Fiat volunta Fiat?
Non vorrei essere nei panni di un’operaia della Fiat Mirafiori. Dover scegliere se perdere il posto di lavoro o accettare “senza se e senza ma” le condizioni poste dall’impresa è un ricatto a cui nessuna lavoratrice e nessun lavoratore dovrebbe essere costretto in una società “moderna”. Eppure è proprio questo che avverrà nei prossimi giorni a Torino negli stabilimenti Fiat Mirafiori, uno dei simboli della città, quando le operaie e gli operai dovranno votare si o no all’accordo proposto da Marchionne , AD di Fiat, sottoscritto dalla maggioranza delle sigle sindacali e rigettato dalla FIOM.
La vicenda è nota ma la riassumo brevemente: la Fiat sostiene che per poter mantenere la produzione di autovetture nelle fabbriche torinesi deve poter essere competitiva sul mercato globale (comprensibile dal punto di vista aziendale) e che per farlo ha bisogno di cambiare le regole del gioco nel rapporto con le lavoratrici e i lavoratori (puramente ideologico e fortemente asimmetrico).
_ Sul cambiamento di regole vi è poco da discutere, o così o pomì, prendere o lasciare perché il tempo è denaro e Marchionne non ha tempo da perdere…
Pertanto si presenta un accordo, lo si fa sottoscrivere solo a chi lo accetta in toto e lo si mette in votazione premettendo, tanto per non condizionare il voto , che se dovesse vincere il no… si chiude “baracca e burattini” e arrivederci e in gamba.
L’aspetto ideologico dell’accordo è già evidente nel metodo, lo è ancora di più nei contenuti.
_ Sull’orario per esempio viene proposto “un ampio ventaglio di «schemi» : 15 turni (8 ore su tre turni, mattino, pomeriggio e notte, per cinque giorni la settimana); oppure 18 turni (8 ore su tre turni per sei giorni la settimana, quindi compreso il sabato); oppure, 12 turni (ognuno di 10 ore giornaliere, due turni al giorno per sei giorni la settimana)”.
_ Nei casi in cui l’orario settimanale superi le 40 ore, è previsto un recupero giornaliero ma solo se la produzione lo consente, in ogni caso l’accordo prevede anche 120 ore di straordinario obbligatorio (aumentabili fino a 200), a disposizione dell’azienda che le potrà utilizzare in caso di necessità aziendali anche i periodi di riposo infrasettimanale.
_ Le pause saranno ridotte da 40 a 30 minuti, tre per turno, in ognuna delle quali il lavoratore dovrà scegliere se andare in bagno, tirare il fiato o ingollarsi uno spuntino per sopportare l’assenza di un pasto vero e proprio previsto solo alla fine del turno di otto ore. La riduzione delle pause sarà compensata da un aumento lordo di 32 euro al mese, quindi nemmeno un euro al giorno.
Cosa ci sia di “moderno” in un tale accordo (come la Fiat e taluni “soloni” della modernità ci vogliono far credere) non è dato sapere.
_ Al contrario i contenuti sanno molto di un “passato remoto” quando le lavoratrici ed i lavoratori non venivano riconosciuti come persone portatrici e portatori di diritti ma venivano considerate/i semplici “strumenti” di produzione. Un ritorno non al secolo scorso ma a quello ancora precedente!
Proprio per questo come taluni propongono l’accordo non sembra avere natura “privata” che riguarda solo la Fiat ma pare di più un processo “costituente”, cioè getta le basi per un modello di società e di rapporti interpersonali fondati sull’asimmetria di potere, sullo svuotamento del principio d’eguaglianza e sulla negazione di qualsiasi differenza che non sia funzionale alla “legge del più forte” , sulla cancellazione dei diritti e sulla delegittimazione del conflitto inteso come altro punto di vista.
Non vorrei essere nei panni di un’operaia della Fiat Mirafiori. Proprio per questo ringrazio le lavoratrici e i lavoratori della Fiat che diranno “no” ad un accordo simile.
_ Il loro voto pieno di coraggio e di dignità consente anche me di non dover, come un tempo, “togliere il cappello quando passa il padrone”
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