Dall’arte alla poesia e viceversa ma “contro la violenza”
Lucrezia Rubini, critica e storica d’arte, docente, grafologa consulente ed esperta giudiziaria, pubblica il suo primo libro di “non-poesie” – “Questa non è una poesia” (Robin Editore 2022) – http://www.robinedizioni.it/nuovo/questa-non-e-una-poesia –
Prima presentazione del libro il 22 novembre 2022 alle ore 17 alla Biblioteca comunale di Roma Franco Basaglia, in via Francesco Borromeo 67. Seconda presentazione domenica 27 novembre 2022 ore 17,30 alla Biblioteca Comunale di Ciciliano (RM) in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – Entrambe le presentazioni comprendono un dibattito su due libri; l’altro, di Catia Balla, è già stato da me recensito in queste pagine – https://www.womenews.net/2022/07/19/ricordare-per-imparare-a-dimenticare-un-libro-che-toglie-il-respiro/
Un’interessante situazione si è verificata quando l’amica e collega Lucrezia si è rivolta a me per recensire il suo ultimo libro intitolato “Questa non è una poesia”. In realtà anch’io non sono una “critica letteraria” secondo i canoni, anche se scrivo libri ed articoli con un certo successo. Sono giornalista è vero, ma la mia formazione proviene dall’Accademia di Belle Arti e quindi a maggior ragione non posso far a meno di sottolineare quanto lei dice di se stessa nella prefazione al libro:
- Il titolo riecheggia l’opera di Renè Magritte “Questa non è una pipa”, con cui si pone la questione che l’opera d’arte non è la realtà, non la rappresenta, ma si riferisce ad essa trascendendola simbolicamente e approdando ad altro, oltre. Oltre il visibile, oltre il dicibile, oltre la logica umana, in una dimensione dell’anima, in cui ognuno può riconoscersi e declinare il proprio sentire.
Certamente il linguaggio verbale e quello visivo non possono essere tradotti l’uno nell’altro impunemente, ma si può tentare un dialogo, una collaborazione, e questo suo titolo del libro (a mio parere) è proprio una dichiarazione d’intenti, oltreché una provocazione dell’autrice che, affermando più volte di non essere poeta, si impegna in una presa di distanza per giustificare la sua ardita intromissione in un campo che non ritiene di sua competenza. Aggiungendo a ciò l’urgenza sentita per compiere tale operazione cioè, per sua ammissione – essere questo un libro scritto quasi interamente di getto e con ritmi serrati in un mese di tempo durante il lockdown – diventa così quasi palpabile la sensazione che non si senta del tutto autorizzata a varcare questo confine, giustificandosi però brillantemente affermando:
- Queste poesie mi hanno fornito strumenti versatili per esprimere un magma che premeva da molto tempo, dando una risposta inalienabile a bisogni profondi da condividere universalmente. […] Queste “composizioni” nascono dall’esigenza di “fare il punto della situazione” e “tirare le somme” in un momento critico della mia vita. –
In sintesi quindi la poesia è ricercata come aggregante, come strumento di introspezione e di sistematizzazione del disordine interiore nel quale a volte ci sentiamo sommerse, soprattutto in occasione di fatti di cronaca o di impegni che richiedono un confronto con un sociale non del tutto favorevole alle donne …
Lucrezia Rubini, così come si esprime anche in un’intervista pubblicata su L’Albatros – Trimestrale diretto da Agostino Bagnato, ottobre/novembre 2022 – dichiara di aver acquisito competenze psicologiche nell’ambito della grafologia e come life-coach, da utilizzare nel campo della critica d’arte e dell’estetologia, credendo fermamente che, nella fruizione dell’opera d’arte visiva, si produca una compartecipazione tra di chi mostra e di chi guarda, operazione fondamentale dimostrata anche dalle neuroscienze riguardo il funzionamento dei neuroni specchio. Inoltre confessa di aver avuto dai nonni quel rapporto privilegiato che l’ha fatta crescere affettivamente, producendo in lei il desiderio, nell’adolescenza, di tenere un diario, sul quale aveva cominciato ad analizzare i sentimenti propri ed altrui, diario che l’aveva messa in confidenza con la scrittura ed emancipata verso ulteriori approfondimenti ed analisi, risvegliando inoltre nello stesso tempo in lei, il desiderio di occuparsi di arte e grafologia.
