Due racconti da e per Venezia di Antonella Barina
Da Antonella Barina riceviamo e grate pubblichiamo due racconti dal libro Di notte a Venezia. 24 racconti tra mito e leggenda di Antonella Barina e Daniela Zamburlin, edito nel novembre 2023 dal Centro Internazionale della Grafica di Venezia.
Qui sotto il trailer del libro:
Due racconti da e per Venezia di Antonella Barina
“Mito” in greco significa semplicemente “racconto”, attinto dalle fonti più antiche. Il modo in cui spesso tratto questa materia è la mitopoiesi, ossia il reinventare il mito attraverso elementi – frammenti che faccio rinascere – presenti nel mito stesso. Ad esempio, negli anni ’80 ho riproposto in teatro il mito della Fenice, negli anni ’90 ho lavorato su mitologemi di Artemide, e poi Kali, le Anguane, e così via.
Nei racconti dedicati a Venezia privilegio le figure mitologiche presenti nella storia e nell’attualità dell’immaginario cittadino, come Eolo, dio del vento, raffigurato nella veduta aerea di Venezia del De Barbari (1550), e la Luna, ossia Ecate, che domina le maree.
In “Ecate e l’isola scomparsa”, basata su un conflitto tra Eolo e la Dea, le figure sono attualizzate in modo che il racconto possa spiegare facilmente anche a bambine e bambini il fenomeno delle maree e dell’acqua alta.
“La Notte e la gondola”, dove la Notte è Nyx, vera e propria divinità ancestrale, è invece un divertissement per raccontare la nascita della più caratteristica imbarcazione veneziana.
I due racconti compaiono per la prima volta in “Di notte a Venezia. 24 racconti tra mito e leggenda”, pubblicato quest’anno con Daniela Zamburlin dal Centro Internazionale della Grafica di Venezia. Dodici racconti a testa, i miei di natura mitologica, quelli di Daniela tratti da leggende. (A.B.)
ECATE
E L’ISOLA SCOMPARSA
C’era una volta sul litorale della laguna di Venezia, dove la foce del gran fiume Medoacus sboccava in mare, un’isola che oggi non c’è più. Sopra quell’isola sorgeva la città di Metamauco.
Lì approdavano navi da tutto l’Adriatico, dal Timavo e da Aquileia, da Butrio e da Ravenna e da tutta la Grecia, e da lì, risalendo il Medoacus, che poi, dirottato dalla Serenissima, fu detto la Brenta, si raggiungeva quella che sarebbe diventata Patavium, la città di Padova.
A quei tempi Metamuco era ricca e fiorente e la sua gente confidava nella protezione di Ecate, la luna.
Aveva questa dea tre teste e dicono venisse dall’Egitto dove la chiamavano con il nome di Heket. Queste tre teste stavano a dire la luna crescente, la luna piena e la luna calante ed era tenuta in gran conto, perché la luna comanda le acque ed era lei che faceva entrare ed uscire l’acqua del mare dalla laguna. Quando la luna era piena, le acque arrivavano al sommo di marea, per poi defluire.
Ma un giorno Ecate venne a sapere che Eolo, il dispettoso dio del vento, le stava tramando contro. E furono guai per tutti.
Lei, che governava anche le acque del parto e perciò era la divinità favorita delle donne, tutto sapeva.
Aveva una trottola dorata con sopra uno zaffiro color del mare che faceva girare girare girare e quando voleva sapere qualcosa la interrogava, tanto che fu Ecate ad indicare alla Madre Terra Demetra chi aveva rapito sua figlia Persefone e ad accompagnarla dal Sole per avere giustizia.
Così Ecate seppe anche che Eolo, invidioso perché riusciva a muovere solo le acque di superfice, intendeva contrastarla per essere l’unico ad avere il potere sulle acque. Allora Ecate si fece più grande del solito e quella notte in cielo brillava una luna così piena che non si era mai vista prima.
Roso dall’invidia, Eolo mandò uno dei suoi otto figli, il vento di sudest che si chiama Scirocco, e questi soffiò e soffiò sul mare verso nord, in modo che la marea non scendeva più e l’acqua non poteva defluire.
Metamauco fu allagata. Le onde battevano poderose sulle rive.
Chi aveva una barca vi pose sopra tutti i suoi beni in attesa che Ecate ed Eolo smettessero di litigare e che Scirocco smettesse di soffiare.
Pregavano che l’acqua scendesse liberando l’isola dalla sua morsa, ma la luna splendeva brillante nel cielo notturno e il vento continuava a soffiare creando enormi onde. La marea successiva si sommò alla precedente.
Altro che isole potevano sparire!
Crescendo ancora, l’acqua alta inondò ogni stanza delle case di Metamauco fino al soffitto, portandosi via tutto quello che c’era dentro, poi portò via le case e tanta fu l’acqua che quella notte si abbatté sull’isola che si portò via l’intera Metamauco. Infine la stessa isola fu inghiottita dal mare e la mattina dopo era sparita e non comparve più.
Quest’isola la dicono l’Atlantide di Venezia. Pescatori e pescatrici affermano che nei giorni in cui l’acqua del mare è calma e cristallina al largo del borgo di Malamocco ancora si vedono le rovine di questa città, ma quando si tuffano per arrivarci trovano soltanto le tegnue, grandi banchi di scogli ricoperti da coralli ed alghe calcaree abitati da pesci fantastici, e non trovano nessuna città e allora si accusano l’un l’altro di aver bevuto troppo e di essersi ingannati.
Di Ecate si sa anche che poteva assumere volto di fanciulla, di donna e di vecchia, e che all’occorrenza apparisse con faccia di cane, serpente e cavallo. Oppure leone.
LA NOTTE
E LA GONDOLA
Città più bella del mondo è Venezia, ancora più bella alla luce della luna, quando l’acqua sciaborda sulle rive e gli assioli cantano le lodi della Notte.
Le lodi di Nyx, o Noctis, una delle divinità più antiche, della quale, secondo Omero, anche Zeus re dell’Olimpo aveva paura.
Anche a Venezia un tempo c’era di che aver paura a girare di notte. Con il favore dell’oscurità, i malviventi assalivano i passanti e li privavano di tutto quello che avevano. A volte anche della vita.
Non a caso Esiodo dice che la Notte è figlia del Caos primordiale e che da lei sono nate le Moire: Cloto che tesse il filo della vita, Lachesi che lo avvolge al fuso e Atropo che con le sue forbici taglia quel filo.
Rapine e assassinii erano dunque quanto mai frequenti, finché la Serenissima non istituì i codega che, muniti di lanterne, quando veniva il buio accompagnavano la gente dove doveva andare.
In questo modo molto si ridussero gli assalti ed ogni mala azione l’oscurità facilita. La notte restò il tempo privilegiato degli amanti.
Secondo gli scrittori antichi, la Notte aveva generato con il fratello Erebo, dio delle creature infernali, una nuova divinità: Eros, dio degli amanti, che dà piacere e tormento. E gli amanti a Venezia molto soffrivano e si lamentavano, perché non sapevano dove andare per avere un po’ di intimità, dovendosi accontentare di qualche cantone.
A quei lamenti la Notte non fu insensibile e pregò la Luna benigna di aiutare i protetti di Eros. Quando fu in fase calante, la Luna scese fino al mare e, toccata l’acqua, si fece tutta nera.
Restavano fuori soltanto le due punte argentate. Così nacque la gondola sulla quale chi s’innamora si bacia promettendosi amore eterno.