Cosa vuol dire essere di parte?
Cosa vuol dire essere di parte? Anche Fausto Bertinotti scrive e lancia il
suo messaggio: “Abbiamo scelto di essere di parte”. Forse è tardi per
dirlo ad un popolo trascurato e inascoltato da anni, per dirlo oggi, a
poco meno di un mese dalle elezioni. Ci sono giorni in cui le notizie che ci arrivano, sembrano chiederci con forza da che parte stiamo: oggi è la repressione delle istanze tibetane compiute dai cinesi, fra poco meno di un mese lo saranno le elezioni, il tifo che si segue con gli occhi.
Allora si pensa a quanto può sembrare tragico e pericoloso questo
essere ondivaghi, l’ho provata di persona la censura, a non essere di
una sola parte.
_ Perché se sono donna, non sono anche dalla parte dell’uomo, se sono pensionata non devo prendere parte ai problemi di chi lavora, se ho un reddito garantito non devo prendere parte per chi non ce l’ha, se ho casa non lotto per una casa per tutti, se non credo non sono dalla parte di chi crede?
_ Tutte le lotte si ripetono e sono accadute, le abbiamo vissute in prima persona, certe lotte magari, quando eravamo studenti, o sfrattati, o solidali, o licenziati, o semplicemente per poco di parte, con una gran paura che quell’altra di parte ci avrebbe oppresso e represso.
Siamo diventati tutti internazionalisti ed esperti di geopolitica, come
le persone anziane del mio paese, quelle che sono andate una volta
nella vita a Roma che dista cinquanta chilometri: anche loro si
occupano del mondo, conoscono a modo loro gli “stranieri” e ci devono
pure convivere e rispolverano ricordi di soldati, di invasori, di
viaggi organizzati, di tanta televisione.
Uno tsunami di news del mondo e nostrane, ci dicono di prendere parte,
quella parte, che altrimenti affonderemo, magari con loro.
_ Sbandiamo sopratutto noi di sinistra, quella che era la sinistra,
quella che sembra avere – io continuo a dire per fortuna – la capacità
di mettere in discussione, che non prende tutto per buono e che, quando
vedeva rosso, non era sufficiente farla muovere ed essere tutta di
una parte.
Ricordo mio padre che rifiutò di sentirsi dalla parte dei carri armati in Ungheria, eppure era stato partigiano.
_ Non ebbe più pace da quel giorno, ogni tanto lo vedevo riprendere parte, come ai tempi dei referendum a partire dal divorzio, lui che aveva amato sempre e solamente mia madre.
_ Pannella gli piaceva ma capì che non era sufficiente la sua favella per opporsi alla Dc.
Cominciò a piacergli quella chiesa del dissenso, quelle comunità che si facevano sincere e non si chiedevano se sarebbe stato prudente essere di parte.
_ Lamentava il fatto che si spendeva troppo in famiglia nella carta
stampata…
_ Erano i tempi del Paese Sera, del Manifesto, Lotta Continua
e anche il Messaggero di Roma. Cominciò ad appoggiare i socialisti, le
riforme prendendo la parte dei lombardiani, la parte non vincente,
ovviamente.
_ Guardò a Pertini come ad una speranza di riscatto, per la
sua lealtà umana e politica, ma mio padre morì giovane, nel ’79,
godendo con un tumore del suo primo anno da pensionato.
A volte ripenso a quella specie di fantocci che si gettavano dalle
torri di Manhattan, a quei gorghi di alluvioni dove cose e persone sono
travolti dal fango, a quei venti durissimi e spietati che fanno volare
le macchinette come le case, a volte ripenso a questi crac finanziari,
a mia madre che anche lei non c’è più ed era nata nel 1929, all’insegna
della grande depressione e dell’essere profuga a vita.
Mi viene una grande stanchezza, forse sarà l’età, la salute o la primavera.
_ Certo è grande la consapevolezza che niente è certo, e la parte di me
che è di parte, ondeggia più che mai, sembra accasciarsi o diventare
prepotente.
_ Non si riesce a condividere neanche più un appello, nessuno ci crede ad
una firma, ci si muove in corteo solo se ci sono morti e dopo anche
dopo quelle morti, divisioni e discussioni, critiche e polemiche, e poi
tutti a casa, a mangiare, a dormire, a compiere quelle funzioni
primarie costellate e accompagnate da valanghe di oggetti e soggetti
che ti invitano ad essere di parte, con una firma, un voto, una marca,
un canale, una squadra.
Anche i morti diventano di parte, li rivendicano gli uni o gli altri,
li benedicono e ne dicono le parti, quelle che se solo ci fermiamo per
carità un poco, ci sembreranno una sola, quella del potere, del Grande
Leviatano.
E allora fuggo nel mio orto, come mio nonno che ne aveva uno
a Piazzale Clodio a Roma, dove oggi c’è la RaiTv e il Tribunale,
insieme ad altri aveva l’orto di guerra.
_ L’aveva scambiato con un
agnello, come quello che si mangia a Pasqua , che quando mio padre
tornava dal lavoro, belava e gli correva incontro per quattro piani di
scale.
Poi ci fu la guerra, quella vera, e ognuno fece la sua parte.
_ Come oggi, invitati ad essere cittadini – con un diritto e un dovere
per un giorno – a ripercorrere come dallo psicanalista sogni e incubi
che si affollano, indistintamente, alle prime luci dell’alba.
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