Essere donna e autorità istituzionale, è questo il problema?
La denuncia delle minacce fatta dalla presidente della Camera Laura Boldrini viene considerata come attacco alla libertà del web. Non è solo uno svilire la denuncia ma rischiare di mettere in discussione anche l’uso della rete. Un mezzo che funziona a seconda di come lo si usa. In Italia l’attenzione a questo mezzo di comunicazione e alla sua libertà c’è e nessuno la mette in discussione.Laura Boldrini, la Presidente della Camera dei Deputati, è soprattutto donna autorevole, non eterodiretta, consapevole dei propri doveri e responsabilità nei confronti delle deputate e dei deputati tutti, e attenta nei confronti del paese fatto di uomini e di donne. Autodeterminata nella sua responsabilità e ruolo. Attacchi degradanti e stereotipi lesivi della dignità delle donne arrivano all’ improvviso e vengono usati come pietre a lapidare lei e un’altra donna del governo.
Nessuno attaccherebbe in questo modo altre autorità istituzionali maschili.
Sono le pietre di coloro che non vogliono nemmeno immaginare donne delle istituzioni che non dimenticano la lealtà verso se stesse e il loro sesso e quindi non condizionabili e non sottomesse al potere maschile. Come non ricordare, del passato recente, gli insulti grevi verso la Senatrice Levi- Montalcini, donna di libero pensiero e responsabile azione, insulti che nessuno si permette né si sarebbe neppure sognato di rivolgere a Senatori maschi quasi suoi coetanei e ancora presenti in Parlamento.
Questo accade, forse, per ricordare sia alle figure istituzionali che a tutte le altre donne, come gli stereotipi loro assegnati siano ancora quelli nell’ ambito del potere in cui si muovono culturalmente, nonostante le tante iniziative praticate in questi anni dalla nostra Associazione e da altre a contrasto degli stereotipi sessisti, che purtroppo sono ancora due: angeli del focolare (vedi “casalinga” usato con senso indegnamente derisorio per la ministra Kyenge) oppure oggetto del desiderio maschile (il corpo femminile della Presidente – tra l’altro non il suo – usato ancora come “oggetto” nudo e degradato fino all’ istigazione alla violenza).
Si evidenzia come nella cultura italiana sia ancora fortemente radicata l’idea dell’ impunibilità dell’accanimento maschile contro la libertà delle donne come dolorosamente testimoniano le troppe violenze domestiche, gli stupri e i femminicidi, compresi quelli di questi ultimi giorni.
Immagini e parole come pietre che stanno a sottolineare la minaccia non solo virtuale, per ciascuna donna, ovunque.
Modelli e stereotipi da contrastare, eliminare e dis-imparare con scelte politiche e culturali che non speriamo certo spontanee. Quelli che stanno in qualche modo all’origine degli attacchi vili e volgari alla Presidente della Camera e, anche se in tono altro, all’ onorevole Ministra per l’ integrazione Cécile Kyenge, competente nel merito del dicastero a lei affidato e, nella vita civile, professionista qualificata nel campo della medicina.
Attacchi politici a donne consapevoli, quindi volti a delegittimarne l’operato a priori (o magari costringerle a lasciare?). Gravissimi attacchi, specie le minacce di morte per la Presidente della Camera, le oscene minacce di stupro, degradanti miscele di sessismo e razzismo. Insopportabili minacce di ogni sorta di violenze per lei e la sua famiglia. La sua storia e lei stessa dicono che è donna che ha vinto la paura da molto tempo.
La sua denuncia però viene subito rilanciata da molti, anche da alcuni media, in altra luce. Viene considerata come attacco alla libertà del web. Non è solo uno svilire la denuncia ma rischiare di mettere in discussione anche l’uso della rete. Un mezzo che funziona a seconda di come lo si usa. In Italia l’attenzione a questo mezzo di comunicazione e alla sua libertà c’è e nessuno la mette in discussione.
Si può intervenire e si agisce legalmente e giustamente a contrasto di siti che esaltino fascismo e neonazismo, odio razziale e pedopornografia, mentre pare che non si possano/vogliano toccare quelli di chi istiga alla violenza sessista (nonostante le norme esistenti), di chi attacca l’autodeterminazione delle donne o diffonde, ad esempio, messaggi devianti sul femminicidio come volontà divina o su patologie inventate (vedi PAS) minacciando pesantemente chiunque dissenta.
Perché quindi voler vedere nelle parole di Laura Boldrini una qualsiasi forma di censura, quando prospetta solo una situazione reale e propone di discuterne ? La Presidente ci ricorda, e lo ha fatto anche di recente incontrando, presso la Casa Internazionale delle Donne, l’ UDI e tutte le altre Associazioni che hanno dato vita alla Convenzione NO MORE!, che si impegnerà a contrastare violenza e femminicidio, emergenza strutturale nel nostro paese, (cinque donne uccise in questi ultimi due giorni) e noi siamo certe che manterrà quel suo impegno. Le abbiamo ricordato – non è irrilevante – che, nell’ emiciclo di Palazzo Montecitorio, i nostri rappresentanti politici siedono sotto la pregevole opera di G. A. Sartorio che celebra “il ratto delle Sabine”, noi diciamo “stupro delle Sabine”, mito associato alla fondazione di Roma, e questa immagine rappresenta pur sempre celebrazione di un passato che vorremmo superato e che ancora non lo è.
La minaccia di stupro diretta alla Presidente della Camera nel web è contigua e assimilabile a quella violenza maschile che si esplicita negli stupri, nello stalking e fino al femminicidio. Perché mai non affrontare il problema?
Quanto da lei subito e denunciato con coraggio si configura come una dichiarazione di guerra diretta a una delle massime cariche dello stato, in quanto donna.
Crediamo che questo ci riguardi, tutte e tutti.
UDI – Unione Donne in Italia
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