Dintorni della Biennale d’arte di Venezia: cose di un altro mondo?
Annunciatasi come evento propulsore per nuovi assestamenti urbanistici e come occasione per la definitiva configurazione di progetti culturali non più soltanto transitori, la Biennale d’arte di Venezia è partita con un’imponenza inimmaginabile.
All’importanza e qualità delle mostre allestite per tradizione ultracentenaria negli spazi dei Giardini e dell’Arsenale, ha fatto da sfondo una tale {{pluralità di grandi avvenimenti culturali}}, diffusi sull’intero territorio cittadino, da trasformare Venezia, nei giorni della vernice, in un altro, pressocchè chimerico, pianeta.
{{All’Isola di San Giorgio Maggiore}} il regista inglese Peter Greenaway ha realizzato un’istallazione video della durata di 50 minuti, che, attraverso {{un sofisticato gioco di immagini, musiche, voci e suoni}}, consente di visitare in tutta la loro vitale opulenza {{le Nozze di Cana di Paolo Veronese}}, quasi entrando nella scenografia del dipinto. Scegliendo di trasformare il Cenacolo Palladiano della Fondazione Cini, che si trova sull’isola, in una sorta di sala cinematografica tridimensionale, Greenaway ha operato una virtuale restituzione del dipinto al suo ambiente d’origine:il Cenacolo era appunto la collocazione originaria delle Nozze di Cana ( anche architettonicamente a quel fine concepite) che oggi si trovano al Louvre, di fronte alla Gioconda. L’aver dato voce ( amabilmente veneziana) ai circa {{quaranta dialoghi che il quadro lascia intuire}} (attraverso un tessuto di sguardi e atteggiamenti che investono quasi centoventi personaggi, più cani gatti e uccelli) e l’aver individuato l’identità di nobili e intellettuali lì raffigurati, ha permesso al regista di riportare in vita quella che si scopre essere stata una festa di nozze tenutasi nel 1562 a Venezia e non un banchetto ebraico del 31-33 dopo Cristo.
Dalla parte opposta, {{a Santa Maria Formosa, in località Castello}}, la Fondazione Querini Stampalia ospita il {{“Paesaggio interiore”di Mona Hatoum}}. L’artista, nata a Beirut da genitori palestinesi, vive tra Londra e Berlino e da sempre lega il suo stile, sensitivo e visionario, a {{istallazioni che tradiscono femminilmente disagio, dolore ed erranza}}: un cubo di filo spinato ci parla di segregazione come il bianco letto d’ospedale che troviamo poco dopo, e poi.. gigantesco, opprimente, un implacabile rosario islamico. E se sono di vetro le accattivanti palline che conservano al loro interno, magicamente, alcuni capelli e forse un’ombra di vita, subito il vetro cambia di segno e si fa conduttore di soprassalti inquietanti in quelle che sembrano sculture trasparenti e sono invece inusitate bombe a mano di vetro soffiato. In curiosa risonanza questi artisti fra loro..
Elmetti e letti d’ospedale popolano anche {{la mostra di Yoko Ono}} “Anton’s memory”, allestita nelle sale del Palazzetto Tito della Fondazione Bevilacqua La Masa, {{a Campo San Barnaba}}. Un’esposizione che fin dall’ingresso punta dritta al cuore, con quell’atrio in forma di serra, che risuona del canto primaverile di centinaia di uccelli. E difatti una quantità di nidi impropri si offre appesa al soffitto: è solo al secondo sguardo che si scopre trattarsi di elmetti capovolti, pieni di paglia e di minuti pezzetti di puzzle, incubatrici di innumerevoli canti di pace. {{Il rifiuto dell’istinto di morte, un inno alla vita, alla libertà, alla felicità.}} Tuttavia, ad un tale impatto ostinatamente vitale, succede un’ altra sala toccante. Al centro di questa il letto di ferro di una camerata di collegio e intorno i dagherrotipi incorniciati di giovanissime donne berlinesi: tutte sconvolte creature, internate bambine in un manicomio. In alto, in un video,{{ il sogno di Yoko}}: poter suggerire salvifiche immagini del cielo aperto di Venezia su quel reclusorio. Mito positivo e incommensurabilmente illuminato, la grande artista giapponese quest’anno ha finalmente ricevuto a Venezia il Leone d’oro alla carriera.
