EMERGENZA CULTURA – I luoghi politici delle donne non sono presidi economici ma custodia di valori, di saperi e diritti negati
Un pezzo importante della storia del femminismo italiano, il luogo dove parte di questa storia è stata scritta, rischia di scomparire nel modo più squallido- Il “Governo Vecchio” per molte di noi figlie del femminismo romano non indica solo una via, un edificio, un luogo d’incontro, ma un pezzo di storia, di esperienza, di percorso di tante donne da allora sempre unite e accompagnate nel tempo da nuove compagne per portare avanti un’idea e una politica. Un gruppo di donne che vagando da una parte all’altra della città, ha poi trovato un punto fermo – così si credeva e così ancora si spera – presso la Casa Internazionale delle Donne, in via della Lungara.
Ma parlare del “Governo Vecchio” oggi ha una ragione particolare per un episodio che merita di essere raccontato perché dimostra come tutto vada perdendo valore, anzi tutto stia acquistando solo e sempre più solo un valore economico e questo fenomeno diffuso fa male, scoraggia e fa arrabbiare.
La sede del Governo Vecchio si trovava dentro il Palazzo Nardini, una struttura storica anche se abbandonata, come tanti gioielli di questa città e l’averla tolta alle donne che ne utilizzavano alcune stanze per incontri e dibattiti non ha fatto cambiare gran che la situazione di degrado del palazzo. Nel 2006, acquisito per 40 milioni di euro dalla Regione Lazio, grazie all’intervento dell’assessore alla Cultura Marrazzo e di Giulia Rodano il Ministero responsabile si convinse che un edificio di 6500 mq., vari piani, una torre, affreschi all’interno, due cortili, meritava attenzione e un riutilizzo culturale e pubblico così si riuscì ad ottenere quanto meno un intervento prioritario ossia il rifacimento del tetto. Poi silenzio. Nulla la Giunta Polverini, nulla la Giunta Zingaretti. Ma poi il colpo di scena: misteriosamente si decise che il Palazzo non era più un bene inalienabile e così fu venduto, per la misera somma di 18 milioni di euro, ad una Società a partecipazione statale – tale Invimit – che a sua volta si apprestava a rivenderlo a qualche ricco straniero per farne un lussuoso Resort in pieno centro storico. Fortunatamente Associazioni e Comitati hanno ingaggiato una protesta evidentemente efficace per cui il vincolo è stato recuperato, grazie all’intervento del sovraintendente Prosperetto ed ora si stanno studiando le molteplici utilizzazioni del palazzo.
Tutto ciò è stato oggetto di dibattito alcuni giorni fa presso l’Istituto Italiano per il Medio Evo e molti autorevoli rappresentanti della cultura hanno avanzato proposte le più diverse che potrebbero – potranno? – essere realizzate presso Palazzo NARDINI che racchiude tra le sue mura tante storie e tra di esse quella delle Femministe romane e non solo.
Chissà se in futuro, dato che si prospetta l’insediamento di biblioteche, archivi, legami con la Casa comunale delle letterature, non vi si possa recuperare un angolino che segni il passaggio e la presenza “storica” delle donne