Dall’Università di Milano Bicocca uno studio su intelligenza artificiale generativa e disuguaglianze socioeconomiche
Lo studio riunisce alcuni dei massimi esperti mondiali in diverse discipline interessate dall’impatto dell’intelligenza artificiale generativa.
Valerio Capraro, docente di psicologia generale dell’università Milano Bicocca collabora con gli economisti Daron Acemoglu e Simon Johnson, Premi Nobel per l’Economia, evidenziando le ricadute che la tecnologia emergente ChatGPT potrebbe avere sulle disuguaglianze globali e offrendo consigli per un corretto approccio ai suoi benefici.
Il rischio di un ampliamento delle disparità di genere nel mondo del lavoro è determinato dall’uso dei chatbot che vengono utilizzati prevalentemente dagli uomini piuttosto che dalle donne e dato che l’uso dei chatbot può aumentare la produttività, ciò potrebbe aumentare le differenze. (chatbot è un software che simula ed elabora le conversazioni umane scritte o parlate, consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale).
I chatbot possono generare informazioni a grande velocità, il che potrebbe creare problemi di manipolazione, minando la libertà di scelta individuale. Ogni grande rivoluzione tecnologica comporta inevitabilmente profonde trasformazioni sociali. L’IA generativa può apportare benefici enormi a tutta l’umanità, ma è necessario lavorare insieme affinché questi benefici siano distribuiti equamente.
Nel settore sanitario, l’IA generativa rivoluziona la diagnosi medica, ma se i benefici sono accessibili solo a Paesi più ricchi, si ampliano le disuguaglianze sanitarie. Nel campo dell’educazione, l’IA generativa potrebbe realizzare un’educazione personalizzata, ma potrebbe causare un divario generazionale tra docenti, poiché i più giovani potrebbero essere in grado di adattarsi più velocemente al cambiamento.
L’adozione dell’IA generativa in vari contesti lavorativi tende a favorire i lavoratori con minori competenze il cosiddetto “inverse skill bias”. Se si riesce a integrare l’IA generativa nel lavoro, i benefici potrebbero essere significativi per chi ha meno competenze, portando ad un’ulteriore diminuzione delle disuguaglianze.
Sono fondamentali i programmi di formazione che consentano alle persone di integrare l’IA generativa nel proprio lavoro, puntando al potenziamento piuttosto che alla sostituzione. Questi programmi dovrebbero essere particolarmente rivolti a gruppi che hanno accesso più limitato ai progressi tecnologici, come le donne e gli anziani.