Nata a Tokyo nel 1933 e arrivata a NewYork nel 1952 per laurearsi in filosofia e arte, si è da tempo naturalizzata statunitense. Famosa esponente di Fluxus fin dal 1962 e allieva del grande musicista Cage a soli 25 anni, con i ben più maturi Maciunas, Rauschemberg e Beyus, {{è nota in Occidente soprattutto come la vedova di Lenno}}n,..ma guardandola muoversi e sentendola parlare si percepisce immediatamente la presenza di un dono che certo sa di avere e di dover difendere: una grazia non comune, un’acuta sensibilità, una vivacità intellettuale e una energica compostezza che la cultura occidentale non è allenata a leggere con la dovuta velocità. Per questo in sua presenza (performance a sorpresa del 6 giugno al Piccolo Teatro dell’Arsenale) si avverte con estremo imbarazzo, la miopia occidentale che intravede solo ora, nella bimba che in un video gioca a golf, nella bellissima creatura orientale che appare in una pellicola del 1965 a documento di una nota performance (e che la stampa imbruttisce caparbiamente ) {{l’immensa fortuna di John in quell’incontro..certamente un approdo….}}
{{A Palazzo Guggenheim}} la mostra prestigiosa{{“Gluts”(Eccedenza)}} commemora il grande artista texano Robert Rauschenberg, scomparso da un anno e premiato nella Biennale del 1965..Ispirati (ed è singolare la sintonia storica con il nostro presente ) alla crisi che colpisce il Texas negli anni Ottanta per eccesso di produzione petrolifera, questi Gluts nascono dall’assemblaggio ironico e pensoso di scarti di materiali inservibili, abbandonati in discariche da una società che non si cura dei suoi eccessi. “Souvenir privi di nostalgia”, come li definì l’autore, questi assemblaggi per lo più d’alluminio, rappresentano l’ultima vera serie scultorea di Rauschemberg: quasi cimeli e non opere commerciabili, non sono mai stati immessi sul mercato.
Sebbene{{ la raccolta di ferraglia}} operata da Rauschemberg risalga agli anni70, l’assemblaggio è tardivo, ma tradisce la grande empatia dell’autore con gli oggetti in disuso :”Gli oggetti abbandonati mi fanno simpatia e cerco di salvarne il più possibile”. Da qui questi cimeli poetici e spiritosi, nei quali forma e colore dichiarano vistosamente la paternità di Rauschemberg, sebbene si abbia a che fare con cruscotti, ventilatori, marmitte, cestelli di lavatrici, tubi, reti, serrande..Come i deliziosi Neapolitans 1987 Albino spring gluts e Blind rosso porpora gluts , unici resti della fantastica scenografia, realizzata quell’anno da Rauschemberg per Lateral Pass di Trisha Brown al San Carlo di Napoli, peraltro senza particolare successo, ma con stupito rispetto..
Nella prestigiosa e raffinatissima cornice del {{Teatro della Fenice}} invece {{Rebecca Horn presenta il suo filmato surreale“Fata Morgana”}}che ruota intorno a paradossali rapporti familiari e ad una preoccupante sedia a rotelle che si ostina a voler immobilizzare la protagonista giovane e bella. Interpreti grandi star di fama internazionale: da Valentina Cortese a Donald Shuterland, a Geraldine Chaplin…
{{Sul tema “Simone Weil” e sulla sua opera teatrale “Venezia salva”, ai Magazzini del sale}} si sono date invece appuntamento ben {{tre generazioni di artiste}}, chiamate a ispirarsi agli scritti di Weil sull’arte: tra queste Carla Accardi, Lara Favaretto, Giosetta Fioroni, Paola Gandolfi, Carol Rama…Tacendo, per ragioni di spazio e tempo, sul Museo Vedova curato da Renzo Piano, sulle mostre in corso a Palazzo Fortuny (In-finitum) e Palazzo Grassi e Punta della Dogana.
Queste ultime postazioni di proprietà Pinault e con esposizioni a cura di Francesco Bonami e Monique Veaute, che hanno messo in evidenza opere capaci di costituire un annuncio del presente e una rilettura del passato: in assoluta coerenza con la scelta del giovane direttore della Biennale Daniel Birnbaum, orientata con decisione verso il confronto, liquido e fluttuante, tra mondi diversi, diverse generazioni, diverse forme di esplorazione dello spazio.
Da ultimo viene da considerare che, disponendo di due soli giorni di vernice per la stampa, a fronte di una manifestazione così imponente e francamente esaltante, non si può che arrivare a riferire soltanto in merito ad alcuni (dei circa venti) appuntamenti culturali di grande importanza previsti, (su settantasette eventi collaterali tutti di altissimo livello professionale messi in campo…)
Il che fa concepire {{l’emozione della stampa locale}}, che in questi giorni a Venezia ha la percezione di stare {{viaggiando su di una poderosa Ferrari.}}{{..}}E con le difficoltà dovute al clima inclemente (acqua alta compresa) e alla cooptazione di personale per lo svolgimento delle elezioni.
Limiti? {{Qualche incontrollato rigurgito leghista da entusiasmo elettorale}} ( un signore educato che si rifiutava educatamente di dare indicazioni al gruppetto del Sud) e i cataloghi della mostra, inaspettatamente imprecisi, affrettati, omissivi.
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