione in vista dell’usuale imminente annientamento. In tempi differenti, decisi dalle SS, ognuno di quei simboli significava, per chi lo portava addosso, la morte.

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