“Donne che disarmano, come e perché la nonviolenza riguarda il femminismo”, intervista all’autrice Monica Lanfranco
Intervista a Monica Lanfranco (giornalista, direttora responsabile della rivista MAREA – donne/rotte/approdi/ormeggi), femminista impegnata in percorsi di pace, autrice di Donne che disarmano, come e perché la nonviolenza riguarda il femminismo. – Milano: VandA edizioni 2024.
Monica Lanfranco firma pagine di grande attualità su come “la costruzione di una società dove non ci siano guerre e violenze riguardi e sia intimamente collegata alla storia del femminismo.” L’opera, premiata con il 2° Premio ex aequo della sezione Saggistica del XXV Premio “il Paese delle Donne” (2024), recensita da Maria Teresa Santilli nel nostro Speciale (scaricabile qui), offre un’ampia panoramica dei protagonismi e dei percorsi “internazionali” di storia e di attivismo collegati a teorie e pratiche innovative, mediatrici, femministe “Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone” disse la poeta attivista femminista nordamericana, Audre Lorde (1980) e questa solo la prima delle tante citazioni, in un “mosaico di testimonianze di donne che con coraggio e tenacia hanno dimostrato che esistono pratiche non violente per opporsi alla violenza”, tra le quali Vandana Shiva, Starhawk, Shirin Ebadi, Greta Thunberg, Rigoberta Manciù, Masih Alinejad.
Un ricordo di particolare affetto dovuto alla lunga cooperazione, l’Autrice lo riserva a Lidia Menapace “..partigiana, femminista, attivista pacifista”, partecipe del gruppo “9 Marzo” da cui originò la frase di non minore impatto e significato, passata alle Donne in Nero, “Fuori la guerra dalla storia!”. Lanfranco ne sottolinea l’ironia con cui commentava “…il frequente uso di un linguaggio di guerra che trasforma tutto in militare: l’amore diventa conquista, la scuola caserma, l’ospedale guardia e reparti, la politica militanza.” È ripercorsa l’esperienza delle citate Donne in Nero, nate in Israele nel 1988 da un gruppo di israeliane e palestinesi che denunciavano l’occupazione militare israeliana nei Territori palestinesi attraverso l’uso, forte e simbolico, impattante, del silenzio, del vestirsi di nero come assunzione di responsabilità verso il mondo. Tra le varie forme nonviolente, intrinseche al femminismo, alle forme di resilienza e di speranza, al non voltarsi dall’altra parte, l’Autrice narra di “Combatants for Peace che opera per il dialogo tra i due popoli, guidata da una donna palestinese e da una israeliana”; delle donne di “No Dal Molin” che manifestarono contro l’ampliamento della base militare USA a Vicenza, costruendo “legami di amicizia e di relazioni tra loro”; dei movimenti “Not in my name” nati dopo gli attentati alle Torri Gemelle e di “Femen” le cui pratiche nonviolente “…ci ricordano come la riappropriazione del corpo sia anche un atto di liberazione contro tutte le religioni che sono state uno strumento di controllo e di potere sul corpo delle donne” (M. T. S.).
Il libro, proposto anche nella versione e-book per facilitare il dialogo con le nuove generazioni, termina con la canzone Break the Chain perché “…anche la gioia di danzare può diventare una pratica politica antagonista al simbolico virile della lotta.”
Info: Monica Lanfranco, Donne che disarmano. Come e perché la nonviolenza riguarda il femminismo. – Milano: VandA edizioni 2024; ISBN ebook: 9788868995300).
Vedi: https://youtu.be/9MnJkqFn7nk (intervista a Monica Lanfranco sul numero di Marea dedicato a Lidia Menapace)