Sono 51 i “componimenti”, che toccano esperienze personali e non, mettendo sotto i riflettori tematiche molto “forti” soprattutto della condizione femminile, stupro, violenza, incesto, pedofilia, con una costruzione di “immagini verbali” pungenti, provocatorie, proprio come accade talvolta nelle avanguardie dell’arte contemporanea, in particolare cita gli “espressionisti astratti” che, pur sottintendendo un lungo lavoro interiore, realizzano una composizione in poche ed efficaci, a volte aggressive, pennellate. L’obiettivo è stato quello di rendere l’atmosfera di una situazione oppressiva, asfissiante, spesso umiliante e violenta, come in Catcalling, Stupro, Prostituta, Molestia, Incesto, Ieri pomeriggio (che tratta il tema della pedofilia).
Vi è un secondo gruppo di composizioni che invece seguono il filo del ricordo (Infanzia, Trine, Ricordi, Brava a scuola, Madre, Il cancello, Feto, Nascita, Puerpera, Casa d’infanzia) e sono quelle di carattere più autobiografico, nelle quali la nostra autrice utilizza una forma verbale quasi infantile e cantilenante. Lei stessa le attribuisce addirittura a impressioni della vita intrauterina, ricostruendo in qualche modo, anche quanto rimane di una eco delle ninne nanne o dalle filastrocche infantili o di quanto la nonna paterna (sua omonima) le insegnava, portandola all’ascolto dei “Salmi responsoriali” e della recita del Rosario. Una ripetitività quasi ossessiva, una sorta di coazione a ripetere, anzi di mantra rimasto impigliato nella memoria inconscia ed uscito quasi d’impulso, avendo in precedenza contribuito a creare le sue “radici emozionali”. Sembra che l’elemento filosofico e quello psicologico abbiano agito in osmosi, come ribadisce, per collegarla agli archetipi della Terra, la figura della Grande Madre ed i temi della Mitologia, come il viaggio di Ulisse, ma in questo caso …
- il percorso è quasi dissacratorio perché, senza individuare un dio o un’anima, l’uomo-microcosmo passa dalle viscere della Terra, che lo hanno accolto in vita, direttamente ad una dimensione cosmica e universale, immateriale e spirituale. Anche la figura di Ulisse è stata totalmente diseroicizzata, riducendo il suo viaggio ad un viaggio della “disperazione del ritorno”, in cui è da leggere una nota polemica riguardo alla tragedia dell’immigrazione.
Dal punto di vista della nostra autrice però non ci sono più miti salvifici, solo con la riflessione e l’azione saggia ed accorta possiamo sperare di mettere in atto scelte salvifiche per l’umanità. (Scettica nichilista, È romantico! Destino, Luna e Terra, Vago, Il fruscìo dei pensieri, Orientamento, Verrà il tempo).
Per concludere Lucrezia ribadisce essere fondamentale il ruolo della donna/madre con il feto ed il bambino/a nei primi anni di vita, basato su una comunicazione chimica, attraverso gli ormoni che fissano, nella psiche del feto, le tracce mnestiche che continueranno ad agire nell’inconscio per tutta la vita, essendo la madre colei che pone le basi della nostra struttura emozionale, strettamente interdipendente con le dinamiche dell’intelligenza e della cosiddetta intelligenza emotiva.
Nel componimento – “feto” – in particolare, si può riconoscere quanto l’autrice si impegni a descrivere un percorso di risalita dalle origini del Sé, un processo di “rebirthing” si potrebbe dire, forse in riferimento alla propria maternità come un’esperienza straordinaria ed un privilegio per le donne, dalla specificità del rapporto con il proprio corpo, la cui storia risale alla notte dei tempi, ma è stato drammatizzato ed emancipato in anni ed anni di lotta femminista. Un’eredità alla quale siamo tutti, singolarmente e collettivamente, chiamati a contribuire, anche con scelte politiche concrete e coraggiose.
Il tema della violenza sulle donne è quindi, in questo libro, trasversale e viene trattato direttamente nelle composizioni più “forti”, ma il vero scopo che si prefigge l’autrice è quello di coinvolgere il lettore in un percorso di catarsi, una terapeutica di “discesa agli inferi” e ritorno, cercando di sensibilizzare in questa maniera le persone al rispetto dell’altro, all’educazione dei bambini in tal senso, ma anche spronarle ad affrontare con un aiuto terapeutico il disagio di molte situazioni, nelle quali il sprofondare nella rabbia e nella frustrazione ha come oggetto sostitutivo la donna o il minore. In tal senso intende il suo programma di life coach dell’arte e della poesia, come “cura” per l’anima.