Dalle donne della Costa d’Avorio: “il mio abbigliamento non è un invito”
Apologia dello stupro in televisione, le donne rispondono. (articolo di Y.Ciyow, da Abijan, 17 sett.2021)
Dopo il talk show sullo stupro che ha scioccato il Paese, si alza la voce delle donne, incoraggiate da una nuova generazione di militanti molto attive sui social.
Cosa è successo il 30 agosto? In una trasmissione molto popolare del Nuovo Canale Ivoriano (NCI) un invitato presentato come “un vecchio stupratore” è stato incoraggiato dal presentatore Yves Mbella a simulare uno stupro su una bambola di plastica a grandezza naturale. Una vera apologia dello stupro. L’oscenità delle immagini è passata su tutta la stampa del Paese e anche all’estero.
La magistratura si sta occupando del caso e i due ‘protagonisti’ sono stati arrestati, portati davanti al giudice e condannati.
Nel clamore che ha seguito questo scandalo le militanti dei diritti delle donne hanno avuto un ruolo di primo piano , in particolare le donne della Lega, fondata nel 2020 da dieci giovani donne ivoriane, che si propone come avamposto delle lotte femministe delle donne africane degli ultimi mesi: Il loro slogan “Perché non siano mai sole” è diffuso ovunque, nei mercati, nelle scuole, nei corsi di autodifesa che si stanno organizzando nei quartieri. Sono loro che hanno denunciato il presentatore, sono loro che hanno organizzato qualche giorno dopo un sit-in davanti alla sede dell’emittente per chiederne l’incriminazione.
“Il web è un terreno di lotta, così come la strada” è lo slogan che ha sommerso le reti social già dall’inizio del 2020 per denunciare e sferzare anche col ridicolo le mille offese e soprusi fatti alle donne (#VeraDonnaAfricana).
La reazione contro l’episodio televisivo ha fatto registrare un boom di denunce e richieste di protezione da parte di donne che per anni hanno subito in silenzio e nella vergogna.
Il sostegno delle donne della Lega è fondamentale: “per le donne è più facile rompere il silenzio su internet che in famiglia e noi mostriamo loro che siamo alloro fianco anche là,in rete. Non guardiamo in faccia a nessuno, l’obiettivo è di vedere gli aggressori portati in tribunale”.
Anche in Benin, Mali e Chad
Le associazioni impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne si sono sviluppate tra il 2002 e il 2010, la loro principale novità consiste nella padronanza delle reti social e nella consapevolezza del ruolo che possono avere nel loro impegno militante. Così sono nate Leghe anche negli altri Paesi dell’area (delicatissima e esposta alle incursioni del dell’integralismo e banditismo jihadista, ndt): Benin, Mali, Chad.
Malgrado i passi avanti,le militanti lamentano che troppo spesso la giustizia si occupa solo delle vicende che fanno più clamore lasciandone in ombre altre, molto numerose. Sulla linea telefonica messa a disposizione della Lega dall’inizio di settembre arrivano fino a cinque testimonianze giornaliere di donne vittime di violenza. A loro la Lega offre sostegno legale, psicologico, finanziario grazie ad una rete di avvocati e psicologi. Le attività sono finanziate da sostenitori privati, non ci sono contributi ministeriali. Gli aiuti vanno soprattutto a mamme sole che lottano per mantenere la custodia dei figli e per ottenere un assegno di mantenimento.
I metodi delle donne della Lega non piacciono a tutti, conferma la segretaria della Lega Desirée Deneo, continuamente minacciata al telefono: “Siamo accusate di ‘importare’ nel paese un modus operandi militante che sarebbe estraneo alla tradizione ivoriana. Ad un certo punto bisogna smettere di organizzare incontri di sensibilizzazione, seminari sulla parità e sulla valorizzazione delle capacità delle donne. Si è troppo concentrati sull’aspetto istituzionale, ma questo porterà davvero soluzioni alle donne che sono vittime ogni giorno?”
Lo scandalo dell’apologia dello stupro ha aperto una piena di dichiarazioni e proteste femminili contro le violenze fisiche, sessuali e psicologiche. “Anche se eravamo abituate al peggio, con quella trasmissione si è passato il limite e la forte mobilitazione che ne è scaturita ha favorito la presa di coscienza dell’ampiezza e della profondità del problema da parte della società intera.”
Le autorità sembrano oggi più preparate a fronteggiare le proteste rispetto al 2020, quando in pieno coprifuoco anti-Covid sono aumentate esponenzialmente le violenze domestiche denunciate nella capitale. Qualcosa è stato fatto: il personale che opera nei commissariati è stato istruito per la raccolta delle testimonianze e la presa in carico delle vittime, a novembre 2020 è stato attivato un numero verde dedicato. Non ci sono statistiche che documentano le violenze contro le donne in Costa d’Avorio. Una recente indagine (2018) promossa dal Ministero per le questioni femminili riportava 3184 casi nell’anno, di cui il 68% è rappresentato da violenze domestiche. Una stima che in molte e molti considerano ben al disotto della realtà.
da Mediterranea (newsletter Udi Catania) del 21.9.2021